10 IL TEDESCO E L'ITALIANO

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L'ufficiale guardava al binocolo l'orizzonte. «Tripoli, Tripoli... Chi l'avrebbe mai detto che avrei visitato questo luogo?».

«Piano, piano, collega. Tripoli è colonia italiana» gli ricordò un altro ufficiale, questo delle forze armate italiane.

Lo guardò stupito, l'ufficiale. Da un italiano non si sarebbe mai aspettato una reazione d'orgoglio. Lasciò perdere e si distrasse, indicando in un'altra direzione. «Guarda, una carovana».

«Andiamo a vedere di che si tratta» propose l'italiano.

«Ma sì» rispose lui. Tutti e due si allontanarono dall'accampamento della 90° divisione leggera e raggiunsero la carovana.

Quelli della carovana parlavano arabo, qualcuno in italiano. Spuntò un vecchio che sapeva il tedesco.

«Come conosci la mia lingua?» domandò l'ufficiale.

«Ho lavorato per l'ambasciatore tedesco, in Egitto».

«Ah...».

«Non ti preoccupare, non può essere una spia, la carovana è stata controllata» raccomandò l'italiano.

«Ah, molto meglio. Che cosa portate fino a Tripoli?». L'ufficiale si accarezzò il mantello che lo proteggeva dal gelo notturno.

«Spezie e profumi dalle città oltre il deserto». Il vecchio sorrise.

«Voi non conoscete confini, eh».

«No, infatti».

«Vediamo un po'...».

«Guardate pure. E se volete comprare qualcosa, ditemelo». Il vecchio si grattò la barba sporca di polvere.

I due ufficiali guardarono un po' ovunque.

L'italiano impallidì.

«Cosa c'è?» gli chiese l'ufficiale tedesco.

«Nulla, nulla».

«No, che c'è? Sul serio».

Gli arabi si stavano innervosendo.

«Nulla, credimi».

«Ah, va bene».

«Possiamo andare?» domandò il vecchio carovaniere.

«Ma certo, prego».

La carovana si dileguò.

***

Il giorno dopo, si sentirono degli spari nella città vecchia.

L'ufficiale tedesco sospirò: gli uomini della 90° dovevano attivarsi. Un buon inizio d'anno lì, dopo neanche un anno dal principio delle operazioni tedesche in Libia. Prese con sé una quindicina di uomini e puntò al luogo degli scontri. Trovò una catasta di cadaveri, armati di Sten. Scrutò i volti di quei corpi - quei pochi che non erano sfigurati - e gli parve di riconoscerli. Chiese a un sergente: «Quanti i caduti dalla nostra parte?».

«Cinque. Compreso quell'ufficiale italiano».

«Oh, lui». L'ufficiale riconobbe il collega del giorno prima. Poi, vide fra i corpi degli attentatori quello del carovaniere che sapeva il tedesco. Fra le mani, rigide, reggeva uno Sten. Da come era rimasto cristallizzato dalla morte sembrava che lo sapesse usare in vita. L'ufficiale comprese tutto: il collega italiano si era sbagliato - quella carovana portava armi e non era stata perquisita, nonostante quel che aveva dichiarato; doveva aver scoperto gli equipaggiamenti di quello che, pareva, si era rivelato un commando britannico costituito da personale indigeno, ma pur di non perdere la faccia aveva mentito, li aveva coperti.

Ed era morto.

Che idiota!

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora