69. DUE Margarita e una stanza

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Un'alba silenziosa si intromise tra te tende in organza della camera da letto. Megan dormiva profondamente, mentre per Cameron la notte, forse non era mai arrivata. Non aveva dormito per niente, anzi, aveva chiuso gli occhi quando erano ormai le cinque e si era risvegliato ora, neanche due ore dopo. La osservò avvolta nel piumone bianco, le spalle nude e piccole, la bocca schiusa e i capelli arruffati, in giro per il viso a forma di diamante. Si era addormentata con una gamba dritta e l'altra piegata, un braccio sul cuscino e il destro sotto i seni. La percorse per qualche minuto senza riconoscere la ragazza che era stata più di dieci anni fa.

"Promettimi che non mi odierai il doppio" le sussurro ad un orecchio. E come se lo avesse sentito, Meg sospirò e cominciò a muoversi.

"Ops, non volevo svegliarti" riprese facendosi sentire di più. Ridacchiò puntando gli occhi neri, nei suoi smeraldi.

Dio. Che spettacolo mozzafiato!

Megan non riuscì a rispondere, che appena sollevò le palpebre, dovette strizzarle, percependo una fitta terribile alle tempie.

"Santo cielo, la testa!"

"Eh! Te l'avevo detto" dopo di che, Cam si alzò e uscì dalla stanza. La lasciò tra sogno e realtà a chiedersi dove stesse andando. Ma lui tornò presto con un bicchiere d'arancia e un'aspirina.

"Butta giù, prima che inizi questa giornata. O comincerà col piede storto, gatta noiosa"

"Oh mh!" Gemette, portandosi una mano sugli occhi. "Quanto sono stata noiosa da uno a dieci?"

Cameron rise. "Cento!"

"Stronzo! Per questo ti sei fermato" disse ironica.

Stavolta si sollevò su se stessa e gli colpì un avambraccio.

Era un dio anche appena sveglio.

Cameron tornò serio, mettendo da parte il sarcasmo.

"Dimmi che non ti sei pentita."

Voleva guardarla dritta negli occhi e leggervi una risposta sincera.

"Non voglio ancora decidere"

Cameron le accarezzò la guancia.

"Ha-hai detto che mi amavi, stanotte" e lì, Meg strabuzzò gli occhi. "Cosa? I-io non ero io..."

"Non ti nascondere dietro i tuoi stessi sentimenti, Meg!"

"Io non lo so perché con te sbaglio e rifaccio sempre gli stessi errori! Non lo so perché ti ritrovo in ogni momento della mia vita, che sia per me il più felice o come adesso il più catastrofico! E non lo so perché non sono riuscita a controllarmi ancora una volta, perché mi sono arresa e me ne sono fregata! Non lo so perché mi faccio del male da sola!"

Si stava cominciando ad agitare, allora Cameron le bloccò le braccia, facendola immobilizzare. Le loro pupille si incollarono e Cam la fece ammutolire, mettendole una mano sulla bocca. Quando la tolse, la baciò lentamente, ma con trasporto, e la sentì sciogliersi e calmarsi.

"Stanotte lo abbiamo fatto tante volte, abbiamo recuperato tanti momenti perduti... Siamo stati bene, Meg. Se adesso dipende da noi, non puoi essere tu a tirarti indietro. Se rovini tutto stavolta, non ti perdonerò più. Perché credo che tu ti sia già presa la tua rivincita. Abbiamo sofferto, basta. Pensiamo a nostro figlio adesso! Pensiamo a noi. Lasciamo morire il passato sotto le nostre scarpe. E fai l'amore con me tutti i giorni. Anzi, soprattutto ora che sei più lucida di ieri".

Ricominciarono a baciarsi e Megan accettò le sue parole rispondendo in silenzio. Rispose ai suoi baci, alle sue braccia, alla sua impazienza, ripeté tutto quello che aveva fatto qualche ora prima. Ma la mezzanotte era passata da un pezzo, Cenerentola doveva tornare alla realtà e con le lacrime che le rigavano la faccia, si alzò e si chiuse dentro la doccia.

Perché aveva fatto l'amore con Cameron nel letto suo e di Peter.

Perché era iniziato tutto nella vasca con cui faceva i bagni, con Peter.

Perché si sentiva lurida, come se gli avesse fatto del male, anche se era stato Peter stesso, a decidere di lasciarla.

***

Quando Pet era arrivato all'aeroporto, aveva telefonato a Vic chiedendole se lo volesse ancora per il suo compleanno. Lei rispose con un 'magari' speranzoso e appena Peter le disse che si trovava proprio lì a Beaufort, lei lo raggiunse, con un sorriso al settimo cielo.

"Tu sei pazzo! Lo hai fatto davvero!" Aveva detto, buttandogli le braccia al collo.

Quando si staccarono, i loro visi erano pericolosamente vicini, che scappò un bacio lieve ma desideroso. Avevano preso un taxi e si erano recati in un albergo a pochi metri di distanza.

Peter prenotò una stanza e un dipendente li fece salire nella 209.

Infilò la carta e la porta si aprì, ma loro erano troppo impegnati a baciarsi, come se tutto quel tempo trascorso lontani, gli avesse dato la consapevolezza di volersi. Peter insistette nel baciarle più volte il lato cicatrizzato del volto e alle prime, lei aveva protestato per il disagio. Erano già sul letto quando lui le disse di stare tranquilla, di rilassarsi e di farsi amare anche fino all'angolo peggiore di sé. Cameron non l'aveva mai fatta sentire in quel modo e quando divennero una sola cosa, pianse sentendosi fragile. Come se si fosse dissolta nell'uomo che la stava desiderando più di ogni cosa. Aveva sempre voluto sentirsi così con Cam.

Quando si svegliarono, erano le due del pomeriggio. Peter scese dal letto per prendere un pacchetto dorato dalla tasca interna della giacca gettata su una sedia. Tornò da Victoria per porgergliela, e si sedette sui piumoni davanti alle sue gambe lunghe.

"Buon compleanno, tesoro"

"è il più bello che avessi mai passato e il modo migliore in cui l'avrei potuto festeggiarlo. Ma non dovevi... sai che hai fatto tantissimo!"

Lo abbracciò e Peter le accarezzò le onde morbide dei capelli scuri. Erano seta sotto le sue dita. Quella sensazione, gli fece venir voglia delle sulle labbra, quindi riagganciò quei due cuori voluminosi.

Era una donna molto sensuale, era impossibile resistere a quella bellezza orientale.

"Aprilo, dai" sussurrò, staccandosi.

Victoria contemplò il regalo, finché non si decise a scartarlo.

Un luminoso fermaglio di pietre e gemme le brillava tra le mani, una delle quali si posò lentamente sulle labbra spalancate. In tutta risposta, Pet sorrise.

"Immagino che ti piaccia. Ma poi sono convinto che ti starebbe d'incanto. Vieni qui..."

Glielo agganciò sulla capigliatura e lei si specchiò alla specchiera situata sulla parete di fronte al letto.

"I-io non posso" e fece per toglierlo.

Il sorriso di Peter, svanì.

"Che dici, stai benissimo, sul serio!"

"C'è..."

"No, Vic! Non c'è nessuna cicatrice, niente da nascondere. Sei una meraviglia, anche in una pelle nuova, lo capisci?"

"Non mi importa più essere bella per qualcuno. Ho solo bisogno di essere amata"

"e chi lo dice, che non possa innamorarmi io?"

"Il tempo. Può dirlo il tempo"

"allora fidati di lui, per una volta."

Dopo quella breve discussione, scesero a pranzare. Le ore successive le trascorsero a ridere e scherzare sotto il getto della doccia e quando scese la sera, decisero di andare nella zona bar, dove avevano già abbassato le luci e avviato la musica alta. Ballarono e si scatenarono, in seguito si fermarono a bere due margarita. La serata procedeva come Vic non si sarebbe mai aspettata. Il giorno del suo compleanno era stata fuori casa tutta la giornata e sarebbe dovuta rientrare perché aveva lasciato Cassie con la nonna. Ma era felice anche se non poteva permettersi di fare le ore piccole, perché aveva ricevuto i regali più belli: Peter, una stanza e due margarita per brindare.

Posò il bicchiere vuoto sul marmo e si voltò a guardare Pet. I capelli non le invadevano più il viso, grazie al fermaglio.

Si, Peter l'aveva convinta ad indossarlo.


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