30 (part 1)

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Non so dove mi trovo, se sono all'inferno, se sono un cadavere che ha ancora i pensieri che circolano. Mi arriva nel naso solo un odore forte, forse un ricordo, l'odore del mare quando si fa grosso, che il cielo minaccia tempesta e senti la pioggia arrivare dall'alto e la salsedine diventa prepotente e ti invade l'anima. Riesco persino ad ascoltarne il suono e il rumore, il respiro avanti e indietro delle onde che si alzano. Il mare, il mio muro che non ho più saltato. Onde. Salate, che mi spostano. Disinfettano. Annegano. Onde che sbattono contro qualcosa, una parete forse, una roccia.

Sono vivo e ho in circolo sangue e sale. Galleggio e vado giù. Non ho la forza per alzarmi e combattere, sento che adesso è il momento di espiare la mia colpa. Un mare grosso e potente di onde che mi respingono e che si alzano mi sta ingoiando adesso, e glielo permetto perché non merito di più. Nemmeno tutto l'amore che provo per lei riesce a svegliarmi.

Perché non ti alzi? Che fai lì, galleggi come un pezzo d'albero spezzato!

Un ragazzino, non avrà nemmeno dieci anni, è corso fino a me lungo la darsena, saltando tra gli scogli, mi è arrivato davanti, non voglio che mi veda ridotto così.

«Vai via!», dico.

Ma lui non mi ascolta, si china per osservarmi da vicino e si porta l'indice alla bocca, mi fa cenno di tacere.

Ssssstttt, alzati dall'acqua prima che si mette a piovere, non farti portare via dall'alta marea.

«Vattene, lasciami stare!»

Dico di no, scalcio con quel poco di forza che mi resta per cacciarlo via e mi accorgo che mi sta trascinando per le gambe.

«Che fai, no! Sono troppo pesante per te, troppo pesante!»

Non so come, mi ritrovo fuori dall'acqua col vento che alza la sabbia e mi acceca, immobile ma con gli occhi rivolti al cielo che s'illumina di vene di lampi e nubi gonfie e grigie lo oscurano, ma da lontano riesco a sentire il suono delle sirene. Non riesco a muovere il collo in quella direzione ma mi sembra di vedere una colonna di auto che corre lungo la scogliera con i lampeggianti accesi.

Ho perso il senso del tempo. Forse perché il mio sta per finire.

Svengo.


Tre, due, uno, su!

Qualcuno sta contando. Ho fitte lancinanti, lancio un urlo di dolore.

Chiama e richiedi il codice rosso!

Mi hanno caricato su una barella, le porte sono spalancate, è un'ambulanza. Mi hanno intubato, non respiro, non respiro.

Parti, chiudi, vai!

Mi parlano. Non sento niente. Non li capisco, che dicono? Dov'è andato il ragazzino che mi ha trascinato fuori dall'acqua?

Si attiva la sirena, mi spacca i timpani, corre, corre troppo veloce.

Svengo di nuovo.


Freddo gelido.

Apro gli occhi e scatto. Non mi posso muovere, mi hanno attaccato i tubi addosso.

Una sagoma che non metto a fuoco si china su di me e dice: «Molto rumore e poco danno».

Conosco questa voce.

Lui riprende: «Ti hanno gonfiato di botte ma non ti hanno rotto niente e né ferito gravemente. Ci vuole gente esperta per fare male senza farlo. Sai dirmi cosa è successo?».

∞ nessuno muore per sempre ∞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora