POV DeboraQualcosa non andava. Lo avevo saputo nell'attimo in cui, dopo essermi svegliata, avevo realizzato che Maurizio non aveva dormito qui. Con me.
Riprovai a chiamarlo ma niente, il telefono era ancora staccato. I casi sono due: o sta da Nicola o da Ignazio, ma immaginai fosse dal primo, così in fretta e furia mi feci una doccia e mi preparai.
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Confusa e preoccupata, fissavo la porta dell'appartamento di Nicola, inspirai profondamente ed iniziai a bussare insistentemente.
"Mauri, lo so che sei lì!"
Aprì la porta di scatto, ed io mi bloccai con la mano ancora alzata a mezz'aria, pronta a sferrare l'ennesimo colpo, di fronte allo sguardo indecifrabile con cui mi osservava in silenzio fermo sulla soglia.
Una strana sensazione di distanza, alla quale non ero abituata, iniziò ad aleggiare nell'aria, negli interminabili secondi che passarono prima che uno dei due proferisse parola, portando tutti i sentimenti contrastanti che mi avevano condotto lì a confluire in uno solo: rabbia.
"Perché sei sparito?" gli domandai stizzita spintonandolo contro il petto abbastanza forte da coglierlo alla sprovvista e farlo vacillare leggermente all'indietro, "Ti ho chiamato decine di volte!"
Si ricompose dal suo attimo di momentanea sorpresa provocato dalla mia sfuriata e scrollò le spalle con fare apparentemente molto disinvolto.
"Avevo il telefono scarico."
Entrai nell'appartamento e gettai una veloce occhiata intorno
"Allora? Si può sapere perché ieri notte non sei tornato a casa? Potevi avvisare. Non è da te." chiesi, facendo del mio meglio per non tradire troppo l'agitazione nella mia voce, evitò il mio sguardo, e rispose nello stesso tono indifferente."Ti ricordo che sono un rapper, abbiamo tanto lavoro da fare."
"E non potevi almeno mandare un messaggio?..." proseguii quasi in preda ad una crisi isterica, che Mauri ignorò voltandomi le spalle.
"Forse."
Continuai ad osservarlo scioccata, senza capire.
"Mauri ..." lo chiamai, incapace di credere al suo repentino cambio di atteggiamento. "Che succede?"
Una sottile, ma veloce realizzazione mi attraversò la mente "Si tratta per caso di Laura?"
Si bloccò all'istante, ed una smorfia per un attimo interruppe la sua facciata di indifferenza.
"Cosa te lo fa pensare?"
"Quando stavamo ad Olbia eri molto turbato, ma ho voluto lasciare perdere, e ..." incoraggiata da quello spiraglio, mi avvicinai a lui con decisione e lo afferrai per un braccio, costringendolo a voltarsi verso di me, "Mauri, puoi parlarmene, io non-"
"Vuoi parlare di Laura?" replicò in modo secco, mentre per la prima volta in quella discussione riuscivo ad incontrare il suo sguardo e a notare come fosse particolarmente inquieto e combattuto. "Allora parliamone!"
Allontanò subito l'ombra che per un secondo gli attraversò lo sguardo con un'altra scrollata di spalle."Ascolta ... So che stavate insieme da tanto tempo e so che, è morta perché è andata in overdose e tu non l'hai aiutata, ma-"
"Non avrei potuto aiutarla," mi interruppe in tono asciutto, con gli occhi fissi su un punto imprecisato del pavimento.
E fu allora che lo vidi, tutto il tormento dietro quella parvenza di distacco che continuava così ostinatamente a mantenere, e venni sopraffatta dal desiderio, dal bisogno, di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, per alleviare un po' di quell'affanno.
Colmai di nuovo le distanze e gli presi il viso tra le mani, sollevandolo nella mia direzione e proseguendo con voce rassicurante e un accenno di sorriso, "Vedi?... Non è stata colpa tua."
I suoi occhi vagarono qualche secondo nei miei. Posò una mano sulla mia e la scostò piano dal proprio volto, sottraendosi alla mia carezza, prima di aggiungere a voce più bassa, "Non ho mai detto che non è stata colpa mia."
"Cosa è successo, allora?" domandai stringendomi le braccia al petto, mentre lui si affrettava a mettere di nuovo delle distanze tra noi.
"Cosa ti aspetti che ti dica, Debora?"
"La verità!" sbottai, esasperata dal suo atteggiamento.
"Vuoi la verità?" mi domandò con una smorfia, muovendo un passo verso di me, questa volta con una scintilla rovinosa nello sguardo che mi lasciò sgomenta. "Ecco la verità. La verità è che ti aspetti che ti dica che non c'entro niente, oppure che ti racconti una qualsiasi versione della storia che ti faccia avere un'opinione migliore su di me. Indovina un po'? Non c'è. Anzi, vuoi davvero sapere la verità? Non me ne fregava niente di Laura. Se non fosse morta, adesso non mi ricorderei neanche il suo nome!"
"Stai dicendo che la tua ex ragazza è morta e non te ne importa niente?" replicai a tono, incredula e scioccata.
Si strinse nelle spalle. "Non ha importanza."
"Come puoi dire cose del genere?" insistetti con la voce incrinata e lo sguardo smarrito, "Stai soffrendo. Ti importa, e lo sai!"
"Mi stai sopravvalutando. O semplicemente, non mi conosci bene come pensi."
Il respiro mi si bloccò in gola insieme a qualsiasi altra argomentazione, mentre le sue parole, e il tono tagliente con cui le pronunciò, facevano male come una coltellata.
Mi voltò le spalle nel momento in cui i miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime che ormai non ero più in grado di ricacciare indietro, e senza aggiungere altro si diresse verso la porta. Mi portai una mano sulla bocca per soffocare un singhiozzo, e lui si fermò, con la mano già sulla maniglia.
"Sto uscendo," aggiunse prima di andarsene, "non cercarmi."
/ /
Ero a lavoro, ma ero in pausa, mi versai il caffè e inizia a mescolare il dolcificante, proseguì in quel modo da un minuto intero ormai, con il mento appoggiato sulla mano e lo sguardo assente sul resto della caffetteria.
Ero tornata a Milano solo da un paio di giorni e volevo già riandarmene.
"Uff, quel cliente non la finiva più di parlare," Beatrice scivolò sulla sedia di fronte a me.
Feci un cenno con la testa per assicurarle che non era un problema.
Sospirai. Perlomeno ero contenta che con Camilla avevamo chiarito tutto quanto, alla fine lei l'ha fatto solo per il mio bene.
Presi un sorso di caffè e riportai lo sguardo verso la finestra, osservando distrattamente il traffico di persone lungo le strade.
"Magari mi trasferisco."
"Cosa?" Beatrice era incredula.
"È finita con Mauri."
Beatrice mi guardò con un misto di stupore e dispiacere
"Ah.Davvero? Perché?"
"È...complicato."
"Ha un altra non è vero?" Aggiunse a bassa voce sporgendosi nella mia direzione.
"No, non ha un altra ," scossi la testa, e non riuscii a non farmi sfuggire un sorriso triste di fronte all'assurdità di quel pensiero. "È solo ... lui," finii con un sospiro.
"Sai di cosa hai bisogno?" proruppe Beatrice battendo una mano sul tavolo, ed io scossi la testa in segno di diniego. "Delle tue amiche. E io so esattamente quale potrebbe essere l'occasione giusta."
Guardai con diffidenza il suo sorriso di incoraggiamento, e riflettei che non aveva tutti i torti.
"D'accordo," acconsentii, "Cosa hai in mente?"
"C'è l'inaugurazione di un nuovo locale questa sera, e so che Camilla può farci entrare senza problemi. Balliamo, ci ubriachiamo, che ne dici?"
Mi strinsi nelle spalle e le accennai un lieve sorriso di approvazione.
"Direi che sembra un'idea fantastica."