"Dove diavolo siete stati, Megan?! Possibile che ti scordi del mondo e del tempo quando stai con lui? Ma non lo odiavi?" "Be, ogni volta è una coincidenza, Kurtney, non pensare sempre male!" "ma come faccio! Se mi dici pure che eravate su una strada desolata, al buio, io... non lo so Megan. E a Peter ci hai pensato?" "Basta!" urlò Megan, portandosi le mani sulle orecchie.
Era troppo!
"Non siamo rimasti lì in mezzo per passare una nottata romantica! Perciò Kurtney, vedi se la prossima volta ci pensi tu a quello che dici!"
Lasciò sua sorella in mezzo all'ingresso e corse nella camera degli ospiti. Accese la lampada e si accorse che il letto era ben fatto come l'aveva sistemato quella mattina. Sergio dormiva con loro. Le sfuggì un sorriso al pensiero che Kurt e Dav volessero approfittare del nipotino per fare un po' di pratica. Erano adorabili e se pensava alla famiglia che si stavano costruendo, si sentiva felice. Aveva sempre voluto che sua sorella trovasse l'amore, a dispetto di quello che diceva e pensava, al riguardo.
Il giorno dopo si alzò presto. Meg avrebbe avuto molto da fare, considerando che doveva ultimare i suoi bagagli e preparare la valigia di Sergio. Giacché avrebbe avuto modo di riparlare con sua sorella e scusarsi. Non si sarebbero più viste poi, perché lei nel pomeriggio sarebbe partita, e Kurtney avrebbe finito il turno in ospedale, quando lei e il bambino sarebbero stati già via. Inoltre, sarebbe dovuta andare in un ultimo posto. Doveva vedere un'altra persona...
***
"No, il solletico no! Dai, mamma!" Sergio si portò le coperte sul viso e si premette il cuscino contro le orecchie. "Su, è ora di alzarsi, dormiglione. La zia e lo zio sono già andati al lavoro da un pezzo e non gli hai nemmeno salutati!" "Uffa!" si lamentò mettendo il broncio. "E se non ti svegli, rischi di non salutare neanche zio Dave, quando arriva" "d'accordo." Almeno era riuscita a metterlo giù. Sergio si lavò il viso, poi intanto che faceva colazione, Meg sistemò il suo divano letto e cambiò le lenzuola del letto matrimoniale, dove era stato il piccolo. Mise i capi nella lavatrice e raggiunse Sergio in cucina. Era ancora seduto su uno dei quattro sgabelli e stava finendo il latte con i gomiti sulla penisola. Ne spostò uno e si sedette di fronte a lui. Mise i cartoni animati sul televisore, tanto per prendere tempo. Aveva un po' d'ansia, poi sputò il rospo.
"Sei preoccupata, mamma?"
"Va tutto bene, tesoro. Senti, la mamma deve parlare con una signora stamattina, che ne dici se ti lascio un'oretta con papà?" "Oh si! Camro! Evviva, evviva!" "Okay, okay, ho capito che sei contento, ma sta calmo. Finisci il latte e poi ci vestiamo". Si sorrisero e tirò un sospiro di sollievo: il primo passo era andato a buon fine.
"Megan? Che ci fai qui? Dovevate partire... è successo qualcosa?" Cameron era fuori sul cancello. Meg guardò oltre le sue spalle. Il giardino era immenso e pieno di piante, ma sembrava che lui fosse solo. "Si, infatti. Partiamo più tardi. Sono venuta per portarti Sergio... e poi..." abbassò lo sguardo sulle sue scarpe. "Ehi?" "Ecco... Victoria è in casa?" "Mi-mia moglie, dici?" "Conosci qualche altra Victoria?" "Meg, Megan ne sei sicura? Vuoi vederla davvero? Perché?" "Per favore Cameron, fammi parlare un po' con lei" "Dio... voi due mi farete uscire pazzo". Megan rise e gli accarezzò una guancia. A quel gesto la sua espressione si addolcì. "Va bene entra. Ma sii cauta. Sbraita con tutti e ogni giorno ha un'aria diversa. Non so che effetto le farà vederti, spero non tanto brutto." Meg annuì e lo sorpassò. Quando Cameron rimase solo, Sergio sbucò dal taxi. Gli corse incontro, contagiandolo con la sua allegria e lo abbracciò forte. "Ciao, campione!" "Ciao papà!" "Cosa? Come hai detto Giogiò?" Sergiò si rabbuiò un istante. Cam deglutì faticosamente. "Ripetilo amore mio, ripetilo!" lo strinse più di prima, senza più riuscire a trattenere le lacrime. "Papà? Non l'ho detto mai. Scusa" "ma che dici, Sergio, hai detto la parola più bella del mondo. Piccolo mio! Papà non ti lascerà mai più, sai? Ti amo così tanto!" scompigliò i suoi capelli ricci e gli tempestò la testa di baci. Non si era neanche accorto di essersi inginocchiato. Si rialzò e si voltò. Megan era rimasta immobile a metà tragitto, per quanto aveva sentito. Si sorrisero con una complicità inestimabile e Cameron notò che anche gli occhi di Megan erano velati di commozione. Nessuno parlò per quei secondi che parvero anni, era come se tutto si fosse messo al posto giusto, come se tante caselle avessero trovato l'incastro perfetto. Il clacson del taxi tuonò due volte, spezzando quell'incantesimo. "Arrivo!" urlò Cam al tassista. "Vado io". Cameron prese per mano il piccolo e andarono a pagare la corsa. Megan guardò la grande casa difronte a sé, poi prese un'immensa manciata di coraggio e spinse la porta di legno semi aperta. Entrò e cominciò a chiamarla. Victoria non rispondeva, ma Cam non le aveva detto che non c'era. Imbarazzata e a disagio, aprì le porte di alcune stanze ed infine la trovò nella nursery a giocare con Cassandra. Bussò anche se la porta era aperta, segno che aveva sentito le sue urla, ma non voleva vederla. "Ciao... posso? Io, io vorrei parlare con te" "con me? Cosa dovremmo dirci? Sei venuta per fingere di poter essere mia amica?" "Non mi permetterei mai! E tu devi essere Cassandra, non è vero? Il tuo papà ti vuole molto bene, Cassie". La piccola annuì timidamente, alternando i suoi occhioni, da sua madre a Megan.
Silenzio.
"Cassie, perché non esci in giardino? c'è Cameron e potrebbe presentarti il mio bambino. Avete la stessa età, magari andrete d'accordo. Che ne dici?" "Smettila di parlare tanto generosamente con lei. È mia figlia! È l'unica cosa veramente mia! E tu Cassie, non provare a sentire questa donna! Non ti darò il permesso di stare con gli sconosciuti! Anzi, vai sul lettone della mamma, puoi prendere le barbie e giocare finché non mi sarò liberata dal disturbo" disse guardando Megan in cagnesco. Cassandra le sfilò accanto, uscendo con una bambolina di stoffa stretta al petto.
"I bambini non si trattano in quel modo. Mio figlio è un bambino normale!" Victoria sputò una risata sprezzante. "Chi sei tu, per venire a dire a me come si crescono i figli? A ciascuno il suo. E ognuno li alleva a modo proprio."
Povera bambina allora, si guardò dal non dire Meg. Non l'aveva ancora vista. Victoria si era girata di spalle, verso la finestra, appena lei era entrata.
"Facciamola breve, ti prego. Cosa vuoi?" le chiese voltandosi. Il fiato le rimase il gola. Aveva il viso completamente sfregiato sul lato destro.
"Come stai?" "Vuoi farmi credere che t'importi?" "Victoria, per favore. Possiamo parlare civilmente?" "Cameron, mio marito si è drogato per mesi e mesi e mesi, a causa tua! Voleva eliminarti dalla sua mente, perché non c'ero io. E dovevo esserci io. Almeno perché ero sua moglie. Per colpa tua prima di tutto, e per colpa sua poi, io mi ritrovo in queste orrende condizioni. Per colpa vostra e del vostro amore capriccioso, infantile, assurdo, ho rischiato la vita. Ho perso la mia sicurezza, la mia bellezza... il mio nuovo posto di attrice!" No, non lo stava facendo davvero. La stava umiliando senza farsi problemi, con una naturalezza quasi stesse raccontando la sua giornata. Però era vero, erano loro il motivo di tutte le sue sofferenze. Non era giusto; tuttavia se l'era cercata pure lei. Ha sempre saputo che Cameron non la sposava per amore, ma per dovere. E se il matrimonio era pure naufragato, non doveva stare lì a stupirsene. Ma era evidente che la odiava e che oramai odiava anche lui. "Mi ha sparato un colpo sull'omero e grazie a Dio me la sono cavata con un intervento. Ma la mia faccia... per la mia faccia non basteranno centinaia di operazioni per farla tornare come una volta... e se prima, di buono avevo solo l'aspetto fisico, be... ad oggi non mi è rimasto più niente. Mi dispiace Megan" chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire le lacrime, ma riprese. "Mi dispiace, ma ho un cuore marcio. Sono egoista, sono... ma amo Cassandra. Non ho mai amato nessuno quanto mia figlia" "lo so Victoria, però tu puoi essere molto di più. Non solo con lei, puoi essere una vera donna con chiunque. Non esistono scuole o regole per cambiare, per migliorarsi. Se solo te ne fossi resa conto prima, non ti troveresti in queste condizioni. Non dire che è solo colpa nostra, a questo punto sai che ne hai anche tu. Io non volevo portarti via Cam..." "Cam... già. Sei ancora innamorata di lui, vero? Non cercare di mascherarlo" "n-no, che dici, con lui è una storia impossibile. Mi sono creata una vita ormai, forse addirittura mi sposerò. Ma lui resterà in eterno il mio primo amore, la persona che mi ha ferito più di tutti, il film della mia vita e il padre di mio figlio. E per quanto lo odi e lo ami, rimarrà inciso dentro di me, per sempre." "Perdonami, che stai dicendo? Cameron, tuo figlio... di che stai parlando?" "C-Cameron non te l'ha detto?" "Ecco perché. Perché era assente, irascibile, distante, confuso..." "mi sa che ho corso troppo Victoria. Scusa. È meglio se parli con lui allora. Scusami ancora e... rimettiti. Ciao." Megan corse praticamente via dalla cameretta, componendo subito il numero di un taxi. Strappò Sergio dalle braccia di Cameron che gli stava spiegando alcune cose sugli insetti. "Dobbiamo andare Giogiò, ciao Cameron, ci sentiamo" "Megan, ma che ti prende? Aspetta!" Ma lei si era messa a correre verso l'uscita. Sospirò, mettendosi le mani tra i capelli, poi pensò a Victoria. Che si erano dette?
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Nero Profondo
RomanceNero, é il colore degli occhi di Cameron Rubini. Nero, come il suo cuore, il suo carattere a volte arrogante, altre passionale. Un uomo con una corazza dura, impenetrabile, indecifrabile. Nero, come la sua risata. Nero, come il suo passato. Per col...