POV Maurizio
Ci incamminammo in silenzio lungo le strade di Cagliari ancora piene di gente. Debora inciampò appena sui suoi passi, e si aggrappò con una mano alla mia giacca, mentre io le circondavo la vita con un braccio per darle più stabilità, sebbene anche la mia non fosse molta.
"Sono stata davvero maleducata" disse piano con lo sguardo fisso a terra, fissandosi dietro all'orecchio una ciocca di capelli che le era scivolata sul volto.
"Ex ragazzo?"
Alzò su di me uno sguardo sorpreso.
"Come lo hai capito?"
"Chiamalo intuito," risposi, evitando di farle notare quanto la cosa fosse stata ovvia. "È stata così brutta? La rottura."
Arrivati ormai di fronte a casa sua, Debora si bloccò sui suoi passi, con lo sguardo altrove. Mi fermai anch'io, rimanendo ad osservarla, inquieto, senza sapere bene cosa aspettarmi o se volessi davvero venire a conoscenza dei suoi trascorsi con un ex che aveva l'aria di essere stato importante. Per qualche motivo, il mio stomaco si contrasse in tensione a quel pensiero.
"È stata la mia prima storia importante" sospirò, appoggiandosi all'indietro contro il portone.
Calò un attimo il silenzio, nel quale Debora tornò a cercare il mio sguardo. Esitò un istante prima di annuire in risposta.
"Eravamo ragazzini, ed era tutto così facile, così bello."
Si interruppe di nuovo, ed io mi sentii attanagliare da una spiacevole sensazione.
"È durata un anno, poi sono iniziati i litigi e quindi ho deciso di rompere..." proseguì lei, stringendosi le braccia al petto per ripararsi da una folata di vento freddo.
Di fronte a quella sua espressione sinceramente dispiaciuta, dovetti sforzarmi pur di trattenere il sorriso spontaneo che avrebbe rischiato di tradire l'inspiegabile sensazione di fastidio.
"È difficile lasciare qualcuno." mi disse decisa.
"Credi che esista un modo delicato?"
Scrollò le spalle e scosse la testa. "Non se lo meritava."
"Beh, ti direi che mi dispiace ma ..." mi avvicinai e la circondai con le braccia attirandola verso di me per lasciarle un bacio sulle labbra, che tornarono a curvarsi in un leggero sorriso, prima di sussurrarle malizioso, "... non è così."
/ /
Andare in camera, al buio e sotto la guida inaffidabile di Debora, aveva finito per rivelarsi un'impresa più ardua del previsto. Così come l'intento di fare poco rumore, andato a farsi benedire nel momento in cui avevo urtato il ginocchio contro un mobiletto sbucato dal nulla ed imprecato sottovoce, mentre Debora mi trascinava in camera con una risatina soffocata.
Durante tutto il tragitto, la mia bocca aveva a malapena lasciato la sua. E non lo fece neanche una volta arrivati, o quando si aggrappò alla mia felpa per tirarmi più vicino, facendo nuovamente perdere l'equilibrio ad entrambi e scaraventando qualcosa a terra nel tentativo di allungare una mano all'indietro verso la scrivania per ritrovare un minimo di stabilità.Debora ridacchiò ancora, e la vibrazione di quella leggera risata mentre le passavo le labbra lungo il collo avrebbe facilmente potuto essere classificato come il più bel suono che avessi mai udito. Mi prese il viso tra le mani e lo riportò con un urgenza verso il suo, dove tornai ad assaporare il retrogusto del prosecco dalle sue labbra, nel mentre che lei mi sfilava la felpa. Tutto il resto fu un insieme di mani irrequiete, di passi malfermi e incespicanti verso il letto, sul quale crollammo in un disordine di braccia e gambe intrecciate, e di vestiti tolti a metà.
La aiutai a liberarsi del tutto dei pantaloni, facendo scorrere le mani lungo le sue cosce e fremendo impaziente al contatto con la sua pelle così calda sotto alle mie dita. Inginocchiato tra le sue gambe, le baciai il ventre appena sopra l'orlo delle mutandine, risalendo verso l'alto, accarezzandole i fianchi nello sfilarle la maglietta e poi nel cercare l'apertura del reggiseno sulla schiena.
Potevo sentire la pelle d'oca spuntare e rabbrividire sotto la mia lingua, mentre lambiva e provocava il suo seno, dal quale le sue dita saldamente intrecciate nei miei capelli non mi avrebbero permesso di allontanarmi neanche se avessi voluto.
Un sospiro più alto degli altri mi riportò un briciolo di lucidità sufficiente a farmi ricordare di non essere soli in quella casa. Portai una mano sopra la sua bocca per invitarla a fare piano, ma come Debora prese a baciarla, facendo scivolare le labbra sensualmente lungo il bordo delle mie dita, anche io persi la testa. Completamente.
Portai il viso alla sua altezza, proprio mentre lei lasciava andare le mie dita sfiorandone la punta con le labbra socchiuse, con gli occhi nei miei, e rimasi senza fiato, e incredulo, di fronte all'idea di essere abbastanza fortunato che lei, così bella e così perfetta, fosse anche così straordinariamente sconsiderata da essere insieme a me.
Mentre lottavo con quel pensiero, e le parole che potessero esprimerlo, quel suo "Ho voglia di te" mormorato appena mi portò a desiderare che lo intendesse davvero. E mentre mi guidava dentro di lei, mentre mi muovevo per darle piacere, mentre la sentivo venire affondando le unghie nella mia schiena ... in quei momenti, compresi che davvero la amavo, e che ero fottuto.
Lo scompiglio interiore che mi provocò quella realizzazione, mi rese impossibile riuscire a prendere sonno.
Nella penombra, guardai Debora, mentre giaceva ancora nuda su un fianco con la schiena contro il mio petto, tranquillamente assopita tra le mie braccia. Approfittando del fatto che non le avrebbe udite in ogni caso, forse quello sarebbe stato il momento giusto per dirlo anche a parole.
Ma, prima che potessi farlo, la sentii muoversi appena e farfugliare in modo poco distinto il mio nome.
"Debbi?" sussurrai incerto in risposta, incapace di stabilire se fosse ancora addormentata oppure no.
Lei proseguì, con la voce impastata dal sonno e dall'alcol.
"Per quel che vale, non credo a una parola di ciò che dice Camilla su te e Laura."
Sentii la gola inaridirsi e mi irrigidii di colpo, mentre un ben altro genere di realizzazione prendeva immediatamente il sopravvento, colpendomi dritto nello stomaco e facendo un male cane.