36 GENTE POCO AFFIDABILE

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«Caro maggiore, ho paura».

«Tutti hanno paura, ragazzo mio».

Il tenentino scosse il capo, il telo mimetico del casco che oscillò. «Non è paura di morire, ma di avere degli alleati inaffidabili».

«Gli italiani».

«Infatti».

Il maggiore annuì in silenzio e aspirò un po' di fumo. «Il Führer si è voluto fidare di loro».

«Forse Mussolini è affidabile, ma il popolo italiano no. E questo è colpa del loro capo: gli ha fatto credere che la guerra fosse veloce, indolore... persino divertente. Ora, siamo nel 1943 e vedo che gli italiani sono sfiduciati. Sembrano dei bambini a cui abbiano fatto un regalo indesiderato, o che ai quali non hanno mantenuto una promessa».

«Cosa proponi?». Il maggiore lo guardò quieto, fra un'aspirazione di sigaretta e un'espirazione di fumo.

«Dipendesse da me rompere con gli italiani».

«Sono in guerra con noi e siamo qui per aiutarli contro gli Alleati. Tutti dicono che, dopo la nostra disfatta in Africa, sbarcheranno in Italia». Aggiunse dopo una boccata di fumo. «Hai un'idea più fattibile?».

«Non combattere con loro».

«Questa è una cosa più concreta. Ne dovrei parlare con il nostro colonnello o il generale della Prima divisione aerotrasportata».

«Ma lei non può decidere nulla». Il tenente lo guardò con occhi penetranti.

«No, infatti. Così come tu hai me, io ho dei superiori. In certe cose ho delle mani legate».

«Ma potrebbe decidere lei!» protestò il piccolo ufficiale.

Il maggiore gli scoccò un'occhiata di rabbia. «Ti ho detto come stanno le cose. E non devi polemizzare... Sei un militare o cosa?».

«Un militare, signore».

«Ecco».

«Achtung, achtung. Azione!».

Il maggiore prese l'FG42. Si rivolse alla sentinella che aveva lanciato l'allarme. «Cosa c'è?».

«Gli inglesi».

«Muoversi, tenente. E anche voi altri!» richiamò il resto del plotone.

Tutti scattarono.

Ma seguirono anche le bustine degli italiani.

Il tenente storse il naso.

«Noi tedeschi in avanguardia» raccomandò il maggiore. Con il giaccone mimetico e i pantaloni kaki della tenuta tropicale si schiaffò per terra.

«Sì, sì» dissero gli italiani, il tono indolente.

Il maggiore e il resto dei paracadutisti strisciarono.

Ci furono spari.

Tutti si cristallizzarono.

«Porco demonio, no! Razza di imbecilli... Idioti...» ruggì il maggiore.

Gli italiani avevano sparato.

E avevano ucciso il suo tenente.

Gli italiani non sembravano tanto propensi a domandare scusa. Anzi, fissavano il tenente come se fosse colpa sua.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora