Capitolo 28

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Le lenzuola attorcigliate intorno alle caviglie erano una delle tante cose che odiavo fin da piccola. Soprattutto, se la temperatura era così calda da farmi desiderare ardentemente il gelo invernale.

In quel momento la siccità aleggiava nell'aria, aveva reso le mie labbra screpolate e imperlato la fronte di piccole goccioline di sudore.

Mi ci volle un buon quarto d'ora per aprire gli occhi e mettermi seduta, cercando di capire dove fossi finita. Ero al centro di un deserto infinito e le lenzuola con cui ero stata coperta furono spazzate via dal vento. Però non c'era quel sole rovente che mi aspettavo. Era in corso, bensì, una tempesta di sabbia, che impediva la possibilità di vedere se ci fosse il sole e sembrava divaricarsi dove c'ero io.

La sabbia sotto di me era perlopiù tiepida, ma, a un certo punto, l'irrefrenabile desiderio di toccare quella mossa dal vento e che pareva aver qualcosa di insolito, mi colpì.

Era una sensazione stranissima, stravagante, come se tutta la paura fosse sparita all'improvviso.

La mia mano si protese da sola verso la sabbia in movimento, la quale emanava un forte calore, quasi rovente. Stavo per scottarmi, tuttavia volevo farlo. Solo una parte remota della mia mente si rifiutava di obbedire, eppure era come se riuscisse solo a soccombere.

Quando emisi un gemito, dato dallo sforzo di contrastare quella voglia misteriosa, tutto si bloccò.

Ringhi e urla interruppero il sordo silenzio, creato da quella stravagante tempesta.

La mia mano non arrivò mai alla sabbia bollente, bensì ai muscoli sodi del petto di Azael.  L'odio non fece nemmeno in tempo a ribollirmi nel sangue che le sue braccia si strinsero intorno a me e mi fece stendere sul terreno.

La tempesta ci investì, ruggendo con irruenza e ustionandoci la pelle e facendomi urlare dal dolore.

Lui cercò di proteggermi con il suo corpo, ma la sabbia, come anche l'acqua, si infilava in ogni dove.
Il ragazzo non urlava, eppure io, che soffrivo molto per solo qualche granello, non immaginavo cosa sentisse lui.

Non riuscivo a vedere nulla, dal momento che ero schiacciata fra la sabbia tiepida e il corpo di Azael. All'improvviso tutto cessò, il vento smise di ululare e la sabbia di scottare.

Azael si mosse con qualche secondo di ritardo e mi liberò dalla sua presa. Scattai in piedi in meno di un secondo e caddi a terra subito dopo, come se qualcuno mi avesse tirata per le caviglie, facendomi scivolare di proposito.

Azael si alzò incolume e con i capelli pieni di sabbia.

Non me ne ero accorta prima, ma indossava una splendida maschera nera e dorata antica con rifiniture arricciolate.  Dovevo odiarlo, essere spaventata da lui, eppure in quel momento riuscivo solo a notare quanto fosse bellissimo.

«Proprio l'angelo perfetto per te, principe.» Lucifero comparve con una sua folla di sudditi al seguito, ghignando, puramente divertito.

Ognuno di loro, persino il re, portava una maschera, come quelle che si indossano in un elegante carnevale, solo senza vestiti strambi e decisamente non avevano colori sgargianti.

La maschera di Lucifero era di un materiale scuro con decorazioni in cristallo puro. Era la più bella, inoltre il sovrano indossava il simbolo del suo potere: la corona reale. Rappresentava lo sfarzo assoluto. Era costellata da pietre preziose e di un raro metallo insolitamente scuro. Non essendoci in natura un colore simile, doveva esserci qualche magia su quell'oggetto. Le punte della corona erano cinque. Sopra la parte frontale vi era incisa una piccola stella a cinque punte.

Solo in quel momento ricordai, avvertendo una stretta al cuore: lui aveva preso le sembianze di Chanel.

Azael si fece improvvisamente rigido e fermo, come se fosse diventato di pietra.

Il re degli inferi girò attorno a lui, apparentemente calmo e divertito.

Azael cadde a terra in preda a dei dolori atroci, inferti da quelli che sembravano colpi di frusta invisibili, eppure non urlò.

