Capitolo 30

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Lucifero non avrebbe potuto essere meno egocentrico. Aveva pretesto le scuse per la mia insolenza, nonostante avesse fatto dimenticare l'accaduto a tutti gli altri cortigiani presenti.

Non avevo ribattuto, dopo che Azael me lo aveva comunicato. Trovavo tutto ancora stravolgente in certi momenti, ma era saggio mantenere un basso profilo, specialmente vista la mia insubordinazione con il re degli inferi.

Tutto il mio mondo era andato in pezzi. Non era possibile che io avessi poteri demoniaci, ma all'improvviso le mie dita avevano preso fuoco. E per questo avrei dovuto chiedere il perdono di colui che non era mai stato clemente.

Sospirai chiudendo gli occhi per poi aprirli nuovamente, alzando lo sguardo verso Azael. Da quando mi aveva preso in braccio e liberata dalle catene, aveva cominciato a camminare e si era rifiutato di dirmi dove stessimo andando.

Di tanto in tanto mi lanciava sguardi strani e mi intimava a rimanere vigile, come se potesse aver qualche tipo di preoccupazione nei miei confronti.

Non lo ascoltavo, non scappavo e non capivo il perché dovesse agire così. Mi domandai se la loro recita si fosse conclusa, dal momento che le maschere erano state tolte, oppure se avessero l'intenzione di indossarne altre e di inscenare un nuovo atto.

Era evidente che per lui lo "spettacolo" dovesse continuare. Aveva disobbedito a Lucifero, aveva spezzato le mie catene e cercava di non farmi affrontare i pensieri e le paure della mia mente nella quale potevo perdermi. Tuttavia, in realtà non faceva nulla per salvarmi definitivamente.

L'unico modo per mettermi al sicuro era quello di farmi uscire da qualsiasi posto ci trovassimo. Non credevo di essere all'Inferno, perlomeno non più.

Avevo lo strano presentimento che ci trovassimo in un altro luogo magico.

Per il momento Azael sembrava essere il mio alleato in un uragano di malvagità assoluta. Questo potere oscuro impregnava ogni via che attraversavamo, la si poteva avvertire anche solo respirando. Era come dell'aria calda, ma che ti gelava le estremità del corpo, indebolendoti.

Azael mantenne lo sguardo nel mio, mentre mi portava ad affrontare il mio destino. Vidi tanti dubbi passargli in quegli occhi così stupendamente dorati, in ogni caso sembrò riuscire a prevalere l'obbedienza. Pareva che non avesse più una volontà propria o la facoltà di scegliere come agire in questo momento.

Passammo attraverso tunnel rocciosi per ore. Erano talmente stretti da far venire la claustrofobia e il caldo talmente afoso da costringere a dover fare respiri profondi. L'unica luce proveniva da delle fiaccole messe qua e là nelle zone più ampie.

Sembravano passate ore dalla mia "liberazione" dalla prigione di pietra, eppure Azael non dava segni di essere stanco, seppur mi portasse in braccio fin da allora.

Arrivammo fino alla fine di un lungo corridoio roccioso e, improvvisamente, sbucammo in un giardino grandissimo.

Gli alberi sembravano enormi e formavano un viale, ripiegandosi con i fusti verso l'interno. Erano così inclinati e vicini fra loro che oscuravano il cielo, formando una sorta di tetto verde.

Scossi la testa, cercando di scacciare quella voce dalla mia testa.

Erano tutti posizionati in due file parallele, si trovavano gli uni di fronte agli altri, avevano i rami inclinati e intersecati con quelli opposti. Gli alberi erano uguali.
Quando finalmente il viale terminò, sbucammo in una radura verdissima.
Alzai lo sguardo verso il cielo e notai che era grigio, sembrava che stesse per scoppiare un temporale.
Non avevo mai visto nuvole così grosse e scure come quelle.

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