Capitolo 16

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Un silenzio tombale aleggiava nella sala.

Ero rimasta di ghiaccio. Non avevo proprio idea di come fosse possibile che quel simbolo, fra tanti, potesse essere identico a quello del mio sogno. Era troppo strano e non credevo che fosse una coincidenza. Tuttavia, non potevo impazzire di fronte a tutti per un dannato foglio.

«Allora è possibile che io lo riceva?» domandai quasi con tono impaziente, cercando di evitare di balbettare.

Ero spaventata. Non mi piaceva quella situazione, ma se avessi fatto finta di nulla, avrei creato meno sospetti su chiunque ci fosse dietro a tutta quella storia.

Magari avevo già visto quel simbolo da qualche parte, in qualche club, facendolo memorizzare inconsciamente al mio subconscio, ma non ricordavo proprio dove. Sinceramente ero stufa di trovare "scuse" logiche e poco sensate a ogni cosa strana. Di certo non sarei stata così ingenua da escludere qualunque possibilità.

«Ehm... sì, credo.» Volse i suoi occhi grigi scuro verso di me, voltandosi e battendo le ciglia svariate volte.

Di certo non si poteva dire che fosse fisicamente brutta. Anzi, possedeva un fascino alquanto particolare.

«Posso andare a vederla?» Volevo uscire da lì. Ne avevo bisogno.

Mi aveva appena dato la prova che ci fosse qualche spiegazione molto più razionale dietro quel simbolo, attraverso il suo comportamento irrequieto.

Lei annuì e io corsi praticamente fuori. Andai nelle stalle, cercando di distrarmi da quella situazione e prendendo grandi respiri per calmare il battito del mio cuore turbato.

Il cavallo che volevo salvare era lì. Nell'unico box ancora occupato. Il manto era lucidissimo e di un colore molto scuro, così come la morbida criniera, la quale possedeva uno splendido color ebano. Un particolare, che spiccava con evidenza e le incorniciava il muso, era una piccola striscia perpendicolare e bianca, localizzata proprio sulla fronte.

Mi avvicinai, cercando di non fare movimenti bruschi che potessero spaventarla.

Cominciò a sbattere lo zoccolo diverse volte sulla porta del box. Non sembrava molto pacifica, anzi, pareva essere proprio turbolenta e a tratti aggressiva.

Feci qualche altro passo, non sapendo bene cosa volessi fare. I suoi movimenti cessarono improvvisamente e mi guardò con fare curioso e diffidente.

Quando io allungai, in modo incerto, la mano verso di lei per accarezzarla, sembrò calmarsi completamente. Me lo lasciò fare.

Ero sconcertata. Quella bestia era così tranquilla, che potevo abbracciarla senza problemi. Non capivo proprio il motivo per cui volessero abbatterla. Sembrava solo molto spaventata.

«Incredibile...» mormorò l'insegnante, che nel frattempo era comparsa dietro di me.

Sussultai.

Il cavallo riprese a essere irrequieto e nervoso, senza dar segno di volermi colpire però.

Riuscii a tranquillizzarla per una seconda volta, semplicemente accarezzandola, infischiandomene del rischio e pericolo che correvo, avvicinandomi, ancora una volta, a quell'animale spaventato.

«Devo supporre che, dopo questo avvenimento, siate più favorevoli a soddisfare la mia richiesta?» chiesi all'istruttrice.

Lei era ancora a bocca aperta da prima. La trovai molto comica, tuttavia non comprendevo nuovamente la sua reazione. Quel cavallo non era cattivo.

Dopo un po', lei si riscosse dal suo stato di paralisi e sorpresa assoluta. Parve ascoltare e pensare veramente alla mia domanda.

«Indubbiamente sembra calmarsi con la tua presenza, quindi non è un pericolo per te. Ne parlerò con il preside e il nostro consiglio, ma penso proprio che te la concederanno» rispose con enfasi e poi uscì dalla stalla, andando chissà dove.

Mi guardai attorno e, dato che non vidi nessuno, entrai nel box. Era sporco e mal ridotto. D'altronde nessuno aveva dato importanza alle cure di un animale destinato alla morte. Scossi la testa, trovandoli assolutamente dei mostri. Mi sarei lamentata personalmente con gli addetti alle pulizie, se fosse accaduto nuovamente.

Uscii dalla stanza con lei, dopo averle messo le briglie. La liberai nel recinto vicino alla scuderia, per poi tornare dentro e pulire il box da sola. Dopo che ebbi cambiato la paglia sporca, l'acqua putrida e il mangime vecchio, andai a riprenderla. Una volta rimessa nella stalla, decisi che avrei dovuto darle un nome.

Ero preparata su come curare un cavallo, poiché mi sarebbe sempre piaciuto averne uno e avevo letto un sacco di manuali a riguardo. Perciò scegliere il nome per lei non fu affatto difficile. Decisi di chiamarla Woede, ovvero "furia" in olandese.

La salutai e mi diressi verso gli altri, per sapere se potessi tenere Woede oppure no.

Intravidi con la coda dell'occhio qualcuno venire velocemente verso di me. Feci appena in tempo a voltarmi che mi ritrovai schiacciata al muro e bloccata tra esso e un corpo muscoloso.

Azael mi sovrastava in tutto e per tutto, era furibondo. Si capiva dagli occhi infuocati e dall'espressione serissima. «E così vuoi la cavalla pazza eh? Sei proprio una sciocca! Finirai per farti ammazzare.»

Ero sbalordita. Non mi interessava se si era svegliato dalla parte del letto sbagliata, io non mi sarei fatta trattare così.

«Non sono affari tuoi, Azael e comunque come lo hai scoperto? L'istruttrice aveva detto che ne avrebbe parlato solamente con il consiglio d'istituto. E poi tu non dovevi starmi lontano?» Lo guardai con occhi d'accusa.

«Io ho molta influenza su quest'Accademia, per cui ho molte informazioni a disposizione.» Ignorò con noncuranza la domanda che gli avevo fatto.

Evidentemente non mi avrebbe mai lasciata in pace.

Si fece ancor più vicino a me, mettendomi sempre di più con le spalle contro il muro. Potei avvertire la sua imponente presenza sovrastare sulla mia figura.

Mise una mano sotto al mio mento, per poi porre il proprio pollice sopra il mio labbro inferiore.

Abbassò il viso nella mia direzione e il mio sguardo entrò in collisione con il suo. Si apprestò a sussurrare: «Non puoi sempre ringhiarmi addosso in ogni volta che ci incontriamo. Prima o poi dovremmo trovare il modo di parlare civilmente.»

«Sei tu che in mensa non volevi parlare con me e ti sei schierato in favore di Adele. Hai compiuto una scelta. Inoltre, sei una sentinella, avrai altre cose a cui pensare... come dedicarti alla tua orrida fidanzata» Ero ancora arrabbiata per l'episodio del giorno prima. Aveva difeso Adele senza problemi e, data la sua presa di posizione, non capivo proprio perché dovesse intromettersi in quello che facevo io.

Le sue labbra, a un soffio dal mio viso, si presentavano soffici e piene, decisamente molto attraenti. Non amavo il fatto che si trovasse così vicino a me.

Presi un bel respiro, cercando di calmare ogni pensiero confusionario fra rabbia e incomprensione. «Non so quali difficoltà tu abbia. Mi dispiace che sia così. Un giorno mi infastidisci e quasi mi disprezzi, per poi il giorno dopo starmi così vicino e preoccuparti di quel che faccio. Con te è come se fosse una costante sfida. O vinci o perdi. Tremendamente protettivo oppure estremamente aggressivo. Io non desidero nulla da te e non posso aiutarti. Non ne ho le capacità, purtroppo. Ma posso aiutare Woede e lo farò.»

Lui chiuse gli occhi e ci mise qualche secondo per rispondermi. «Va bene. Ti lascio in pace. Ma non lamentarti, dicendo che non ti avevo avvertito o cose simili. Però voglio darti un ultimo consiglio: non sempre la verità è come ci appare, si deve andare un po' più a fondo, per scoprire come stiano davvero i fatti. Se ti crei più difficoltà del necessario, le avversità che devono ancora venire saranno ancora più profonde.»

Provai a ribattere, ma mi interruppe nuovamente.

«Se cerchi nuovamente di limitarmi, io non so se potrò più proteggerti.» Le sue parole di ghiaccio mi colpirono in pieno viso.

SWANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora