35 FIDUCIA E SFIDUCIA

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«Mi ero abituato alla Norvegia».

«Ormai è un anno e mezzo che la Decima Fliegerkorps ha lasciato la Scandinavia. Ti ci dovresti essere abituato».

«È vero che siamo nel giugno del 1942, ma preferivo le nevi e i fiordi della Norvegia. Qui a Tripol, fa sempre un gran caldo». Si terse la fronte.

«Fra poco il comandante in capo ci vuole...».

«E per quale motivo?».

«I britannici stanno rompendo».

Sbuffò. «Fossero solo loro. Sembra che tutto il mondo ce l'abbia con noi tedeschi».

«Se il Führer invade ovunque, mica ci possiamo lamentare». Fece un sorriso sardonico.

«Il Führer invade dove vuole. E noi dobbiamo ascoltarlo» disse in tono rigido. «Non contraddirlo... È la nostra guida, la nostra ispirazione. Lui sa cosa è bene per noi tedeschi».

«Ehi, ehi, calma» lo incitò il collega dell'Heer. «Dicevo solo per dire».

«Ricordati che siamo tutti e due generali di corpo d'armata, io della Luftwaffe e tu dell'Heer. Noi dobbiamo obbedienza assoluta al Führer. Se proprio noi due non obbediamo, come possiamo pretendere che i nostri subordinati, i nostri sottoposti, i nostri soldati, non ci diano retta?».

«Su questo hai ragione. Ma andiamo, su».

«Sì». Si mossero tutti e due.

La riunione con il comandante in capo fu utile. Bisognava respingere i britannici che si muovevano da oriente verso occidente e gli aerei della Decima Fliegerkorps avrebbero dato un grosso aiuto alle truppe di terra.

Il generale di corpo d'armata della Decima esibiva le sue quattro medaglie.

La Croce di Ferro di Prima classe del 1939.

La Croce di Ferro di Prima Classe del 1914.

L'insegna di ferito.

L'insegna di pilota.

Tutti lo guardavano con ammirazione e, anche, timore perché era il più decorato di tutti e come un gallo cedrone si vantava e diceva: «Voi dovete fidarvi di me; voi dovete fidarvi del Führer. Se ho ricevuto così tante medaglie, lo si deve alla Grande Germania».

E tutti annuivano. «Sì, sì, giusto, signore».

Questione di poche ore e ci sarebbe stata la controffensiva.

Fra quelle sabbie infuocate, gli Stuka e altri aerei avrebbero rombato e avrebbero colpito le unità britanniche.

Infatti iniziò. Un turbinio di notizie giunse presso il quartier generale.

Il comandante della Decima ricevette ogni rapporto con gemiti di soddisfazione. Si fregava le mani e tubava come un colombo. «Ottimo, ottimo». Ma dopo qualche ora, il suo animo cambiò. «Com'è possibile? Perché non si procede bene?».

«Ah-ehm». L'attendente era in imbarazzo. «I britannici stanno difendendosi bene».

«Ma i miei Stuka che fanno?».

«Si fanno abbattere» rivelò l'attendente.

«Male, male». Il generale gli diede uno schiaffo. «Bisogna avere fiducia nel Führer. Che si resista, che si combatta. Passa questo ordine».

«Subito, subito». L'attendente squittì.

Il generale della Decima fece una smorfia di contrarietà al vedere che, il pari grado dell'Heer, sorrideva come per dire che ti dicevo? L'avrebbe preso a calci, prima o poi, a quel generale dell'Heer.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora