Capitolo 40

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«Prima che il cigno provasse ad attaccarci in un modo così pessimo, ma che comunque non rimarrà impunito, vi avevo fatto riunire tutti per comunicarvi come e dove il cigno soggiornerà nell'Inferno. Deve essere allenata. Come sapevamo già lei dovrebbe essere fra i paladini del Paradiso, ma utilizza solamente i poteri demoniaci del generale. Perciò la prima settimana le servirà per ambientarsi e imparare l'etichetta, attraverso la mia Victoria e le sue ancelle. Tuttavia, nel tempo seguente, passerà il suo tempo nel deserto di Azazel a esercitarsi. Con lui nelle armi, con Astaroth nella magia. Deve fondamentalmente imparare a combattere da sola, poiché non potrà attingere sempre al potere del generale, sebbene quest'ultimo sia molto forte. In ogni caso ha già del potenziale di per sé, visto che è stata in grado di stringere questo legame.» Lucifero non pareva essere arrabbiato. Sembrava piuttosto essere affascinato e paziente, come chi ha appena messo in atto i suoi disegni futuri.

D'altra parte, io non capivo proprio le motivazioni delle mie azioni. Non avrei mai agito in quel modo, se fossi stata lucida. Ero arrabbiata sicuramente, ma attaccare il re della corte e uno dei cavalieri era soltanto un gesto folle.

«Dunque ecco la mia punizione: ho deciso che prenderanno le distanze l'uno dall'altra. Infatti, dal momento che il cigno ha legato a sé Azazel, con la lontananza saranno entrambi più indeboliti. Perlomeno lei. Non potrà più attingere alla magia demoniaca e, per la prima settimana, sarà completamente indifesa e alle dipendenze del nostro regno.» Le parole di Lucifero interruppero il flusso dei miei pensieri.

Azael, che continuava a trattenermi per i polsi affinché non utilizzassi i miei poteri, o meglio i suoi, si morse il labbro. Evidentemente detestava che lo avessi coinvolto, ma non era del tutto colpa mia. Non era precisamente la mia volontà a fare quelle magie. Era come se il mio senso logico e razionale si assopisse e mi lasciassi proteggere da qualcos'altro dentro di me.

Astaroth si era ripreso. Ma d'altronde era ovvio. Se si voleva fermare un demone, non lo si faceva di certo con il fuoco.

«L'incendio a scuola, invece?» chiese prontamente Rhode, sorprendendomi. Oltre a non pensarci da un po', pensavo che l'incendio doloso alla Golden Crystal fosse opera dei demoni. Dunque alla fine non era così.

«È stato un altro utilizzo involontario di potere da parte del cigno?» domandò April con evidente curiosità.

Corrucciai le labbra. Non ero certamente stata io. Me ne sarei ricordata e, finora, avevo utilizzato quella capacità solo al fine di proteggermi o di scappare, non per nuocere a persone o a creature innocenti.

«No, non è stata opera del cigno. Su questo ho indagato io personalmente. Tuttavia non sono riuscito a concludere, poiché avevo troppo poco tempo e troppi angeli attorno. Per questo ho intenzione di mandare i miei due discepoli a risolvere questo mistero.» Il tono di Lucifero lasciava intendere che la sua non era decisamente una richiesta.

«Noi due? Come faremo con gli angeli?» Rhode non pareva per nulla contento di quella scelta, ma non la metteva in discussione.

«Propendevo per una dimostrazione di forza, ma Victoria mi ha dissuaso, affinché potesse fare una richiesta ufficiale di collaborazione... e Michele non dirà di no. Con la scelta di Michele, colui falsamente decantato come Salvatore dei cieli, verrà influenzato anche Gabriel.»

«E posso chiedere, perché siamo i vostri sudditi più indicati per questo ruolo, Sire?»

«Perché dovete risolvere e parlare di Greyson. Soffrite entrambi perché rivolete vostro figlio! Ma dovete far ciò che è meglio per lui» intervenne Victoria. Probabilmente, se avesse risposto Lucifero, non lo avrebbe fatto sinceramente, oppure si sarebbe solo infuriato.

«Dunque sapete anche voi il perché me lo abbia portato via...» Rhode guardò i sovrani infernali, ed era chiaro che si sentiva tradito.

«L'ho consigliato io stessa ad April. Se vostro figlio fosse rimasto qua, avrebbe rischiato molto di più di quanto faccia nel posto in cui è ora. Sarebbe stato prudente che la madre restasse con lui, ma a quanto pare c'è stato un inconveniente ancora da risolvere. So che non è una risposta sufficiente, ma fidati di noi. Vogliamo solo il meglio per Greyson» dichiarò Victoria con sguardo comprensivo.

La faccia di Rhode era scura. Sicuramente, seppur apparisse giovanissimo, non aveva alcun problema con le sue responsabilità genitoriali e voleva bene con evidenza a suo figlio.

«Allora andiamo» disse lo stesso Rhode dopo un po'.

Prima di seguire il suo compagno, April si avvicinò a me, facendo allontanare Azael. «Ti ho promesso di non abbandonarti in questo luogo insidioso. E, nonostante tu non sappia molto di me, ho intenzione di mantenere la parola data.»

Si inginocchiò, facendo in modo che mettessi le mani a coppa e ponendo qualcosa di liscio e metallico al loro interno.

«Capirai in fretta come funziona, spero basti...» Sfiorò con le dita la collana di perle che aveva al collo.
Non l'avevo notata prima.

Si rialzò in fretta, per poi fare una riverenza ai sovrani. Uscì subito dopo Rhode, troppo scosso per presentare la stessa cortesia.

Appoggiai la schiena al trono di Astaroth, sospirando.

Lucifero e Victoria si isolarono a discutere con Azael.

«Mi hai sporcato l'armatura, tesoro.»

Alzai lo sguardo verso il gemello "malvagio".

Della mia magia non c'era traccia, se non per un piccolo annerimento sopra al tessuto del mantello rosso.

Il demone indossava un'armatura molto simile a quelle medioevali, che indossavano tutti i cavalieri dell'Inferno. La spilla, che legava il mantello al metallo, era uguale per tutti i cavalieri: una stella a cinque punte. Invece su ogni parte del mantello, lateralmente, vi era un simbolo per ciascuno dei cavalieri. Quello di Azael era un drago, mentre per Astaroth la figura si presentava come quella di un serpente.

Lo ignorai, accavallando le gambe e fissando la schiena di Azael.

«Sai... era una prova per lui. Tentare di farti investire, intendo.»

Inarcai un sopracciglio, girandomi verso Astaroth. Non credevo a una singola parola, ma era riuscito ad ottenere la mia attenzione.
Non si arrese, neppure quando vide che non avevo alcuna intenzione di proferire parola.
«Più che una prova, era un modo per far divertire il sovrano» continuò il cavaliere infernale, non arrendendosi e pensando che potessi davvero credergli «sai, la sfida consisteva nel vedere a quale persona Azazel avrebbe dato la sua priorità. A te o a Raphael.»

Distese le sue labbra in un ghigno, sapendo di aver colpito il mio punto debole. Aveva scoperto il modo con il quale farmi parlare.

«Cosa c'entra Raphael?» chiesi impulsivamente, prima di aver occasione di pensare. Avevo paura di lui, ma Raphael era un argomento di cui non volevo che si parlasse.

«È molto semplice. Era l'unica opportunità che Azazel avesse per scontrarsi singolarmente con lui. L'occasione perfetta per affrontarlo, senza i suoi seguaci.»

«E perché mai dovrebbero avere uno scontro?»

«Perché è per mano di Raphael se Azazel è caduto. È colpa di Raffaele se Azazel è stato punito.»

SWANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora