Capitolo 34

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La serata era andata benissimo e dopo quella piccola rivelazione mi sentivo anche meglio, visto che sapevo che Stefano non era in pericolo. Era ormai mattina e Jamie dormiva ancora, era girato dalla parte opposta e se ne stava beato. Io ero seduta con la schiena contro il muro ed avevo un libro in mano con cui cercavo di scacciare i pensieri, ma non ci riuscivo. Lasciai cadere il libro sulle ginnochia e spensi la piccola lampada sul mio comò. Avevo passato la notte a pensare ad un modo per far incontrare Jamie e la sua famiglia, ma non avevo idee.

-Stefano!

Esclamai entusiasta prima di coprirmi subito dopo la bocca con una mano sperando di non aver svegliato Jamie, perfortuna, dormiva ancora beatamente. Mandai un messaggio a mio fratello chiedendo di vederci, spiegando che sapevo tutta la storia e non c'era piú bisogno di fingere. Pur essendo le otto di mattina il messaggio non tardò ad arrivare.

'Va bene sorellina, facciamo colazione insieme? Alle nove al bar sotto casa!'

'Perfetto!'

Iniziai a prepararmi stando attenta a non svegliare Jamie, prima di uscire lasciai un bigliettino vicino a Jamie, scrivendo che sarei tornata presto.

Uscí di casa e camminai per due minuti nemmeno e arrivai al bar, Stefano si stava appena sedendo.

-Fratellone!

Esclamai in sua direzione correndo a braccia aperte. Ci abbracciammo e parlammo un po', poi arrivai al punto della conversazione.

-Devo parlarti di Jamie.

Dissi mentre sorseggiavo il mio thè al limone.

-È una brava persona, so che ora può non piacerti ma siete fatti per stare ins-

Lo fermai ridendo.

-Io amo Jamie.

Dissi con tono serio.

-Oh.

Sorrise.

-Ti ha raccontato di certo della sua famiglia, giusto?

-Continua.

-Bene, devono rivedersi e ho bisogno che tu mi dica dove vivono.

-Ne sei sicura?

-Certo.

Prese un tovagliolo dal tavolo e ci scrisse l'indirizzo. Erano le dieci e volevo andarci subito.

-Andiamo, ti accompagno in macchina.

Disse sbuffando.

Sorrisi immensamente, ero davvero grata.

Pagai velocemente e uscí, Stefano era andato a portare la macchina proprio davanti al bar, cosí salí immediatamente.

Il viaggio durò circa dieci minuti poi la macchina si fermo davanti ad un piccola villetta molto carina.

-È qui?

Chiesi mentre giocavo con una ciocca di capelli nervosamente.

-Esatto, ti aspetto in macchina.

Immaginavo, scesi dall'auto e mi avvicinai al citofono, lo suonai aspettando una risposta mentre la mia mente mi diceva di iniziare a correre e scappare, ma ormai ero arrivata fino a lí e non potevo tirarmi indietro. In realtà anche se avessi voluto andarmene non sarei riuscita a causa delle gambe che sembravano gelatina.

-Chi è?

Una voce femminile risuonò dal citofono. Rimasi zitta per un tempo che a me parve infinito, ero bloccata e tutto quello che avevo in testa era 'Sono una stupida, sono una stupida, sono una stupida.'

-Chi è?

La donna mi richiamò.

-Ehm, salve.

-Salve.

-La signora Bower?

-Sí, chi è?

-Posso parlare un minuto?

-Mh, arrivo.

Pochi minuti dopo una signora sui quarant'anni mi arrivò incontro.

-Salve, mi chiamo Cristina.

-Piacere, io sono Anne.

Disse mostrandomi un grande sorriso. Jamie le assomigliava moltissimo.

-Sono la ragazza di Jamie.

Dissi guardando da un'altra parte. Anne quasi che non sveniva, mi ero resa conto solamente dopo di quello che avevo detto, non vedeva sua figlio da anni e io mi presentavo cosí.

-Oh.

-Lui non sa che io sono qui, non so perchè lui se ne sia andato ma sono sicura che a voi lui manca come mancate voi a lui.

Le lacrime iniziarono a rigare il volto di una donna stremata. La abbracciai d'istinto e la strinsi forte.

-Jamie se ne andato per colpa mia.

Sussurrò singhiozzando.

-Lui era un adolescente e si sentiva non amato, come tutti i ragazzi della sua età, pensavo alle sue sorelle, soprattutto perchè sono femmine e le consideravo piú fragili.

Continuò mentre rimaneva stretta a me.

-Suo padre, se ne è andato quando lui era piccolo, ci aveva lasciati soli. Tre anni fa, ho conosciuto un uomo e uscivo con lui, Jamie si è sentito abbandonato ed è scappato, lo abbiamo cercato, poi un giorno, per lavoro sono passata davanti ad un'officina, lui era lí e nonostante avessi voluto correre ed andarlo ad abbracciare forte, me ne sono andata e ho lasciato crescere il mio bambino, cosí che si dimenticasse, per non farlo affogare nel passato e tu ragazza mia, se sei venuta fino a qui per lui, sei di sicuro il suo salvagente, l'unica salvezza in un mare di insicurezze.

A quelle parole mi ero commossa anche io, forse non era il modo piú naturale per conoscere la madre del mio ragazzo ma era di sicuro migliore e piú vero.

-Domani pomeriggio è libera?

Chiesi staccandomi per guardarla negli occhi.

-Per fare cosa?

-Un incontro con suo figlio.

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