Capitolo 20

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L'aria mi solleticava il viso e le gambe scoperte.

Fino a cinque minuti prima non credevo fosse possibile andare in moto con un vestito del genere, ma Azael aveva proprio ragione: bastava trovare la posizione giusta.

Mi aveva dato la sua giacca di pelle per coprirmi dal freddo ed era sufficentemente grande per ricadermi lungo i fianchi, non permettendo in tal modo una situazione spiacevole con i miei indumenti l'aria.

Non sapevo bene cosa provare, sembrava davvero intenzionato a trattarmi bene.

Con la notte molte cose venivano alla luce: le lucciole, il silenzio del bosco e le stelle.

Il motore della moto sembrava ruggire sotto di noi, ma pareva che Azael si stesse trattenendo. Forse anche lui stava osservando il panorama, oppure voleva farlo godere a me. Io mi tenevo a lui con le mani sul suo petto, riaffermando la mia teoria della palestra: Azael era una statua.

Eravamo in aperta campagna e il rumore dei grilli regnava sovrano nel silenzio più assoluto.

La luna era una sfera bianca, luminosa ed enorme all'orizzonte, circondata da un'infinità di stelle.

L'aria smuoveva i campi di grano, creando quel fruscio, che accompagnava il canto dei grilli.

«Pronta a scaldarti, gattina?» chiese Azael a un certo punto, voltando di poco la testa e guardandomi con la coda dell'occhio.

Non sapevo perché Azael lo prese come un assenso, ma appena mi strinsi maggiormente a lui, partì a tutto gas e fece anche impennare la moto.

Scoppiai a ridere, avvertendo sia la paura che la felicità al tempo stesso. Mi sentivo magica. Sì, esatto, magica.
Una parola che usavo per definire una felicità ignota, senza senso, ma che giungeva all'improvviso, facendo venire le farfalle nello stomaco.

Posai il mento sulla spalla di Azael, osservando la strada davanti a noi scorrere velocemente, così come il paesaggio.

Dal momento che entrambi non portavamo il casco, non solo non eravamo terribilmente ridicoli, ma la nostra vicinanza era quasi intima.

La moto si dirigeva verso una grandissima collina.

Avevo chiesto più volte ad Azael dove avesse intenzione di portarmi, ma, enigmatico com'era, aveva ribattuto sempre che si sarebbe trattato di una sorpresa, che non sarebbe stata svelata fino alla fine. Quando arrivammo alla cima di quella collina, Azael spense il motore della moto.

Con il silenzio la situazione passò da intima a imbarazzante. Mi sentii terribilmente ridicola per essermi avvinghiata a lui, solamente per qualche sensazione provocata dalla velocità. Per fortuna Azael non disse nulla, mentre mi tiravo indietro e scendevo dal veicolo, mettendo entrambe le gambe da un lato.

Solo in quel momento capii il perché avesse scelto quel posto. C'era un piccolo spazio fra due salici piangenti ripiegati uno verso l'altro.
Inoltre, ai piedi dell'enorme collina, si era stanziato uno stretto canale, che scorreva in tranquillità. Il tutto era sormontato da un elegante cielo, illuminato dalla bianca luce della luna, che pareva essere tanto un meraviglioso dipinto.

Ero così presa dai miei pensieri che sussultai quando Azael mise una mano sulla mia spalla.

Quella sera era veramente molto sensuale.

«Ceniamo?» Aveva già chiesto da un po' di minuti.

Mi ritrovai ad annuire troppo tardi, ma per lui non fece differenza, si era già seduto.

Proprio fra i due alberi c'era un cestino pieno di cibo. Mi venne da ridere all'idea di Azael con quello sottobraccio.

«Non sapevo facessi cappuccetto rosso nel tempo libero.» Feci un sorrisetto divertito.

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