Capitolo 43

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Alzai la testa dal cuscino e guardai per un po' l'orologio sul muro, dopo aver messo a fuoco lasciai andare nuovamente la mia testa all'indietro. Senza alcuna voglia mi alzai dal letto e senza un motivo valido aprí il cassetto dove tenevo le foto di famiglia. Presi tra le mani la foto di mia nonna e di mio nonno. Elizabeth e George Grace. La storia d'amore, a mio parere, piú bella. Per molti anni mia madre mi raccontava la loro storia prima di addormentarmi, era cosí bella che credevo fosse finta. Due inglesi un po' ribelli che vivevano per il loro amore. Loro due, con i capelli che volano nel vento e mano nella mano. Riposi le foto nel cassetto rendendomi conto che quei ricordi facevano troppo male.

-Buongiorno mamma.

Mormorai scendendo le scale.

-Buongiorno tesoro.

Disse sorridendo mia madre.

Era passato un mese da quando Stefano era venuto da me, da quando Jamie..

-Vuoi fare colazione amore?

Domandò mia mamma distraendomi dai miei pensieri.

-No mamma, ho voglia di prendere una boccata d'aria.

Dissi sorridendo.

Vidi la felicità nei suoi occhi, ed era anche logico visto che me ne ero stata a letto per tutto questo tempo, vedendo solo lei, Stefano, Valeria, Beatrice e Niall.

In realtà l'unico motivo che mi spingeva ad uscire era perchè avevo voglia di fumare una sigaretta. Tornai in camera mia a prepararmi e cercai il pacchetto di sigarette che doveva essere in qualche posto tra il disordine infinito.

-Dove cazzo sono?

Imprecai non riuscendo a trovarle. Misi un paio di jeans e una felpa, legai i capelli in una semplice coda e poi indossai le vans, presi i soldi per le sigarette e uscí di casa. Passai dal primo bar che riuscí a trovare e comprai finalmente l'unico motivo per cui ero uscita.

Il fumo trapassò la mia gola e facendomi sentire meglio, buttai fuori una nuvoletta di fumo denso cercando di far uscire insieme ad essa anche i miei dolori. Camminai a lungo, fino a quando non arrivai su un ponte, mi fermai ad osservare l'acqua che scorreva sotto di esso fumando sigarette che mi uccidevano i polmoni. Ripresi a camminare quando notai che avevo passato piú di un'ora ferma lí. Staccai gli occhi dal marciapiede e guardai dall'altra parte della strada, la gente camminava a passi svelti, come se tutti avessero fretta. Il tempo scappa e noi corriamo dietro a lui, ogni gesto, ogni pensiero ruota intorno a secondi e minuti, quando in realtà basterebbe trovare qualcosa da fissare per far sí che il tempo si fermasse e cosí fu, il tempo si fermò in quel istante e il mio corpo diventò freddo. Occhi azzurri e intensi erano fermi davanti a me, occhi che tutte le notti venivano a trovarmi nei miei sogni, occhi stanchi e gonfi, labbra ferite e screpolate dal freddo e da morsi. Non lo guardavo da troppo tempo e mi era mancato anche il solo fatto di osservarlo giocherellare con una ciocca di capelli biondi. Jamie era lí, davanti a me, inerme. Rimasi lí per un tempo che a me parve infinito, poi ripresi a camminare, superando quel corpo che avrei  tanto voluto abbracciare.

Ancora una volta, passai accanto alla felicità e la lasciai scappare via.

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