PROLOGO

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24 Dicembre 1995

“Angelica, ti sono piaciute queste vacanze di Natale?” mi chiese la mamma.

“Si, mamma!” risposi stringendo Pù tra le mani.

Pù era il mio inseparabile orsacchiotto che portavo sempre con me. Era il mio migliore amico.

“E a Pù è piaciuta la vacanza?” mi chiese papà.

“A Pù piace tutto quello che piace a me!”

“Oh meno male!”

La mamma era felice, rideva. Ricordo che mamma e papà si volevano tanto bene. Io avevo poco più di due anni e stavamo ritornando a Roma. Mio papà mi aveva portato a Gardaland ma alla fine sapevo che non era solo per me, perché anche lui era un bambino in fondo.

Stavamo percorrendo l’autostrada e tra pochi minuti saremmo arrivati a casa. La nostra casa. Il giorno dopo sarebbe stato il Santo Natale.

“Angelica, che dici: Babbo Natale ti porterà quello che hai chiesto?” mi chiese la mamma.

“Buona io!” risposi sorridendo.

Ricordo che il seggiolino era diventato stretto, così mi slacciai la cintura.

“Beh domani mattina vedremo se ha lasciato qualcosa sotto l’albero! Poi andiamo a pranzo da nonno” disse papà.

“Dobbiamo ricordarci di passare a prendere i biscotti che ho ordinato, tesoro. Angelica mangia solo quelli!” dice la mamma.

“Non la staremo viziando troppo?” rispose papà facendomi il solletico sulla gamba.

“No, io sono brava” dissi alzandomi dal seggiolino, rimanendo in piedi in mezzo alle due poltrone.

“Angelica, mettiti seduta!” mi rimproverò mia madre alzando la voce.

“Non voglio!” risposi.

“Forza, Angelica! Guarda che Babbo Natale non ti lascia niente se fai i capricci!” disse papà con tono pacato.

Papà era sempre il buono della situazione. Non mi strillava mai, neanche quando lo meritavo.

“Ma io non voglio! È stretta!” mi lamentai.

La mamma si girò, prendendomi Pù dalle mani.

“E’ mio!” cominciai a piangere.

“Si, lo so che è tuo, ma mettiti seduta, per favore!” mi disse ed io per una volta, forse perché sotto Natale, feci come mi disse senza più piagnucolare.

“La cinta, piccola! Allacciatela!” mi consigliò papà.

Ricordo che dovevo stare buona, così feci come i miei genitori mi dissero, ma proprio quando avevo ripreso Pù e lo avevo stretto a me, sentii un suono assordante. Un clacson che suonava all’impazzata.

Era quello di mio papà che avvertiva il conducente del camion che aveva sbagliato corsia.

Purtroppo, era come se non ci fosse nessuno nel camion. Lo vedevamo avvicinarsi sempre di più a noi. Papà cercò di evitarlo, sterzando la macchina, ma non ci riuscì. Il camion del trasporto merci, ci venne addosso, provocando l’esplosione dell’airbag e del parabrezza.

Sentii le urla di mia madre mentre io non riuscivo a capire cosa fosse successo. Sapevo solo che mi usciva il sangue da varie parti del corpo e che mi faceva male tremendamente il braccio.

Iniziai a piangere. Sentivo dolore e mi faceva male la testa per quell’incidente.

Quando la macchina, finalmente si fermò, non sentivo più la mamma urlare. Io piangevo sempre più forte. Il braccio faceva malissimo ed era diventato tutto nero.

You are the best of meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora