Quando Beatrice mi aveva detto che Camilla poteva farci entrare senza problemi all'inaugurazione di una discoteca particolarmente esclusiva, avevo completamente mancato di fare il collegamento tra le due cose. Ennesima dimostrazione di come la mia mente si fosse ormai ridotta ad essere tanto importuna nel suo continuo farmi pensare a lui, quanto inutile quando si trattava di registrare cosa stesse davvero accadendo intorno a me.Beatrice mi aveva già trascinato oltre un primo locale affollato di gente, oltre un energumeno in giacca e cravatta, oltre l'ingresso dell'area vip.
In pratica, oltre il punto di non ritorno.
Molto meno accalcata rispetto allo spazio precedente, ma ugualmente movimentata, la sala dove ci ritrovammo era avvolta in una soffusa penombra di ombre e colori, che sembravano impacchettare l'insieme di divanetti appartatati, ragazze in abiti succinti e bizzarri cocktail variegati come una costosa ed eccentrica carta regalo.
Quando intravidi Camilla in un divanetto ad angolo, adagiata contro Ignazio con le gambe elegantemente accavallate, in un corto tubino ricamato in oro e nero che la stava semplicemente da dio, per un attimo quasi stentai a riconoscerla.
La nostra amica si voltò verso di noi, alzandosi quindi per venirci incontro.
"Sono così contenta che siate venute!"
"Sei uno schianto, Cami," mi complimentai infine.
Camilla sorrise sollevata e si passò orgogliosa le mani lungo i fianchi graziosamente fasciati.
"Ti piace? È un regalo," ammiccò con lo sguardo in direzione di
Ignazio, che da breve distanza alzò una mano in segno di saluto
sorseggiando il suo drink.Aggrottò appena la fronte nel tornare a scrutarmi, aggiungendo con aria dispiaciuta, "Per quanto riguarda Maurizio mi dispiace, avrei preferito non aver avuto ragione."
"Lascia stare, va bene così."
"Fai bene, non ci pensare, hai solo bisogno di divertirti. Andiamo!"
Camilla afferrò con una mano me e con l'altra Beatrice, invitandoci a seguirla e a prendere posto là dove Ignazio continuava ad attenderla. Si sedette di nuovo accanto a lui, che le passò un braccio attorno alle spalle attirandola verso di sé e mi salutò rivolgendomi un mezzo sorriso.
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Avevo perso di vista Camilla da più mezz'ora, mentre Beatrice potevo ancora scorgerla nei pressi del bancone, dove era stata approcciata da un ragazzo al quale non aveva smesso di sorridere per tutti gli ultimi quindici minuti. Mi ritrovai ad osservare l'insieme di umanità disparata e scintillante che si mescolava e si agitava al ritmo della musica, in un vivace spettacolo al quale non riuscivo a fare parte, e ad ammettere di non avere la minima idea di cosa pensassi davvero di fare in quel posto, o del perché fossi ancora lì, seduta in disparte con un cocktail decisamente più alcolico del normale a portata di mano che però non avevo alcuna voglia di toccare.
Mi alzai e sentii caldo così decisi di andare in bagno, dovetti sforzare gli occhi per riabituarmi nuovamente al contrasto tra la luce del bagno e la semioscurità infarcita di tinte variopinte che caratterizzava il resto del locale. Girai nella direzione opposta alla sala principale raggiunsi il bagno e una volta entrata aprii il rubinetto e mi rinfrescai un po'. Mi voltai con un sussulto, quando vidi qualcuno alle mie spalle."Ciao Debora!"
"A-Andreas ... ciao," balbettai spaventata mentre Andreas muoveva un paio di passi nella mia direzione ed io per contro avanzavo verso la porta d'uscita. "Hai sbagliato bagno mi sa..."
Andreas mi si parò davanti per bloccarmi il passaggio con in viso un sorriso appena accennato.
