Capitolo 38

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Risvegliarsi su una piattaforma dura e fredda come un tavolo era certamente più scomodo di quanto potesse essere dormire su un pavimento qualsiasi.

La temperatura sembrava essere elevatissima, eppure pareva che il mio corpo risentisse solamente di un lieve rossore sulle guance. Infatti riuscivo a respirare senza problemi.

Aprii gli occhi di scatto e subito dopo mi venne un forte mal di testa. Ero rannicchiata su un fianco, in una posizione quasi fetale.

La prima persona che vidi fu Azael, che era seduto di fronte a me su una sedia, che appariva molto preziosa. Era fatta di un metallo lucido e nero, inoltre era tempestata di opali ai bordi. Tuttavia, per quanto quella sottospecie di trono sembrasse scomodo e rigido, Azael appariva perfettamente a suo agio.

Riuscii a mettermi seduta, mentre il mal di testa sembrò attenuarsi. Mi accorsi di aver gambe e braccia incatenate alle gambe di pietra della tavola.

Mi guardai attorno. Ero circondata da diversi altri demoni, mentre io ero appunto posizionata al centro della tavola rotonda. Essa era fatta completamente di una pietra lavica molto scura.

Ogni demone era seduto su troni di uguale dimensione e colore, ma le pietre decorative erano differenti.

L'ostentazione dello sfarzo si propagava per tutta la sala. C'erano arazzi preziosi, dipinti pregiati e un grosso lampadario antico appeso al soffitto.

Come ci si poteva aspettare dalla dimora del diavolo, però, la stanza non possedeva di certo colori sgargianti. Era, invece, variopinta di diverse sfumature scure, in prevalenza il rosso e il nero. Sulle pareti rocciose erano presenti delle finestre gotiche a sesto acuto dalle quali non filtrava, però, alcuna luce. La stanza era illuminata da un candelabro a soffitto, nel quale le candele rimanevano sempre inconsumate e di ugual lunghezza, ma anche da un pittoresco camino, che dava alla stanza un'atmosfera tanto calda quanto lugubre e che era posizionato in fondo alla sala.

Il fuoco faceva scorgere i visi dei miei rapitori, i quali, seppur di una bellezza eterea, sembravano essere decisamente pericolosi. Fortunatamente o sfortunatamente indossavano tutti delle maschere come da regola.

«Finalmente ti sei svegliata, cigno. Pensavamo che il bacio appassionato del nostro generale ti avesse emozionata troppo.»

Tutti i demoni risero alla battuta del re con sghignazzi spaventosi.

Ero in imbarazzo, seppur quello fra me e Azael non era stato un bacio vero e proprio. Anche se un bacio sarebbe stato decisamente meglio che la condanna della mia anima, le nostre labbra si erano a malapena sfiorate. Approfittai dell'occasione per volgere il mio sguardo verso Azael, l'unico demone a non ridere, ma con un irritante angolo della bocca alzato.

La voce di Lucifero era giunta da dietro le mie spalle e, quindi, provai a voltarmi verso di lui, almeno in parte, quanto mi era concesso dalle catene.

Il suo trono era certamente quello più regale di tutti. Era simile alle forme degli altri, però a differenza di essi, che erano decorati da tante gemme dello stesso tipo, il trono di Lucifero era adornato da una moltitudine di pietre preziose. Qualche centimetro sopra alla testa del sovrano era scolpito nel metallo del trono uno stemma, il sigillo dell'Inferno: la stella a cinque punte circondata dalle fiamme infernali.

«Dal momento che ti stai guardando attorno, ho il piacere di presentarti i dodici guerrieri dell'Inferno: Asmodeo Exitium, Apollyon Bellum, Adramelech Corruptio, Rhode Noctis, Belphagor Inmuditia, Arioch Ferox, Alastor Vindicta, Andras Armatum, Agares Gladio, Allocen Ultor, Azazel Grimoires e... Astaroth Tenebris.»

Guardandoli tutti in successione, compresi che ognuno di loro aveva una particolarità che lo contraddistingueva da tutti gli altri: occhi felini, ghigni sghembi, chiome dalle ciocche scure o particolari segni sul viso; nonostante le loro diversità nessuno possedeva un fascino angelico simile a quello di Raphael o di Gabriel Golem. Malvagità e potenza caratterizzavano quegli uomini, i cavalieri dell'oscurità in persona. A prescindere da quanto fosse spaventoso, a nessuno di loro avrei dato la soddisfazione di essere osservato più di qualche secondo, avevano già dato prova del loro grande egocentrismo.

