«Ragazzi, ascoltatemi, ho un piano».
«Quale sarebbe, maresciallo capo?» rispose il caporale.
«Raccogliete i panzerfaust e seguitemi. Ve la spiego durante il percorso».
I panzergrenadier del plotone obbedirono. Tre panzerfaust per ciascuno, si avviarono.
Il maresciallo capo era molto seccato da quella terra ingrata. Un freddo pazzesco durante l'inverno e un caldo che rompeva addirittura il metallo degli elmetti d'estate... ovvero, quella era un'esagerazione, ma al maresciallo capo piaceva.
E poi, quei russi. Li trovava insopportabili.
Urlavano "urrà, urrà" e si facevano ammazzare. O meglio, nei primi mesi dell'offensiva si facevano ammazzare con facilità. Ora, sembravano avere imparato.
Solo che si sarebbero dovuti far massacrare tutti, tutti quanti.
Dopo tutto quel tempo trascorso, i russi si sarebbero dovuti arrendere.
O anche essersi fatti uccidere.
Invece no, era l'estate del 1943 e ancora insistevano.
Il maresciallo capo ne aveva uccisi parecchi. Soldati, civili e quei fastidiosi banditi che non si capiva mai se fossero militari o innocenti. Ma tanto non serviva farsi tanti scrupoli perché meritavano tutti la morte.
«Ci siete tutti?» disse sottovoce il maresciallo capo.
«Sì, sì» ribatterono i membri del plotone.
Kharkov. Un nome, tante cose.
Tre battaglie.
Ottobre 1941: i tedeschi avevano vinto.
Maggio 1942: altra vittoria.
Febbraio e marzo 1943: terza vittoria.
A quel punto, chiunque si sarebbe stancato.
Stalin, chi te lo fa fare? Arrenditi, lascia tutto. Gli slavi sono una popolazione inferiore. Sono... siete tutti comunisti. Basta, no?
E invece erano lì, ancora a resistere.
Il maresciallo capo non era mai stato forte in geografia. Era stato uno shock scoprire che, oltre alla Russia europea, c'era molto altro da conquistare.
Ma sotto il comando del Führer ce l'avrebbero fatta.
Era stato grazie al Führer che il maresciallo capo aveva avuto quell'idea. Aveva sentito che, presso quella cittadina ucraina, si stessero ammassando truppe corazzate sovietiche. Non si era capacitato della fortuna di esserne venuto a conoscenza, ma ne aveva approfittato.
Adesso il plotone era vicino alle linee nemiche.
«Maresciallo capo!».
«Ohi ohi, prevedo guai» disse il caporale.
«Zitto» impose il maresciallo capo, e si girò. Represse un verso di disapprovazione al vedere il capitano raggiungerlo. «Signore». Se avesse potuto, si sarebbe messo sull'attenti, ma era un po' difficile perché erano tutti inginocchiati.
«Che. Diavolo. Stai. Facendo?» scandì il capitano.
Il maresciallo capo represse un nuovo verso di disapprovazione: non poteva permetterselo. Preferì esibire il suo migliore sorriso. «Ho avuto un'idea perfetta, signore».
«Ma che dici? Chi te lo ha ordinato?». Il capitano aveva lo sguardo stupito.
«Ehm, un'iniziativa personale».
Il capitano lo schiaffeggiò. «Fai male, molto male. I sovietici sono pronti ad attaccare. Questione di settimane, se non di giorni».
«Allora mi ritiro».
Il caporale ridacchiò.
Il maresciallo capo lo fulminò con lo sguardo, ma prima che potesse dire qualcosa il capitano affermò: «Seguitemi con questi panzerfaust. Io ho avuto un'ottima idea».
Era il superiore. Dovettero obbedire.
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La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 Germania
Short StoryQuarantasette racconti brevi sulla Germania nella Seconda Guerra Mondiale, ognuno tratto da un'illustrazione di un libro sulle uniformi del conflitto.