Lo osservai guardinga e al contempo gettando un'altra occhiata verso la porta chiusa alle sue spalle.
"In realtà ti ho seguita" mi confidò inclinando leggermente la testa di lato.
"Ah. Sicuramente è l'alcol che sta parlando per te, scusami ma ora devo andare che le mie amiche mi stanno aspettando, ci vediamo..." feci per muovermi nuovamente verso l'uscita, ma Andreas mi agguantò con un braccio intorno alla vita e mi sospinse indietro.
Istintivamente arretrai diffidente di qualche passo, sottraendomi di scatto al suo tentativo di allungare la mano per accarezzarmi la guancia con il dorso della dita.
"Cosa cazzo stai facendo?" domandai sforzandomi di mascherare l'agitazione nella voce, mentre uno sgradevole nodo mi chiudeva la gola ed il mio sguardo correva di nuovo verso l'uscita.
"Sei così bella," scosse appena la testa tra sé e sé, come se ciò fosse qualcosa di cui non riuscire a capacitarsi, "Non sei come tutte le altre ragazze là fuori, l'ho notato subito, fin dalla prima volta che ci siamo incontrati a quella festa a casa vostra. E davvero, proprio non so cosa ci trovi in lui."
"Senti, io davvero devo-"
Tentai di svicolarmi un'altra volta, ma Andreas ancora mi rigettò all'indietro, contro la parete, con molta più forza di prima, intrappolandomi con il suo corpo eccessivamente premuto contro il mio.
Sentii improvvisamente il sangue pomparmi con violenza nelle vene, mentre lo sgomento iniziava a farsi strada nella mia mente e riuscire ad andarmene da lì diventava il mio primario e unico istinto.
"E lo so che lo hai sentito anche tu." Contrassi le labbra in una smorfia di puro disgusto quando prese a mormorare quelle parole contro il mio orecchio, "Si vede che ti piaccio, ma tu hai deciso di perdere il tuo tempo insieme a Maurizio."
"Non mi piaci per niente," ribattei tagliente in tono di sfida mentre con le mani cercavo di fare pressione per allontanarlo da me.
"Il tuo ragazzo non è qui, Debora ... Puoi smettere di mentire."
Prima che avessi il tempo di replicare nuovamente o di reagire in alcun modo, si scaraventò con impeto sulla mia bocca, le mie proteste completamente soffocate dalla sua lingua che mi invadeva con prepotenza. Pensai di essere sul punto di vomitare quando con una mano mi bloccò i polsi che cercavano di spintonarlo via, mentre l'altra scorreva ad afferrarmi le natiche e poi ad infilarsi sotto la gonna. Con il cervello annebbiato dal panico ed il cuore che batteva sempre più furiosamente, in una reazione di istinto, affondai i denti mordendogli le labbra con quanta più forza potevo.
"Che stronza!"
Il fugace alito d'aria che riuscii ad inspirare quando, per la sorpresa e il dolore, si staccò da me durò solo una frazione di secondo, perché prima che riuscissi anche solo a realizzare cosa stesse succedendo, un dolore acuto alla mascella, dove mi arrivò il suo ceffone, mi tolse il fiato tutto di colpo.
Approfittai di quell'attimo per scappare via e precipitarmi verso la porta, e poi di corsa lungo il breve corridoio che conduceva alla sala principale, senza neppure voltarmi a guardare indietro.
Sussultai con un grido quando due mani mi afferrarono improvvisamente e qualcuno chiamò il mio nome.
"Sono io, sono io. Cosa succede?"
Smisi di agitarmi al suono di quella voce familiare, sentendomi pervadere di sollievo quando infine sollevai lo sguardo ed incontrai il suo. In quel momento, non ebbe più alcuna importanza quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che ci eravamo visti, o i termini in cui ci eravamo lasciati.
Gli gettai le braccia al collo e sussurrai con un filo di voce, "Per favore, portami via da qui."