Solo quando posai gli occhi sull'ultimo guerriero demoniaco, tradii le mie emozioni sussultando. Era alla destra di Azael, per cui si poteva notare di più il motivo di tanto stupore: erano il medesimo riflesso dello stesso individuo, dei gemelli. Lo sconosciuto era identico in tutto e per tutto al generale dell'Inferno, escludendo solo un particolare: gli occhi. Quelli di Astaroth erano eterocromatici, uno verde e l'altro di un'eccentrica tonalità blu elettrico ricoperto di scaglie.

«Oh sì, avevo omesso il fatto che due di loro fossero esteriormente quasi identici.» Lucifero accentuò il proprio ghigno.

Ricordai il vago accenno su Astaroth nel diario di Azael. Entrambi angeli. Entrambi biondi. Entrambi caduti.

Tuttavia nel diario di Azael era chiaramente riportato come tutti gli angeli fossero fratelli non di sangue, ma poiché creati negli stessi istanti; non si spiegava perciò perché due fossero gemelli.

Guardai Astaroth ed era bello quanto Azael, eppure riuscivo a notare delle nette differenze, che potevano apparire minime. In primo luogo, Astaroth sembrava molto più divertito di Azael dalla situazione.

Il medesimo ghigno, visto molte volte sul viso di Azael, era su un'altra persona. Era quasi come se fosse ingiusto e sbagliato.

«Da come mi guarda, penso che cominci a preferire me, fratello» sentenziò, mentre le sue iridi chiare brillarono nell'oscurità.

Quella voce era molto simile a quella di Azael, eppure riuscivo a percepire delle sfumature di differenti tonalità. Era lievemente più roca e meno profonda. E, soprattutto, l'avevo già sentita.

«Eri tu. Tu hai fatto in modo che Raphael mi investisse. Ti ho sentito parlare con Adele nella stanza di Azael, credendo fosse lui» sussurrai sconvolta.

Anche Azael si voltò verso il suo riflesso.

Quando Astaroth non disse nulla, Azael si alzò e lo prese per il colletto, sollevandolo. «Cane! Lei è la nostra unica fonte di salvezza. Hai idea di quanto ci abbiamo messo a trovarla e di quanta fatica dobbiamo ancora fare?»

«Generale, siediti. È stato un mio ordine. In tal modo Raffaele non si è accorto che ho fatto entrare altri demoni per evenienza a scuola. Era troppo preso dalla salute del cigno» disse Lucifero mesto.

Azael lasciò andare la presa su Astaroth e ritornò a sedersi, come se nulla fosse accaduto.

Fu Adramelech a prendere la parola: «Mio re, potremmo chiedervi il perché ha fatto in modo che il cigno rischiasse la sua vita? Non è la nostra unica possibilità?»

«Semplicemente perché, nel fare le mosse più strategiche, ci vuole astuzia e un pizzico di fortuna. E, nel caso la situazione si fosse compromessa con un po' troppa gravità, avevo comunque un piano di riserva.»

Pensavo che avrebbe continuano a spiegare le sue intenzioni, ma nessuno, oltre me, sembrò sorpreso quando non lo fece. Ci misi un po' a capire il perché: il re dei demoni non avrebbe mai svelato i suoi progetti, per quanto essi siano misteriosi e contorti.

«Dunque cosa ne facciamo di lei?» chiese impazientemente uno dei guerrieri che non conoscevo. Si chiamava Andras, se non mi ero sbagliata.

«Potrei portarla nelle mie stanze per far sì che possa stare più comoda» dichiarò un altro demone, leccandosi le labbra e facendomi quasi salire i conati di vomito.

Subito dopo incominciò una lite su chi avrebbe dovuto "badare" a me, eppure sia Azael che Lucifero rimanevano in silenzio.

Il sovrano assunse una posizione meno rigida, solo quando un'altra figura fece il suo ingresso nella stanza, spalancando le porte di legno.

«Voi non farete proprio nulla. Il cigno soggiornerà come ospite con me e le mie ancelle per i primi giorni. Non ammetto repliche.»

«Victoria» sussurrò a malapena il re demoniaco.

Le mie catene vennero spezzate.

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