"Peter, ti prego dammi una mano! Sono in ritardo al lavoro!".
Megan supplicava il fidanzato, facendo cento cose contemporaneamente. Con Sergio in braccio, correva da una parte all'altra. Raccolse i capi gettati a terra in ogni angolo della casa, tra il bambino, la fretta e il disordine di cui Peter aveva deciso di non curarsi quel giorno.
Vedendolo assorto, tranquillo a non risponderle, Megan insistette.
"Allora? Puoi almeno portare Giò all'asilo?".
Intanto oltrepassò la montagna di giocattoli, per raggiungere la cucina. Aprì lo sportello più alto del mobile per prendere un croissant. Tolse la confezione e lo diede al suo giovanotto.
"Prendi, la mamma, mangia tutto e fa piano, d'accordo?".
Con quei grossi occhioni neri con cui la guardava, e la brioches strinta nelle manine, fece un cenno d'assenso. Era vero, aveva preso ben poco da sua madre.
"No! Non è chiaro forse?" sbottò arrabbiato Peter, scattando in piedi. Lei d'improvviso s'immobilizzò sulla porta che dava al salotto, dove Pet stava comodo fino a poco fa, a guardare la tv.
"Scusami, non volevo..." abbassò la testa e si passò una mano tra i capelli. Poi tornò a guardarla in faccia.
Megan non si era mossa di un centimetro.
"Sai che giorno è oggi, Megghy... io... non ce la faccio a uscire di casa a... a pensare ad altro, a quel maledetto giorno di quattro anni fa"
"perdonami se sono stata troppo presa dalle mie cose, Pet...
Amore, gioca un po' con i trenini. La mamma deve parlare con papà e poi andiamo a scuola, va bene?"
Si rivolse al piccolo che rispose di si.
"Però non litigate" aggiunse, tenero.
"No tesoro, è tutto a posto, papà non si sente molto bene, adesso ci penso io, sta buono".
Lo posò sul tappetto e il bimbo prese a giocare scordandosi di loro e di qualsiasi altra cosa, immerso nel suo nuovo mondo.
Megan si avvicinò e strinse Peter tra le braccia.
"Devi superarlo, Pet. Sei vivo e devi far prevalere questo dettaglio fondamentale su di te, soprattutto quando arriva questo giorno, ogni anno. Io ti amo e noi stiamo benissimo. Abbiamo tutto e non ti chiedo di cancellare quello che hai passato, perché so che è impossibile, ma almeno guardare tutto sotto una luce diversa. Perché tu, a differenza di altre persone, hai avuto la possibilità di vivere ancora."
Peter Michels era stato vittima di una rapina nella sede della banca in cui lavorava a New York. si erano notati strani spostamenti di recente, quell'anno. Si erano presentati dei tizi che avevano finto di dover prelevare, scambiandosi occhiate che davano a insospettire. Peter lo aveva notato e ne aveva perfino parlato con Megan alla fine del suo turno. Si auguravano di sbagliarsi, invece quelli, li avevano spiati e avevano registrato a mente come doversi muovere. Difatti, il giorno dopo, il gruppo composto da tre ragazzi e uno in più dal giorno precedente, erano tornati, chiedendo che fossero cacciati tutti i soldi. Siccome dapprima, i dipendenti opposero resistenza, cominciarono a sparare chiunque si trovasse malauguratamente lì dentro. Peter aveva rischiato di perdere le braccia, dato che gli avevano sparato un colpo per ciascun arto, per fortuna non gli avevano fatto altro, ma la situazione, quando era arrivato in ospedale, non era stata facile, né tra le più tranquille. Era arrivato in ambulanza con codice giallo. Due operai della banca, erano deceduti, uno sul colpo e nel luogo del delitto, l'altro, in ambulanza mentre lo trasportavano in codice rosso. Erano cinque ad essere di turno quella mattina e le altre, erano due ragazze sulla trentina che erano scampate alle ferite. Peter Michels aveva sottratto una forma traumatica dovuto allo stabilizzante episodio. Era da un anno che aveva smesso di visitare lo studio del suo psicologo e sembrava essersi ripreso, ma l'anniversario, insieme a tutti quei ricordi atroci, non potevano renderlo indifferente. No, quello non sarebbe accaduto mai!
***
"Pet, sono tornata!".
Megan entrò in casa a fine del suo turno lavorativo e chiamò il suo fidanzato, mentre appendeva il cappotto e la borsa sull'appendiabiti a muro. Si specchiò velocemente, passando dall'ingresso verso il salotto. Il viso pallido per la stanchezza. Tra la famiglia e l'ufficio, si stava trascurando un po'. Era dimagrita, ma almeno non aveva perso il buon gusto, per il vestiario e un trucco semplice da giorno.
Era tutto spento, tranne una luce aranciata fioca che proveniva soltanto dalla cucina. A passo indeciso, giunse lì, dove un Peter elegante e con le mani ficcate nelle tasche, la aspettava e la ammirava comparire.
"Ciao mia bella!" sussurrò con un certo fascino.
Megan rise a quel termine a cui Pet l'aveva abituata quando avevano iniziato a frequentarsi.
"Ciao... quale onore? E, sei bellissimo"
"tu di più, stanca, ma sempre splendente. Volevo scusarmi e cercare di riprendere in mano la situazione. Così, sono andato io all'asilo a pomeriggio, non volevo che andasse mia sorella, non è lei che fa il genitore e poi non sono più un bambino, era giusto che reagissi. Avevi ragione stamattina e... mi sei sempre stata accanto" adesso si fece vicino, abbracciandola dalla vita.
"...e volevo ringraziarti per tutto. Questa cena non basterà a ricambiarti per tutte le volte che hai sopportato la mia depressione e la tua vicinanza, ma spero sia qualcosa... un inizio..."
"shhh... basta così, hai detto anche troppo" disse lei posandogli un dito sulle labbra. Lo baciò e quella giornata fu pronta a tramontare, sotto le candele che illuminavano i loro visi. Peter aveva messo a letto Sergio prima che lei arrivasse e in fine si diedero all'amore, vicino al camino acceso, con un disco di musica classica in sottofondo. Era sempre stata un'aspirazione di Peter.
Bastò la loro passione, ad alimentare quelle fiamme ardenti, come i loro corpi nudi che si percorrevano nel buio.
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Nero Profondo
RomanceNero, é il colore degli occhi di Cameron Rubini. Nero, come il suo cuore, il suo carattere a volte arrogante, altre passionale. Un uomo con una corazza dura, impenetrabile, indecifrabile. Nero, come la sua risata. Nero, come il suo passato. Per col...