Peter Michels era un uomo legato al lavoro come tutti gli uomini. Ma a differenza di molti, riteneva la propria donna, il pensiero principale. Non era uno di quelli sdolcinati e nemmeno uno scorbutico e dall'aria autorevole. Non decideva mai nulla da solo, facevano le scelte insieme, parlavano di tutto, e il loro rapporto era basato sulla fiducia e la libertà reciproca. Lui le aveva sempre lasciato gli spazi che le servivano, ma sentiva dentro di lui di aver esagerato forse, per questa volta. La sua mancanza da ormai tre settimane, lo facevano sentire trascurato, un po' l'ultima cosa da dover fare a fine giornata. Gli telefonava quando poteva e non conoscendo i suoi turni di lavoro, lui la cercava ancor più di rado di lei. Il tutto assomigliava a un distacco. Non voleva dubitare di Meggy, ma davvero era solo il lavoro ad assorbirla? Era arrivato a pensare che no. Gli sembrava troppo. C'era altro, sotto?
Poteva avere un amante?
Ma che diavolo credeva? Stava impazzendo! Però quei dubbi non potevano ucciderlo. Cercò nei cassetti in camera da letto, nelle scatole di scarpe, dove teneva i cosmetici. Ovunque. Ovunque per trovare niente.
Visto, Michels? Sei un povero stupido. Megan ti ama più di quanto non dimostri.
Accese il portatile di Meggy per contattarla via skype. Sentirla lo avrebbe fatto stare meglio. Il suo pc era scarico e il cellulare gli risultava scomodo. Appena lo avviò, centinai di e-mail invasero lo schermo. Ce n'erano di tutti i tipi: da quelle riguardanti l'agenzia a quelle delle sue amiche. E poi una di sua sorella, risalente al giorno prima della partenza, non letta e senza risposta. La aprì e visualizzò per prima il messaggio precedente. Le aveva scritto Meggy.
'Kurt hai letto i giornali? Non si parla che di Rubini! Dicono che stia in un giro e sua moglie sia stata rapita! Non fa altro che crearsi problemi, quello stronzo! Ascolta, dimmi che posso venire un po' a stare da voi con Sergio. Devo trovarlo, Kurtney. E devo parlargli! Si, al più presto. Ha bisogno di soldi e con la mia parte d'eredità potrò dargli una mano. Forse non è quello che si merita, però devo farlo per mia coscienza. È il padre di mio figlio ed è colpa di sua moglie se non è felice... comunque parliamo meglio quando vengo, stasera prendo il primo aereo disponibile e domattina sarò da voi. Ti ringrazio in anticipo. Ah, ovviamente Pet non dovrà sapere niente. Non voglio farlo stare in pensiero inutilmente. Troverò una scusa. A domani e perdona la mia improvvisata. Buonanotte.'
E no, era troppo, ovvio. Cosa fece? Agì d'istinto naturalmente. E se in un primo momento era rimasto pietrificato sulla sedia in uno stato di shock, adesso era scattato in piedi e aveva scaraventato il pc per terra, senza dar conto alle sue azioni.
Uscì di casa senza meta e decise di fermarsi poi in un bar frequentato prettamente da gente ubriaca. Si fece dei whisky e cola, andando giù pesante sempre più. Non era del tutto ubriaco quando rincasò.
Era la sua Megan eppure non lo era mai stata veramente.
Apparteneva a quel coglione, come appartiene la musica a un cantante. Come l'alcol a un ubriaco. E come suo figlio a quello lì.
Era tutto suo, porca puttana!
E non poteva fare niente. Niente!
Ma no, non si gioca in amore e lui gliel'avrebbe fatta pagare. Ora si chiedeva: come?
Qualche foto strappata e pezzi di vestiti sparsi in ogni stanza. Si trovava in questo scenario pietoso, due ore più tardi, Peter Michels. Aveva espresso un odio fuori controllo per quanto aveva scoperto. Se per molti versi Megan l'aveva salvato, aveva scelto arma e modo peggiori per farlo affondare.
Non le avrebbe mai fatto del male, ma voleva ferirla nell'orgoglio. Non ci aveva pensato due volte: aveva preso le forbici da sarta in mano e le ante del loro armadio, spalancate. Aveva cercato tutti gli abiti che lui le aveva regalato e li aveva ridotti in stracci. Valevano soldi eppure in quel momento voleva solo vendicarsi. Come aveva potuto essere tanto stupido? Come aveva potuto fidarsi tanto ciecamente? Come aveva potuto lei, tutto questo?
Svuotò le cornici contenenti le loro foto e le strappò. Unì i pezzi a quelli di stoffa, come se potesse farne una minestra e li sparse in ogni corridoio.
Non se la sentiva neppure di trascorrere la notte, in quella casa che conteneva tutte le sue bugie. Quella casa ormai era sua complice. Fece i bagagli e prenotò in un albergo in centro.
Con la vista annebbiata dalle lacrime, non vedeva più chiaramente. Le luci delle auto lo accecavano e la sua auto sbandava il più delle volte.
Come hai potuto prenderti gioco della mia comprensione? Del mio amore? Della mia fiducia? Ho accettato un figlio non mio, vi ho presi con me, pensavo addirittura di sposarti! Come faccio adesso a doverti odiare?
Sferrò tre pugni sul manubrio provocando il suono del clacson. Schivò le prossime due macchine sulle quali aveva rischiato di andare sopra, intanto che i ricordi avanzavano, consumandolo. La prima cena che li aveva visti incontrarsi, la loro prima volta a cavallo, la prima volta nel loro appartamento, la prima notte con Sergio, il primo litigio... erano pieni di prime volte. Lo schermo del cellulare s'illuminò e vibrò sul cruscotto. Aprì la telefonata di Megan camuffando al meglio la voce arrochita di rabbia e pianto."Ciao amore, tutto okay? Scusa se mi faccio viva a quest'ora, ma Giogiò finalmente è crollato"
"ehi, si, diciamo... sono stanco e ho un po' di febbre, perciò stavo andando a letto"
"oh, cavolo! Va be volevo dirti almeno che dopodomani torno"
"d'accordo, a domani. Notte."
Sperava di non essersi fatto sentire abbastanza strano.
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Nero Profondo
RomanceNero, é il colore degli occhi di Cameron Rubini. Nero, come il suo cuore, il suo carattere a volte arrogante, altre passionale. Un uomo con una corazza dura, impenetrabile, indecifrabile. Nero, come la sua risata. Nero, come il suo passato. Per col...