Non era destino

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POV Debora

"Ci è andato a letto! Ci è andato a letto, ed ha pure avuto il coraggio di dire di non ʿprenderla sul personaleʾ, come se non mi riguardasse, come se non fossero neanche cazzi miei, come se ... riuscite a crederci?!"

Da dietro il sacco nero della spazzatura nel quale stavano riversando i resti della festa della sera prima, Beatrice e Camilla rimasero a fissarmi in silenzio.

Il moto stizzito con cui ero rientrata in casa solo pochi minuti prima, sbattendo la porta e gettando borsa, chiavi e cappotto sul divano ancora sporco di patatine, era ciò che mi aveva attirato, da parte Beatrice, quella semplice, innocente, incuriosita domanda su cosa mi fosse successo, sufficiente a farmi sbottare di nuovo.

Nessuna delle due si azzardò ad aprire bocca, Beatrice tenendo in piedi il sacco e Camilla ancora immobile con in mano una bottiglia vuota di Alcool, sul volto due identiche espressioni disorientate, e forse persino un po' intimorite, dal mio scoppio improvviso.

"Pensavo che fosse deluso," proseguii, senza riuscire a controllarmi, "Pensavo di avergli fatto del male, ma chiaramente sono una stupida! Perché si è consolato in fretta. Mentre io lo cercavo, e mi colpevolizzavo, e mi sentivo uno schifo per averlo ferito, per quello stupido bacio con Manuel."

"E come ha reagito?"

"Si è scopato la ex!" commentai con una smorfia, mentre, improvvisamente sfinita, mi lasciavo cadere a sedere, con le mani abbandonate in grembo, su uno degli sgabelli che circondavano il bancone dell'angolo cottura.

Sospirai e mi appoggiai all'indietro contro il piccolo schienale, riflettendo che forse ero io che mi stavo solo comportando come una gigantesca, imperdonabile egoista. Ok, forse non avevo davvero considerato la possibilità di aver potuto ferire anche Manuelito, e quello era solo il suo modo di farmelo notare, ma ... non potevo farne a meno, Manu era stato l'ultimo dei miei pensieri.

Ciò che mi tormentava era l'espressione inavvicinabile che mi aveva rivolto Maurizio la sera prima, mentre sorpassava sia me che Manu per andarsene; era il modo in cui ogni parola mi era morta in gola, lasciandomi inchiodata sul posto senza la forza di chiamarlo, fermarlo, risolvere immediatamente la cosa.

"Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?", domandai abbattuta verso le ragazze, con gli occhi che iniziavano di nuovo a inumidirsi e la rabbia di soli pochi minuti prima ormai del tutto sciolta in una serie di rimpianti per cui non riuscivo a vedere soluzione, "Che cosa dovrei fare adesso?"

Camilla si avvicinò ed io mi appoggiai contro di lei, lasciando che mi cingesse le spalle con le braccia e posasse il mento sulla mia testa mentre mi suggeriva in tono gentile, "Forse non era destino. Forse ... Forse, dovresti solo lasciar perdere."

***

POV Maurizio

Tamburellai le dita sul tavolo, ero seduto là, in quella stanza spoglia e grigia del commissariato, da almeno un paio d'ore, senza che nessuno si fosse degnato di farmi sapere cosa ci facessi lì o cosa volessero da me.

Ero sul punto di scoppiare, e dovevano esserselo immaginati anche loro. Anzi, come minimo, lo stavano pure facendo apposta.

La porta si spalancò all'improvviso lasciando entrare una donna sulla quarantina, con corti capelli biondi dal taglio maschile e con semplici abiti borghesi.

Ma, ad attirare immediatamente la mia attenzione, fu ciò che intravidi alle sue spalle, nel breve attimo prima che richiudesse la porta: Manuel, di profilo, intento a discutere animatamente con qualcuno davanti ad una scrivania in lontananza.

"Buongiorno, sono il commissario Lisa Gandolfi," esordì la donna mettendosi a sedere con fare sicuro di fronte a me.

