6 IL CAGNOLINO

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Il tenente era seduto su una cassetta. Fumava e accarezzava un cagnolino. Gli diceva: «Come ti chiami, eh? Come ti chiami? Meno male che ti ho trovato io e non quei rossi... ti avrebbero mangiato, sai?».

«Tenente, che bel cagnolino» disse un carrista, che passava di lì con una tanica di benzina.

Aspirò un po' di fumo, poi lo espirò via. «Già, molto simpatico. Mi ricorda un bastardino che vidi in Spagna».

Il carrista fissò l'onorificenza di ferito nella Guerra Civile di Spagna del tenente. «Mah, non ho mai sentito della Spagna come di un luogo rinomato per la bellezza dei cani».

«E infatti chi l'ha mai detto? Dico solo che mi ricorda un cagnolino che incontrai lì, in quell'inferno».

«Inferno? Be', l'importante è che abbia vinto Franco». Il carrista posò la tanica.

«Certo, certo». Il tenente riprese a fumare, pensoso.

«La tanica!». Un capocarro era impaziente.

«Eccomi, arrivo» disse il carrista e dopo un breve saluto si congedò.

Il tenente disse al cagnolino: «Non hai un collare... Sei un randagio? Magari sarai scappato da qualche fattoria collettiva in fiamme».

«Achtung, achtung: dobbiamo ripartire» giunse l'avvertimento.

Il tenente si rialzò in piedi di scatto e spense la sigaretta sulla cassa.

Il cagnolino uggiolò, ora a terra.

Lo guardò, il tenente, e disse: «Non posso portarti con me. Nell'8° reggimento Panzer non è mai successo che un cagnolino simpatico sia portato in battaglia. Potrei essere richiamato...».

Ma il piccolo cane continuava a guardarlo.

«Tenente, presto, dobbiamo ripartire!» lo informò il caporale, un membro del suo equipaggio.

«Ora arrivo». In effetti era indeciso: sentiva la chiamata al dovere, ma non gli piaceva che il cagnolino fosse abbandonato. In mezzo a tutti i Panzer sarebbe potuto finire per essere schiacciato e non gli piaceva come idea.

Il cagnolino uggiolava.

«E va bene. Vieni con me». Il tenente lo prese in braccio, per poi correre verso il carro armato.

L'equipaggio li accolse prima con un sorriso di sollievo, poi con una smorfia. «E quello?» domandò il caporale.

«Un randagio. Sarà la nostra mascotte».

«Ma, signor tenente...».

«In Spagna ne ho fatte di cose simili» mentì. Un groppo in gola, il tenente ricordò che quello era il primo mese di invasione dell'Unione Sovietica e, in quell'operazione, gli ordini erano inflessibili. «Procediamo».

Il Panzer partì, seguito dal resto del plotone. Adesso più che mai il tenente si sentiva un cane pastore, gli altri corazzati le pecore. Guardò il cagnolino, che sembrava spaventato da tutti quei cigolii. Tremava. Il tenente prese il periscopio e guardò verso oriente: non c'era nulla, per ora. Domandò al marconista: «Coordinate radiogoniometriche?».

Gliele comunicò.

«Va bene. Dobbiamo raggiungere quella quota».

Il cagnolino abbaiò.

Il resto dell'equipaggio sbuffò scocciato.

«Che cosa c'è, ora?». Il tenente domandò al randagio, un sorriso.

Tutto si bloccò e i carristi, compreso il tenente, furono scagliati in avanti.

«Ci hanno colpiti!» esplose il cannoniere.

Un fumo acre di nafta si diffuse nell'alloggio.

«Il fuoco sta per raggiungere le munizioni!» disse qualcun altro.

«Il portello posteriore è bloccato!». C'era panico nella voce.

Il tenente aprì la porticina della torretta e gettò il cagnolino. In Spagna non l'aveva mai fatto. «Va', forza».

Le fiamme si diffusero e aggredirono le gambe del tenente che urlò. Ma, prima di chiudere gli occhi, vide con gioia che il cagnolino si era ficcato in una macchia di alberi che, i Panzer attorno, non stavano sradicando.

Era in salvo.

Non gli era successo, in Spagna.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora