51. MALEDETTA Bugiarda

1K 53 6
                                    

Cameron Rubini era andato a trovare Megan per ringraziarla. E chi si era trovato davanti? Una piccola versione di lui, mischiata a quella di Meg.

Era suo figlio, quel bambino? 

Si accovacciò alla sua altezza e gli prese delicatamente una manina.

"Ehi piccoletto, dì un po', quanti anni hai? Sono un amico della mamma, sai?"

"Quattro". Rispose lui timido, mostrandogli cinque dita. Cameron rise appena, trafitto al contempo da un dolore indescrivibile.

Era suo figlio senza alcun dubbio.

Megan era arrivata all'ingresso e lo guardò con occhi terrorizzati. Appoggiò una mano sulla spalla di Sergio e dopo lunghi secondi di silenzio, gli disse di andare a giocare in camera loro. Lui, felice e soddisfatto, scivolò tra loro due e corse per le stanze, simulando il verso degli aeroplani.

Era fissato con quelli, pensò per un attimo Meg. Difatti diceva spesso di voler diventare un pilota.

"Non dovevi presentarti."

"Ovvio! Lo immagino! Ero venuto solo per ringraziarti e informarti di Victoria ma... direi che abbiamo altro di cui dover discutere, o pensi che sia uno stupido?"

"Sapevo che saresti andato fuori di testa, Cam! Non volevo che questo momento arrivasse! L'ho fatto per giuste cause, devi capire! Non ti avrei mai negato l'evidenza, ma non potevo neanche venire a dirtelo!"

"Ah no? E perché, eh? Perché! Che cazzo dovrei capire poi? Che sei una maledetta bugiarda!?"

Le lacrime di Megan si trasformarono in singhiozzi quando lui prese a trattarla con disprezzo. Quello sguardo quasi di odio non lo vedeva da secoli ormai, avendolo sostituito con un amore divenuto sincero da parte di Cameron. I pensieri si bloccarono all'istante, quando un pugno esplose sulla porta di legno, che si mosse all'impatto violento. Non era niente. Se avesse potuto rompere qualcosa, avrebbe fatto fuori una casa intera, ma quella non era nemmeno casa di Meg e poi c'era il bambino. Si voltò respirando pesantemente. Megan immobile sull'uscio come se fosse congelata. Lui sbattè la testa sulla parete bianca di fronte e tentò in vari modi di ritornare in sé. Quando fu più calmo, la fronteggiò nuovamente e le prese i polsi, senza però applicare troppa pressione. Con lo sguardo la trafisse.

"Dammi. Ogni. Diritto. Per. Vedere. Mio. Figlio." Scandì furioso.

"E dire a Pet che il padre di suo figlio è tornato?" riuscì a rispondere.

"Non è un mio problema! Non sono gli altri il problema! Sei tu, Megan, lo sei sempre stata! Dannazione! Almeno glielo hai detto, che non è suo..."

"Non solo perché quando ci siamo conosciuti ero già incinta. Non sarei stata capace di mentire. Non sono nemmeno bugiarda fino a quel punto! Ma lui... lui lo ha accettato lo stesso! Lo ha cresciuto giorno dopo giorno come se fosse il padre biologico. Si, perché lui mi ama da impazzire, mi ama davvero! E io non posso fargli questo!"

"Questo casino però lo hai fatto con le tue mani e tu non puoi venirmi a chiedere così di restare a guardare con le mani in mano! Ti rendi conto? Ho due figli meravigliosi e ho sempre vissuto nell'inganno di essere il padre solo per uno. Capisci che vuol dire? Ho sofferto come cani giorno e notte, Megan! Perché credevo che fossi incinta di un altro! E significava una cosa soltanto." Si fermò e quando riprese non urlò. "Che ti avevo persa per sempre. Che era definitivo." Avanzò e le prese il viso in una mano. "Gli hai dato il cognome di quel pezzo di..."

"No! N-no... il mio..."

La lasciò e indietreggiò come se un grosso blocco gli stesse crollando dal capo e dalla schiena. Si mise a piangere e prese a ringraziare il suo dio.

"Almeno lo hai reso in parte anche figlio mio" disse. Megan uscì sul pianerottolo e si fiondò per abbracciarlo.

"Non volevo che si complicasse tutto, ma all'epoca abbiamo fatto troppi sbagli, Cam... mi dispiace, ma... sei stato tu, lo sbaglio. Non potrei mai incolpare Peter per essere arrivato, perché mi ha salvata davvero, mi ha... resa felice, in questi anni e.. e io, io..."

"Shh... ti prego è abbastanza già tutto questo. Tu non hai mai voluto capire che per quanto sbagliati potessimo essere, eravamo anche i più giusti sulla faccia della terra. Non l'abbiamo voluto. Non fino in fondo. Ma è una responsabilità che dobbiamo assumerci solo noi due."

Cameron le spostò i capelli dal viso e trattenne qualche ciocca tra le mani per stringerla. Gli mancava lei, gli mancava sentirla sotto le dita.

"Non sono capace di tradire". Sussurrò debolmente all'orecchio di lui.

"Allora non mi ami abbastanza. Perché io tradirei chiunque, pur di averti anche solo tra le braccia. E se avessi saputo in tempo di... del bambino, io... sarei stato felice nonostante Victoria, il matrimonio, Ruan... tutto. Non avrei neanche cominciato con... si." Si toccarono fronte con fronte e Megan gli disse che allora era già difficile tra loro e poi lui si sarebbe sposato. Non voleva complicare la sua drammatica realtà, dicendogli che aspettava anche un figlio.

"Ma proprio lui avrebbe calmato la mia tempesta! A proposito... non so neppure come si chiama". Prima di abbassare lo sguardo, lo guardò, per poi mugugnare piano. "Sergio".

L'espressione nello sguardo di Cameron si allargò e Megan ci vide un orizzonte. Una speranza. Una possibilità che qualcosa potesse ancora aggiustarsi.
Perché potevano litigare, offendersi, prendersi a pugni oppure a morsi, ma amore o non amore, nutrivano un sentimento che faceva parte di un'altra era, di un altro vocabolario, di un altro mondo e, probabilmente, di un'altra lingua. E se l'amore può essere distruttivo, odiarsi, li aveva aiutati a difendersi. 

   

Nero ProfondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora