Avevo un mentore. Io e Mirko avevamo un mentore. Si chiamava Haaron, era canadese. Parlava bene l'italiano, meglio di noi. Lui usava i verbi giusti.
Questa storia mi torna in mente adesso perché mio padre ha urlato così forte che ha spezzato l'equilibrio sonoro che ho faticato anni a tarare sui decibel del ruggito di un motore bicilindrico. Io sono come uno strumento accordato sul SOL maggiore, la nota del cilindro quando lo lasci andare e non lo fermi. Ora che mi ha "starato" mi toccherà restare chiuso dentro al garage a dare gas per ore se voglio ritrovare l'onda sonora che mi teneva a galla le percezioni. Ma detto questo, il fatto è che lui, mio padre, per venti minuti ha urlato contro di me.
Sono entrato in casa e l'ho trovato in cucina con i fogli del contratto in mano che tremavano talmente che li sentivo muoversi. Appena mi ha visto ha gridato: «Valerio! Che cazzo hai combinato?».
Mi ha gelato i nervi all'istante, mi sono praticamente bloccato sulla porta.
Ha iniziato a sventolarmi i fogli davanti alla faccia e non ha smesso di inveire per minuti interi, che mi sono sembrati ore.
«Ti chiedo di incontrare il figlio del capo e una settimana dopo ottengo due scatti di livello che nemmeno ai dirigenti danno insieme e subito! Cosa hai fatto, che gli hai detto, lo hai minacciato?».
Ho provato a difendermi. Ma l'ho fatto mentendo. E non ha abboccato.
«Ah, e così tu non ne sai niente, eh!», mi ha spinto contro lo stipite, gli occhi rossi e la fronte raggrinzita dall'esasperazione. «Vorresti farmi credere che è un caso! Una cazzo di casualità! Le coincidenze non esistono!»
Allora ho mentito di nuovo, non ho ascoltato le mie parole, mi sono uscite e basta, ero stordito e non me le ricordo neanche. Devo aver detto qualcosa di troppo perché lui ha indietreggiato e ha iniziato a guardarmi sconvolto, con la bocca spalancata e le mani in faccia.
La cosa è degenerata quando ho chiesto, «Ma non sei contento? Avrai il massimo della pensione».
Non avrei dovuto dirlo perché non potevo saperlo. L'offerta di pensionamento era nell'altro plico, quello sigillato sul tavolo, e nessuno di noi due lo aveva ancora letto.
È stato in quel momento che mio padre ha vuotato il sacco e mi ha detto in faccia per la prima volta cosa pensa di me, e adesso mi chiedo: vecchio stupido, ma perché non me ne hai mai parlato e invece ti sei tenuto tutto dentro per anni?
Ha urlato: «Io non sono come te, Valerio. Io sono un uomo onesto, per questo sono un poveraccio. Ma non ho niente di cui vergognarmi perché io, a differenza tua, non vado a rubare per tenermi in tasca gli spicci e comprarci le cazzate. Che tanto le cazzate non ti cambiano la vita, alla fine sei quello che hai: niente.»
Poi non mi ricordo, amico mio, giuro, ho un vuoto. Ho rimosso appena ha nominato Haaron e te, appena ha detto che mi avete rovinato voi non ci ho capito più niente, ho rischiato di mettergli le mani addosso e per salvarlo sono scappato. Urlava ancora quando ho sbattuto la porta.
Non lo so, pensavo di fargli un favore ma evidentemente stavo facendo un favore a me stesso, non a lui. Capisco solo adesso che l'ho fatto per trovare il coraggio di andarmene da questo posto di merda. Lui con i soldi e io con la mia libertà. L'alternativa è fare il camionista e mantenerlo come lui ha fatto con me. Ma non gli ho chiesto io di mettermi al mondo, non si può pretendere che un figlio ricambi il favore. È assurdo.
E poi non ho scelto io di fare il ladro. È stata una scelta obbligata, per salvare lei, la mia Loversi.
«E tu lo sai bene, questo. Non puoi avercela con me anche tu. Lo so che dopo potevo smettere ma poi c'ho preso gusto e ho sbagliato, m'è sembrata l'occasione per mettere da parte e fuggire, lo so che ho sbagliato, smettila di fissarmi!»
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∞ nessuno muore per sempre ∞
RomanceCOMPLETA: RECENSIONE a cura di G. C.: Gli anni sono i '90. Quelli della musica dance nei jukebox, del Festivalbar e dei primi cellulari. Ma non solo. Sono anche gli anni d'oro dei primi amori al mare. Questo è lo sfondo su cui si muove Valerio detto...