Non è una questione di sogni, io lo so cosa sono i sogni. È una questione di vita buttata ad aspettare di invecchiare. Te ne stai lì a testa bassa a pensare a tutte le stronzate che non hai realizzato e intanto il giorno muore dietro a una sola, disadorna, pallida nuvola del cazzo. È bastata quella per spegnere il sole. Pensare che il sole lo credevamo tutti così potente, così bollente da essere capace da solo di spezzare in due il pianeta. E si è fatto fregare da una sola, disadorna, pallida nuvola del cazzo.
«Infarto del miocardio», dice il dottore.
Non lo so, non lo sto guardando in faccia, ho gli occhi fissati sulle porte antipanico con sopra l'insegna accesa: sala operatoria.
«Ci vorranno alcune ore. Lei è l'unico famigliare?»
«Sono il figlio.»
«Sì, ma c'è solo lei?»
Non lo so. Non le capisco certe stronzate. Cioè passi l'intera vita a farti un culo a secchio e metti da parte, conservi, ricicli, riscaldi per poi finire disteso in un letto pieno di tubi che tengono in vita quello che resta del tuo lardo di troppo. Perché l'unica cosa che ti è avanzata è il lardo.
«Ci sono solo io.»
«Sua madre? La moglie?»
Ora alzo lo sguardo e vedo che non è colpa sua se è petulante, passa la vita ad aggiustare motori pure lui, solo che se sbaglia lui la gente crepa.
«Ho detto che ci sono solo io, non ci sente?»
Forse è abituato pure agli isterici, ai cafoni che lo insultano, perché mi guarda pietoso.
«Ci vorranno alcune ore, come dicevo. È inutile restare qui, può tornare più tardi.»
Annuisco, ho solo voglia di fumare, quindi me ne vado in fondo al corridoio. Cammino piano, un piede davanti all'altro, dentro a questo posto senza fine che puzza di morte e la illumina di neon così la fa sembrare meno fredda.
C'è una portafinestra che affaccia su un balcone, e per terra è pieno di cicche.
È notte fonda. Il vento mi sviene addosso, il mare sussulta da lontano. Da qui non dovresti neanche vederlo, ma io lo annuso, lo avverto, perché il mare è il mio muro, quello che non riesco a varcare.
Non si vede un cazzo da quaggiù, solo sciami di punti illuminati che si muovono in perpetua lungo l'Aurelia. Tutti hanno una direzione. Quello che mi fa impazzire è che non sei tu a decidere dove finisce la strada. Quella finisce mentre ci cammini sopra, e lo capisci quando ci sbatti contro. Ti credevi il padrone della strada e ti ritrovi senza niente sotto ai piedi e precipiti che nemmeno te n'eri accorto. E non ti puoi comprare un pezzo di strada in più, quella è l'unica cosa che non ti puoi comprare.
Nessuno ha il potere di accendere un sole che è già naufragato dietro a una sola, disadorna pallida nuvola del cazzo. Facevi prima a comprarti la nuvola, ma chi avrebbe immaginato che sarebbe bastata quella per spegnere il sole.
Apro gli occhi, sono anchilosato, le braccia intrecciate al petto, le gambe stese a terra con la schiena contro una parete gelida. Possibile che al reparto di emergenza cardiaca sia già arrivato l'inverno? Di sicuro è arrivato il giorno perché i neon sono spenti e filtra una luce biancastra che è inespressiva ma non emette nessun suono, non ronza, non frigge, viene da fuori.
Che poi una volta mio padre me l'ha detta una cosa; non è mai stato uno che ti parla e ti da' le lezioni di vita, ma una cosa me l'ha detta, una di quelle che non ti dimentichi: Rio, quello che vali nella vita non lo scopri dalle cose che prendi ma dalle cose che dai. E siccome sono un ladro ho pensato che non valgo un cazzo.
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∞ nessuno muore per sempre ∞
RomanceCOMPLETA: RECENSIONE a cura di G. C.: Gli anni sono i '90. Quelli della musica dance nei jukebox, del Festivalbar e dei primi cellulari. Ma non solo. Sono anche gli anni d'oro dei primi amori al mare. Questo è lo sfondo su cui si muove Valerio detto...