Iniziò a sfogliare una delle due cartelle che aveva portato con sé, per leggerne ad alta voce alcuni stralci con aria di eccessivo interesse. "Vediamo. Effrazione di proprietà privata per ... dare una festa nella piscina dell'attico ..."

"E dai!" sbuffai appoggiandomi all'indietro contro lo schienale, "Avevo diciotto anni e un mio amico aveva assicurato che quel posto era ancora di proprietà di sua madre."

Mi ignorò e proseguì, mentre io sbuffavo infastidito.

"Due ... no, tre fermi per guida in stato di ebbrezza, ed un arresto per atti osceni in luogo pubblico per aver ... " si interruppe e sollevò lo sguardo verso di me, aggrottando perplessa le sopracciglia, "... Urinato davanti ad un locale di musica dal vivo?"

"Avevamo un conto in sospeso con il proprietario, e quello era un locale in cui facevo dei live. Ed avevo davvero bevuto molto ..."

"Benissimo," commentò sarcastica, chiudendo infine il fascicolo.

"Adesso posso andare? Ho avuto una notte parecchio movimentata, e ho bisogno del mio riposo di bellezza."

"Movimentata, eh?" congiunse le mani ed appoggiò gli avambracci sul tavolo sporgendosi con aria complice verso la mia direzione.

Stranamente, quella affermazione chissà cosa le fece pensare, e il commissario Gandolfi si assicurò di farmi sapere che mi avrebbe tenuto lì per tutte le 48 ore di fermo che le erano concesse per non perdermi di vista.

Bastardi.

Un'altra cosa che non aiutò fu Manuelito, il quale, come scoprii una volta uscito da quella stanza, era ancora intento a prendersela con chiunque per l'illegalità della cosa.

"Mi scusi, e lei chi è?" gli domandò il commissario che mi stava accompagnando fuori, precedendomi di qualche passo.

"Sono un suo amico, sto cercando di-" lo guardai male, e voltai lo sguardo cercando di evitarlo il più possibile, ma Manuel si avvicinò e mi sibilò a bassa voce, "Per una buona volta, vuoi smetterla di-"

"Di fare cosa??" sbottai infastidito.

"Di comportarti da stronzo!"

"Perché tu davvero credi di essere meglio di me?"

"Sai una cosa?" replicò alzando ulteriormente i toni, e lanciandomi un'occhiata di sfida, "Sì! Almeno io non mi rovino in continuazione con le mie stesse mani!"

"No, infatti!" proruppi con rabbia, "Tu  spari solo giudizi!"

Gli attimi successivi se ne andarono in una macchia indistinta.

Era stato solo uno spintone quello con cui Manuel mi aveva fatto vacillare all'indietro, ma ero una pentola a pressione ben oltre il punto di rottura quando reciprocai con ancora più forza mandandolo a sbattere contro la scrivania alle sue spalle. Prima che chiunque, me compreso, avesse la capacità di rendersene conto, Manuel si era già gettato su di me, con un pugno mi aveva raggiunto al volto ed in risposta si era beccato lo stesso trattamento che ci portò a rovesciarci e colpirci l'uno con l'altro tra lo svolazzare di fogli e documenti che avevamo spazzato via al passaggio del nostro scontro.

A malapena registrai le braccia che tentavano di separarci, nell'ardire di fermare quello sfogo cieco e liberatorio, se non quando Manuelito assestò una gomitata all'indietro al carabiniere che aveva tentato di afferrarlo ed io reagii d'istinto contro l'altro, accorso subito dopo, che stava tentando di assalire e bloccare Manuel.

In un mondo buono e giusto, chiunque avrebbe dovuto sapere che ad immischiarsi in questioni altrui si ottiene solo quel che si merita, ma a quanto pare né la gente in quel commissariato, né le leggi dello stato italiano sembravano pensarla allo stesso modo.

E così, l'offesa "oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale" andò ad aggiungersi alla mia lista.

*

So che è un capitolo noiosetto, ma è solamente di passaggio, ma soprattutto era essenziale ci fosse. Che ne pensate di come si stanno evolvendo le cose?


L'alba || Salmo  (COMPLETATA) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora