Capitolo 44

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Rimasi in silenzio per parecchi minuti.

Mio padre non era l'uomo gentile che avevo sempre conosciuto. Non era l'uomo divertente che imitava alcuni film per convincerci a vederli al cinema. Mio padre era, non solo un altro uomo, ma proprio un'altra entità. Era un arcangelo.

Non avevo mai sentito parlare di Uriel Sphera. Però la mia esperienza nella nuova realtà era così infinitesimale che la mia conoscenza non faceva testo.

«Non lo conosco e di certo non ha fatto in modo di presentarsi. Tuttavia, gli angeli non dovrebbero essere candide creature che vivono nella verità e nella bontà più assoluta?»

«Non ti preoccupare. Non sei sicuramente tu. Se Uriel credeva che fosse più sicuro per te non sapere nulla, avrà anteposto la tua sicurezza alla sua curiosità nel conoscerti» rispose lei cautamente. Sembrava cercasse di verificare quel che potesse dire e la delicatezza con cui dirmelo.

Sbuffai piano. Ero stufa che venisse sempre utilizzata quella giustificazione, affinché potessero tutti cavarsela sempre. Se un angelo potente come Uriel avesse voluto incontrarmi, avrebbe trovato uno stratagemma efficiente affinché ciò avvenisse senza mettermi in pericolo.

Inoltre, oltre che arrabbiata, mi sentivo anche tradita da tutto e da tutti. L'ennesima prova di quanto la mia vita precedente fosse solo un ingegnoso inganno al fine di farmi vivere nella menzogna, per poi catapultarmi nelle più crude delle realtà. Poteva anche darsi che la regina non mi avesse detto la verità, tuttavia avevo quella fastidiosa e incomprensibile sensazione che mi suggeriva che così non era.

All'improvviso lei si alzò dalla panchina e si guardò attorno con aria circospetta. «Ora devo andare, per qualsiasi problema puoi contattarmi quando vuoi. Chiedi a qualsiasi guardia. Essendo ora una mia ancella, non potrà certo negartelo.»

Annuii lentamente, troppo sconvolta dall'ennesimo stravolgimento della mia vita per poter rispondere.

«Ora ti devo salutare, Abigail. Fa' tesoro di quello che ti ho detto e prendi la decisione più giusta.» Si congedò, dandomi un bacio sulla fronte.

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Non potevo far vedere la mia vulnerabilità, i demoni si nutrivano delle debolezze altrui. Decisi quindi di trascorrere qualche ora nel labirinto, in attesa che le lacrime venissero consumate dal tempo e il rossore sparisse.

Uriel non era mio padre, era un angelo che probabilmente non si era minimamente interessato alla mia esistenza. Non aveva ragioni per non essersi presentato, come avevano fatto tutti gli altri da tempo.

Pulii l'angolo dell'occhio sinistro con la manica della divisa. Scelsi di ridestarmi e a rientrare nell'edificio della Dark Crystal.

Raggiunsi la mia stanza, dove la mia coinquilina Jasmine stava studiando. La mia camera alla Dark Crystal era l'equivalente di quella della Golden Crystal con la sola eccezione di avere una compagna di stanza e pareti scure al posto di quelle chiare.

Jasmine aveva occhi blu, capelli dorati e delle labbra carnose e rosee. Era un angelo della Golden Crystal. Avevo scoperto che la mia coinquilina era la ragazza scomparsa della scuola, la quale si pensava fosse stata aggredita da una creatura dei boschi.

Quell'essere si era rivelato in realtà una sorta di esperimento di Lucifero. Jasmine mi aveva spiegato che, dal momento che il Creatore aveva dato vita al mondo intero e i suoi esseri, anche Lucifero aveva tentato di creare la sua prima creatura in un tempo troppo lontano per essere ricordato. Inutile dire quanto si fosse rivelato un fallimento. L'esperimento non era nulla dei tre regni sovrannaturali e di quello umano, tuttavia aveva caratteristiche molto simili a quelle di un demone, poiché derivava dalle forze più oscure di questa terra. La creatura aveva poteri che comprendevano una velocità sovrumana e una forza assoluta; però, non essendo una creatura creata dall'Onnipotente, la sua esistenza era destinata a durare al massimo qualche giorno.

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