15 LACRIME DI GHIACCIO

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«Che data è oggi?

«Il due febbraio del 1943.

«Dove sono?

«A Stalingrado.

«Di che classe sei, soldato?

«Seconda?

«A quale divisione appartieni?

«Alla 389°.

«E a quale armata?

«Alla 6°...

«E poi... e poi niente». Si ritrovò a battere i denti.

Nonostante si fosse posto quelle domande, e si fosse risposto da solo, era tornato il gelo.

Da ragazzo, in Germania, aveva visto tanti senzatetto, tutti vittima della Grande Depressione. Gli avevano fatto pena. A volte, li aveva derisi. Lui poteva permettersi tre pasti al giorno e un letto caldo. Loro no.

Ma ora, tutto si era rovesciato.

Si sentiva un barbone e trattenne le lacrime. Più che per vergogna, perché non voleva che la faccia gli si congelasse.

Stalingrado. Perché proprio lì?

«Perché bisogna combattere il comunismo» si rispose da solo, ad alta voce. Si sistemò il passamontagna.

Passarono alcuni commilitoni, come lui imbacuccati in pesanti abiti invernali e con le soprascarpe di lana. Lo guardarono con stizza e derisione.

Il soldato fece finta di niente. Lui doveva fare la sentinella.

Ma chi voleva prendere in giro? Già da due settimane non era più armato, il ghiaccio aveva rovinato il Mauser KAR 98K. Così, quando gli era stato detto di fare la guardia, aveva fatto un singulto di disapprovazione. Se i russi avessero tentato di attaccare, lui avrebbe dovuto solo girarsi, urlare e correre. Girarsi sì, poteva. Urlare? L'avrebbero sentito con quel ventaccio? Correre, anche se combinato in quel modo non era poi il massimo dell'agilità.

Ma doveva obbedire.

«Questa è una guerra giusta» si disse. «Le mie sofferenze saranno ripagate dalla gioia del popolo» si disse ancora, fra uno sbattere e l'altro di denti.

E dire che suo padre era stato membro delle Sturmtruppen nella Grande Guerra.

Suo padre, sempre in movimento, nonostante le trincee e gli ostacoli.

A occidente.

Lui, invece, era in oriente.

Decise di coprirsi meglio con la coperta e si sedette. Tanto, anche da seduto avrebbe visto arrivare i russi.

Di nuovo, cercò di non piangere. Percepì il freddo del muro sul quale si era poggiato invadergli le ossa. Di quel passo, non sarebbe più stato un uomo, ma un ghiacciolo.

Poteva anche scrivere qualche storia bizzarra, tipo un uomo che sopravvive al congelamento e diventa un supersoldato resistente al freddo.

Poteva essere un'idea.

Ma, al momento, aveva le dita intorpidite. Pure le braccia.

E quel gelo, quel dannato gelo!

Pianse e si ritrovò la faccia cosparsa di gemme di ghiaccio.

Bisognava dirlo: giusta o non giusta, non era poi una bella guerra.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora