Capitolo 5

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~Nell'immagine sopra: Azael Grimoires~

Non avevo mai provato emozioni così contrastanti. Da un lato ero felicissima e lusingata all'idea di essere stata scelta da una prestigiosa scuola di danza, d'altra parte, però, avvertivo anche la paura dell'ignoto.

Ma a quali fonti si stava riferendo il direttore? Chi avrebbe potuto informarlo di me così a fondo?

Non passarono nemmeno tre minuti dall'accaduto che Chanel irruppe nella mia casa con entusiasmo.

«Mi dispiace non aver risposto ai tuoi messaggi! Il telefono è caduto sul pavimento dello spogliatoio. Madame Roux ci ha fatte rimanere per comunicarci che quei signori ci avevano deselezionate per un'importante opportunità legata a una prestigiosa Accademia» sospirò «credevo che ci avrebbero separate ma quando anche le altre hanno lasciato la sala, prima di andarmene, l'insegnante mi ha fermata e ha rivelato che avrebbe insistito per la mia ammissione, dal momento che secondo lei ho del talento.»

Sicuramente una delle fonti del direttore dell'Accademia sembrava essere proprio lei.

«E stamattina la mia lettera é arrivata appena in tempo. Ce ne andiamo in un istituto per soli artisti!» esclamò entusiasta con lo sguardo ricolmo d'emozione.

Le feci un sorriso.
«Devo ancora ottenere l'approvazione dei miei genitori, ma penso siano d'accordo.»

E così fu.

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Mi alzai presto la mattina seguente. Dopo aver salutato calorosamente i miei famigliari, seguii Chanel nella macchina dell'Accademia.

Il veicolo era quello color rosso pastello. Lo avevo già visto la sera precedente.

Dopo un'ora di macchina scendemmo alla stazione ferroviaria parigina e prendemmo il treno assieme al nostro autista. Era cordiale e anche molto carino, possedeva dei capelli rossicci sul castano e occhi verdissimi.

«Allora ragazze, mancano due fermate, dopodiché scendiamo» annunciò.

Rivolsi un'occhiata a Chanel. La mia amica, a sua volta, mi fece l'occhiolino e esibì un sorrisetto malizioso.

Capii subito le sue intenzioni. Scossi la testa, guardando poi fuori dal finestrino. Mi sentivo già in imbarazzo per lei. Era una soluzione poco valida, dal momento che potevo intravedere la figura della ragazza dal suo riflesso nel vetro.

Chanel accavallò le belle gambe, mise fuori il labbro inferiore e poi si avvicinò pericolosamente all'uomo. Gli sorrise.

«Credo che sia giunto il momento delle presentazioni. Io sono Chanel, mentre la ragazza al mio fianco è Abigail. Tu invece sei?»

L'uomo sembrò divertito da quella stravagante conversazione.
Ricambiò il sorriso. «Io sono Sebastian e ho quasi vent'anni. Sono il figlio anche del vicepreside della scuola, faccio l'attore e nel tempo libero svolgo le faccende a me chieste da mio padre.»

«Ecco perché sei il nostro accompagnatore e autista!» affermò con troppo entusiasmo la mia amica.

«Preferisco più definirmi accompagnatore di belle ragazze.» Ammiccò in direzione di Chanel e lei ridacchiò.

Siccome l'aria si era fatta troppo pesante, mi alzai e borbottai un "vado a farmi un giro", dopodiché aprii la porta della cabina e uscii nel corridoio.

Sapevo che alcune volte Chanel poteva sembrare una ragazza facile, ma non era realmente così, lei voleva solo studiare a fondo la persona appena conosciuta. Io ero riuscita a superare il suo test.
Stava alla persona con la quale conversava togliere la sua maschera e scoprire la sua vera natura. Era giunto il turno di Sebastian e quest'ultimo avrebbe dovuto capire che non aveva di fronte una ragazza dai facili costumi, ma una quasi donna, che stava mettendo alla prova la sua maturità. Nel caso fallisse, la mia amica avrebbe fatto finta di non averlo mai conosciuto e avrebbe tagliato i rapporti con lui per sempre. Poteva sembrare strano, ma era così che lei si proteggeva da quelle persone poco serie, false o superficiali.

Sembrava un metodo tanto malato quanto drastico, ma Chanel ne aveva passate veramente tante.

Osservai il paesaggio fuori dal finestrino: la città, pian piano, stava lasciando posto alla campagna con qualche area di foresta. Rimasi lì per un po', poi decisi di andare in cerca del carretto del cibo.

Passando per i corridoi del treno, vidi molti studenti seduti sul pavimento. Rischiai perfino di inciampare varie volte.

All'improvviso udii una voce estremamente famigliare e odiosa che non poteva confondersi fra le tante. Quando intravidi una chioma bionda avvicinarsi, non ebbi più dubbi.

Mi nascosi nella cabina più vicina, facendo anche una bruttissima figura con le persone presenti in quella stanza. Tuttavia, non me ne importava, preferivo affrontare degli estranei piuttosto che Adele.

Alla fine, però, di persona ne era presente solo una e stava leggendo. Lo fissai e ne rimasi sbalordita, era il più bel ragazzo che avessi mai visto. Aveva tratti scolpiti come se fosse una statua marmorea del neoclassicismo, il naso lungo e pronunciato, le labbra carnose, i capelli neri e ondulati.

Alcuni ciuffi gli ricaddero sul volto, talmente era concentrato nella lettura.

Quando alzò lo sguardo, restai senza parole, i suoi occhi erano certamente la parte più attraente di lui. Erano di un colore molto intenso, come se fossero nocciola scuri con mille pagliuzze dorate, che facevano sembrare gli occhi completamente di oro puro.

Era da un po' che ci osservavamo a vicenda, distese le labbra in un sorrisetto fra il malizioso e di chi la sa lunga.

«Ehm...» provai a dire qualcosa.
Se fossi rimasta in silenzio, mi sarei fatta scambiare per una ragazza stramba. Non potevo nemmeno dire la verità, altrimenti mi avrebbe chiesto il perché della mia irruzione nella sua cabina. Non volevo di certo rispondere che non avessi nessuna voglia di incontrare mia cugina.

Prima che potessi aggiungere altro, lui mi interruppe: «Se volevi conoscermi, bastava che bussassi e ti presentassi, come hanno fatto tutte le altre ragazze, o che entrassi con una scusa già pronta. Non c'era bisogno di restare lì a fissarmi.»

Il suo tono risultava essere neutrale, ma con un pizzico di vanità e soddisfazione.

Alzai un sopracciglio. Per un momento rimasi stupita da tutta quell'arroganza, ma, poi, pensai che fosse uno di quei classici ragazzi troppo pieni di sé.

«In realtà non sapevo nemmeno chi ci fosse qua dentro. Ci sono entrata perché ho visto una persona, che avrei preferito non incontrare» borbottai piuttosto scontrosa, mentre vidi una scintilla passargli attraverso gli occhi.

Lui mi sembrava così famigliare, ma probabilmente era solo la mia immaginazione.

Stavo per uscire, quando la voce di Adele sopraggiunse da dietro la porta: «No, non posso chiamarlo, Beth. Io e Azael abbiamo avuto una storia quest'estate e, credimi, sarà lui a venire da me.»

Stava chiaramente urlando la sua conquista, eppure non mi aveva ancora vista. Era girata di spalle.

Voltai la testa verso il ragazzo.

«Azael Grimoires.» Mi guardava divertito con i suoi occhi d'oro. Erano perfetti. Di un'immensità di colore unica, pura e preziosa. Erano un misto perfetto di luce e oscurità. Erano della stessa tonalità dell'oro fuso. Incandescenti, potenti e predatori.

Quello sguardo così famelico tanto quanto predatorio aveva sicuramente la capacità di far trattenere il fiato a chiunque lo incontrasse e non mi avrebbe lasciata indifferente così facilmente.

Tirai la tendina della porta, coprendo la parte di vetro, un momento prima che Adele si voltasse e provasse a entrare. Non mi ero accorta di ciò che avevo appena fatto: Adele credeva di essere stata respinta.

SWANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora