Capitolo 64

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Cercavo di rispondere ma non mi usciva la voce, così annuii solamente con il capo.
Lo abbracciai con tutte le forze che avevo, con le lacrime di felicità che non smettevano di scendere.
Biondo mi cinse la vita con le braccia e quando ci staccammo mi mise l'anello al dito.
Mi stava alla perfezione, ne troppo grande, ne troppo piccolo.
Mi baciò e poi chiese l'accesso con la lingua. Le nostre bocche e le nostre lingue combaciavano alla perfezione.
Era il momento perfetto, erano riunite le due cose che più amo. Il mare e il mio ragazzo. Non potevo chiedere altro.

Quando ci staccammo andammo a fare una passeggiata lungo i negozi e verso le 20.00 ci recammo al ristorante per la cena.
Il più bel ristorante che io abbia mai visto. Era il più lussuoso di tutta Roma. Il cameriere ci accompagnò al tavolo, era posto lontano dagli altri, in un luogo appartato con una luce fioca che creava l'atmosfera giusta. Poco dopo ci vennero portati i menù e facemmo le nostre ordinazioni.
Le portate erano ottime, impeccabili e la presentazione era unica.

Poi al termine della cena, Biondo si alzò, dicendomi di dover andare in bagno, e scomparì dietro le mie spalle.
Circa cinque minuti dopo sentii qualcuno posarmi una mano sugli occhi, io sobbalzai perché essendo di spalle non riuscivo a vedere chi passava dietro.
Sentendo la risata capii subito che era Biondo e mi tranquillizzai posando la mia mano sulla sua.
Sentii che si sedette e poi mi fece finalmente vedere, mostrandomi un mazzo di rose rosse appena colte.

Io le presi subito in mano, e rimasi meravigliata, perché non gli avevo mai detto che erano i miei fiori preferiti.
Lo baciai e terminato il dolce ci alzammo per andare in auto.
Quando salii e vidi che non andava verso l'albergo gli chiesi:
<Dove mi stai portando?>

<Lo saprai appena arrivati>, mi rispose mettendo una mano sulla mia gamba, e facendo un piccolo ghigno.

Io continuavo a guardare fuori dal finestrino, nell'attesa di cogliere qualche particolare, o edificio che mi permettesse di riconoscere dove stavamo andando, ma non vidi nulla di familiare.
Così mi arresi e provai ad immaginarmi il posto misterioso, mi vennero in mente molte opzioni ma nessuna di esse era in stile Biondo.
I miei pensieri scomparirono quando finalmente arrivammo. Era una collina ricoperta di erba. Inizialmente non capii la scelta del luogo, così glielo chiesi:
<Perchè mi hai portato in mezzo all'erba?>, facendo una piccola risatina.

<Guarda in alto>, mi rispose prendendomi la mano, ed indicandomi il cielo.
Appena alzai lo sguardo potei notare Un immensa distesa di stelle bianche. Rimasi sbalordita, non le avevo mai viste così bene, forse perché era completamente buio e non c'erano luci.
Biondo mi lasciò in preda allo stupore mentre andava a prendere dei teli da poggiare sull'erba così da poterci sdraiare.
Li stendemmo per bene, mi tolsi le scarpe e mi misi affianco a lui, che teneva una mano dietro il mio collo.

Non sembrava nemmeno reale quello spettacolo, sembrava un quadro, dove un pittore con il pennello macchiato di vernice bianca, ha spruzzato delle macchie perfette. Facevano tantissima luce, anche grazie alla luna sullo sfondo che in quella sera era piena e grandissima.

Rimanemmo sdraiati lì per un tempo che parve interminabile, fino a quando guardai l'orario e mi accorsi che il coprifuoco era passato da un pezzo.
Sobbalzai e mi alzai dal telo.
<È tardissimo>, dissi sorpresa a Biondo.

<Oddio, era così bello>, mi rispose sbuffando e roteando gli occhi.

<Dai ci torneremo un'altro giorno. Te lo prometto>, gli dissi tirandolo per un braccio dato che era ancora per terra.
Piegammo i teli e ci cacciammo subito in auto.
In tutta velocità percorremmo le strade che portavano all'albergo e in men che non si dica eravamo sulla soglia.

Biondo mi accompagnò fino alla porta:
<Ti ringrazio>, mi disse prendendomi i fianchi tra le mani.
Io misi le mie braccia sul suo collo:
<Ma grazie a te che mi sorprendi ogni volta. Mi fai sentire una principessa>, gli dissi fissandogli gli occhi.

Ci baciammo, e quando ci staccammo non volevo andarmene da lui, stavo troppo bene e sentivo già la sua mancanza, senza nemmeno essere entrata nella hall.
<Dai devo andare>, gli dissi cercando di liberarmi dalla sua presa, ma era fissa e troppo forte.
Continuammo a baciarci per altri dieci minuti, fino a quando finalmente mi ascoltò e mi lasciò andare.
Aspettai che se ne andasse e poi entrai e salii le scale in tutta velocità.

Cercai di fare il meno rumore possibile aprendo la camera perché sapevo che Lauren e Valentina stavano dormendo.
Mi tolsi le scarpe e il vestito e mi rintanai sotto le coperte.
Una giornata perfetta, spero ce ne siano altre così.

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