Capitolo 26

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La camera in cui mi risvegliai era così bianca da far venire male agli occhi. Doveva appartenere a Raphael, visto che, fin da quando lo conoscevo, pareva essere ossessionato da quel colore.

Tutto sembrava in perfetto ordine: il letto matrimoniale era rifatto, le finestre erano chiuse, i libri infilati in un'enorme libreria secondo numero e edizione, il pavimento era pulito e non un solo grammo di polvere si poteva scorgere.

Io ero distesa lungo il letto.
Ero l'unica nota stonata in mezzo a tutta quella perfezione.

Non ero mai stata in quella camera fino ad allora, ma di certo non mi aspettavo che fosse così luminescente.

La porta si spalancò improvvisamente, ma non era Raphael la persona che entrò subito dopo. Una ragazza dai capelli biondo fragola puntò i suoi occhi color nocciola su di me, come se fosse colpita.

Magari non si aspettava di avere compagnia in camera di Raphael.

Provai a mettermi seduta, però il mal di testa subentrò subito, martellando così forte da non poter far altro che rimanere sdraiata.

«Non ti conviene provare ad alzarti. Sei ancora troppo debole per farlo.» La ragazza interruppe quel silenzio imbarazzato che si era venuto a creare.

Si sedette ai bordi del letto e mi porse un'aspirina con un bicchiere d'acqua, che erano già sul comodino. «Comunque io sono April, un'amica di Raphael.»

«Perché...mi trovo qui?»
Sussultai nel sentire la debolezza nel mio tono di voce.

«Quando sei tornata, eri così debole da non riuscire a muoverti e la camera di Raphael era la più vicina, nonché la più sicura.»

«Quindi tutte quelle assurdità erano vere. Non era un sogno.» Mi intristii. Non volevo che Azael avesse ragione o che credesse in quella follia.

Aveva praticamente detto che tutti quelli che conoscevo mi avevano tradita.

Improvvisamente mi feci sospettosa. Se non dovevo fidarmi degli amici men che meno degli sconosciuti. «Per quale motivo mi stai aiutando?»

«Non so cosa Azazel ti abbia detto, ma non dovresti credere a tutto quello che ha dichiarato. Il suo punto di vista è totalmente di parte.»

«Azazel?» Mi domandai se avessi sentito male io, oppure se avesse davvero storpiato il suo nome.

«Sì, lui. Ha molti nomi, ma Azazel è quello con cui viene chiamato più frequentemente.» Mi guardò scettica, come se dovesse essere ovvio per me.

«Gabriel e Raphael risponderanno a ogni tua domanda più avanti. Ora devi pensare a riposare, altrimenti la tua testa rischierà di esplodere» aggiunse quando vide che avevo intenzione di continuare a interrogarla, omettendo volutamente di rispondere alla mia seconda domanda.

Era serissima. Si alzò e andò verso la porta, ma prima di uscire, si fermò. «Non spetta a me dirtelo. Non mi conosci. Però non dovresti fidarti di Azazel, è pericoloso. Non credere neppure troppo alle parole di Gabriel o Raphael. Sii diffidente con entrambi  gli schieramenti.»

A seguito di queste parole enigmatiche, uscii dalla stanza, lasciandomi da sola con i miei pensieri.
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Raphael non si fece vivo per tutta la mattinata. Era l'unico con cui volevo parlare, avere notizie di mia sorella e sapere cosa fosse tutta quella storia assurda dei demoni, degli angeli e dei mondi. Lui mi avrebbe semplicemente spiegato la verità.

Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli e, magari, poteva dare ancora fondamenta ai miei pensieri più razionali: tutta quella recita era fasulla o solo un'idea di un pazzo.

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