64. SE Ci perdessimo

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Megan finì il turno e conservò alla buona i documenti nel cassetto. Prese in braccio Sergio e spense la lampada da tavolo. Era già buio e faceva freddissimo fuori. Attenta a non svegliarlo, gli infilò sciarpa e cappotto, dopo aver fatto lo stesso lei, e chiamò un taxi dal telefono dell'ufficio, prima di chiudere tutto. Era rimasta sola, nell'edificio. La verità era che stava solo cercando di perdere tempo, con quel progetto. Ormai sapeva che avrebbe ripreso per bene l'indomani, ma era rimasta mezz'ora oltre l'orario di chiusura, casomai Pet fosse tornato a prenderli. Non ci era andato. Sospirò ripensando al litigio di qualche ora prima. Naturalmente, quando Giogiò era tornato dal bagno, aveva chiesto di lui, e Megan si era inventata che aveva avuto un imprevisto e non sarebbero potuti andare né al parco, né in palestra. Povero bambino, era quello che ci rimetteva più di tutti, in quella situazione maledetta. Quando arrivò a casa, portò Sergio direttamente in camera, gli tolse il cappotto ormai velato di neve e la sciarpa, lo mise sotto le coperte e accese la lampada aranciata, a forma di pianeta. Peter gli aveva perfino attaccato la carta da parati sul soffitto. Era blu con delle stelline gialle a simulare il cielo infinito. Scappò letteralmente da quella stanza e dai ricordi soffocanti, sistemò i suoi indumenti nell'armadio della sua camera, e scese di sotto. Si fece una doccia e s'infilò un paio di leggins e una canottiera a maniche corte: non voleva ancora preparare la cena, perciò inserì un cd di musica rilassante nel lettore sotto il tv e si mise in posizione sul tappetto del salotto vuoto. Almeno in casa, l'aria era calda per via dei riscaldamenti che aveva impostato in accensione automatica. Iniziò a fare pilates contorcendosi e svuotando la mente. Con gli occhi chiusi, inspirava ed espirava, accompagnando ogni volta un movimento diverso e più intenso. Sussultò quando il citofono suonò. Era sudata, arrossata e rilassata dalla terapia che stava svolgendo. Si era immersa così profondamente, da essersi fatta prendere dai benefici che solo quello sport riusciva a regalarle. Ma che ora erano? Le nove e dieci! E non aveva neppure cucinato per Sergio!

"Chi è?" "Peter. Stavi dormendo?" "Pet! No, no, facevo esercizio e mi hai anche fatto prendere un colpo. A dire il vero, non..." "non mi aspettavi più, immagino". Invece che continuare quel dialogo così, schiacciò il bottone e Peter si intrufolò appena la porta si aprì. Forse era diventata emotiva sotto gli effetti del pilates, perché quando lo vide, lo abbracciò e scoppiò in un pianto sommesso. In un primo momento Peter era rimasto immobile, poi le aveva messo un braccio intorno alla schiena.

"Ehi" sussurrò cauto "va tutto bene?"

"No, Peter, no! Non va dal momento in cui la terra ha cominciato a mancarmi da sotto i piedi! Ma tanto non lo capisce nessuno!"

"Calmati Meggy, ti prego, non fare così!"

"Andrea, Kristin, Kurtney, chiunque dice che è solo una crisi passeggera, ma la verità è che ho distrutto ogni cosa, è solo colpa mia! Stiamo ancora insieme io e te, e invece sembriamo due divorziati, da come ci trattiamo!"

Peter le baciò i capelli, la guancia e quando Megan si scostò, le loro labbra finalmente si incontrarono. All'inizio fu un bacio incerto, lento, sfiorato. Poi le lingue cominciarono a cercarsi con urgenza, passione, decisione. Pet le toccò le spalle, i fianchi... e a quel punto perse il controllo. Le sfilò la maglietta e Megan gli slacciò i primi bottoni della camicia. Fece volare la giacca dall'altro lato della sala, senza mai staccarsi, ma quando armeggiò con la cintura per liberarlo, Pet si bloccò.

"Che stiamo facendo, Megan..." si pulì le labbra e si allontanò di un passo.

"Scusami, io... mi sono lasciata prendere dalle emozioni. Peter, dimmelo. Sono ancora la tua fidanzata?"

"Dovresti tirare i conti con te stessa. E se mi hai mentito per riappacificarti con Rubini, se hai fatto quello che hai fatto per riprendertelo, se... se sei stata a letto con lui... no."

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