Trattenni un urlo, mordendomi ostinatamente il labbro inferiore, cercando di non attirare l'attenzione su di me.

I cortigiani sorrisero compiaciuti. Erano crudelmente contenti per quel teatrino, gentilmente offerto dal loro sovrano.

Intanto Azael era costretto a strisciare, dopo che gli erano state fatte delle ferite, così profonde.

«Tuttavia, nessuno mi aveva mai disobbedito con tanta sfrontatezza... tanto meno tu, dopo tutti questi secoli» affermò nuovamente il re infero con voce glaciale.

Dunque Azael era una creatura millenaria.

Lucifero ghignò, era palesemente divertito da tutta quella situazione. «Inoltre, se io decido di soffocarla nella sabbia bollente, deve essere così. Io sono la legge nel mio regno e tu, come umile suddito, sarai punito in ogni caso di disobbedienza. Dovresti saperlo ormai.»

Non potevo credere che Azael mi avesse salvata. Sbattei gli occhi incredula e guardai attentamente il demone steso a terra, che cercava invano di rialzarsi.

«Lei è la nostra unica speranza, lo sapete meglio di me. Non può essere una sua colpa se è nata fra gli angeli!»

Tutto si ghiacciò.
I sorrisi sadici dei sudditi di Lucifero si spensero.

Trattenni il respiro, mentre il re si avvicinò di più al povero Azael.

Non potevo permettere che gli facesse del male o che arrivasse persino ad ucciderlo. Mi aveva mentito, manipolato, tentato di uccidere, tradito, ingannato e usato, eppure non volevo che morisse.  Non riuscivo a odiarlo e mi davo della stupida per questo.

Ero giustificata però. Tra tutti Azael era in fondo il male minore. Chanel, la mia migliore amica da tutta la vita, era stata sostituita dal sovrano degli inferi. Raphael era un angelo e mi aveva mentito e abbandonata per alcuni anni. Gabriel era un altro angelo. Mi aveva ingannato per farmi venire in quella scuola, utilizzando come pretesto la mia passione per la danza, per poi volermi trascinare in questo mondo di follia. L'indimenticabile Hunter aveva palesemente rapito Leslie. E qualcun'altro aveva fatto scomparire persino i miei genitori, se non loro stessi.

Avvertii una rabbia insormontabile crescere dal mio petto e dilungarsi fino alle estremità del mio corpo. Fu come una sorta di scarica elettrica, che mi fece perdere lucidità e avvertire una sorta di calore sempre più grande assieme al fastidio che provavo.

Ricollegando tutti i fatti, era per colpa di Lucifero se la mia vita era stata spazzata via. Era a causa sua se non avevo più nessuno di caro o qualcuno che non mi avesse mentito. Tutto solo per un suo desiderio o, come l'aveva definita Gabriel, la sua follia. Non mi avrebbe tolto Azael, il mio unico alleato in un regno così malsano.

Mi alzai da terra, pulendomi i pantaloni dalla sabbia e mi frapposi fra il re e il suo demone.

«Sapete, voi siete proprio all'altezza della vostra fama.» La mia voce era ferma, così come il mio sguardo.

Così come Azael, mi ero rivolta al sovrano, non solo con la forma di cortesia, ma usando il "voi" per esprimere comunque parole taglienti. Tuttavia, meritava molto di più di qualche insulto formale.

Ripensai a tutto ciò che avevo passato a causa sua, finalmente ero pronta per affrontare la vera "Chanel". Le mani presero a formicolare così tanto che cominciarono a bruciare. Chiusi gli occhi e poi li riaprii di scatto, urlai.

Si formarono delle striature blu sui polsi così come su quelli di Azael, erano come tanti piccoli fulmini incrociati, ma solo i miei si illuminarono.

Delle fiamme partirono come uno tsunami. Si ritirarono fino alle profondità del mio corpo, per poi propagarsi fino alle estremità del mio corpo: le mie dita. Inizialmente il fuoco si indirizzò verso il viso di Lucifero, ma poi si dilaniò in due parti, lasciando me sempre più debole e a bocca aperta, mentre il sovrano rimase indenne e annoiato.

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