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Piper 

Scendo dalla macchina totalmente stordita. 

"Cosa è appena successo?", mi chiedo. 

Dopo il bacio si è creata un atmosfera imbarazzante tra noi, nè io nè Alex abbiamo avuto il coraggio di dire più niente.

Così ho aperto la portella e l'ho salutata con la mano. 

Ora mi avvio verso l'entrata dell'ospedale, con il cuore in gola. 

In quegli attimi ho provato così tante sensazioni, che provare a decifrarle tutte mi sembra impossibile. Alex mi piace, ha quel fascino e quel mistero che mi hanno sempre intrigata. 

Mi domando se sia possibile essere interessati dall'anima di una persona - e in caso di risposta affermativa, per me adesso è così. La conosco da pochissimo, ma sento come se non fosse così. Sembra come se i nostri occhi si conoscessero da sempre, come se si fossero già incontrati. 

Ho paura, so di averne molta. A differenza sua - sicuramente, credo - non ho esperienza, nè con uomini nè con donne. Sino ad ora ho solamente pensato a lavorare, alla mia formazione, e non ho trovato la persona che facesse al caso mio. 

Colpa dei miei genitori, - mi ricordo -, loro e quella fantasiosa teoria del principe azzurro, della persona giusta. 

"E se fosse Alex la persona giusta?", mi domando all'improvviso. 

"Non può essere - dice una parte di me - è la tua insegnante, siete così diverse..." 

"Taci tu - dice l'altra - è lei, fidati."

 Sono confusa, non so come comportarmi e cosa aspettarmi, so solo che non voglio perderla, e questo al momento mi basta. 

Entro nell'ospedale, mi dirigo verso l'ascensore, al secondo piano. 

Jack è lì, immobile, in sala d'attesa. 

"Come sta Samantha?", gli chiedo avvicinandomi a lui.

"Oh, meglio. Vorrebbe parlarti"., mi dice con aria preoccupata. 

Mi fa strada e raggiungiamo una piccola stanza spoglia, fatta eccezione per due letti, un comodino e un tavolo. 

Il comodino di Samantha è pieno di leccornie e di libri da leggere, mentre sul tavolo ci sono due mazzi di rose rosse. 

"E' permesso?", dico facendo il mio ingresso e sorridendo. 

"Piper!", esclama Samantha mettendosi a sedere sul letto, cercando di non affaticarsi troppo. 

"Mi hai fatta spaventare.", le dico abbracciandola. 

Resta in silenzio per alcuni minuti.

"Scusami se non ti ho detto niente, è che ... dovevo pensarci bene.", cerca di giustificarsi.

"L'importante è che ora stiate meglio.", le dico stringendole la mano. 

"Sai... è successo per caso. Io e Jack, voglio dire. "- continua, - " una sera tu te ne sei andata prima e siamo rimasti da soli, lui mi confessò che era da un pò di tempo che non riusciva a fare altro se non pensare a me, ed io facevo lo stesso. Così adesso siamo qui.", dice tutto d'un fiato. 

"Sammy, Jack è sposato"., le rammento. 

"Lo so, lo so. Ma se non fossi sicura che lascerà sua moglie non avrei tenuto il bambino", dice. 

"Ti conosco troppo bene. Avresti deciso di tenerlo lo stesso.", replico.

Scosta la mano dalla sua e si alza. 

"Ho voglia di andare a fare due passi.", dice. 

La assecondo e lascio che si sostenga a me. 

Jack ci guarda mentre varchiamo la porta della stanza e sospira. 

"Piper, c'è una cosa che devo dirti.", esordisce d'un tratto. 

"Ti ascolto". , le rispondo incuriosita. 

Continuiamo a camminare lentamente. 

"Jack vorrebbe che prendessi tu in mano il locale" - dice - "almeno sino a quando non partorisco.". 

Resto in silenzio a riflettere.

"E come farò con l'università?", chiedo.

"Organizzati, assumi chi vuoi. La gestione è tua."  

"Ma ne sei sicura?" 

"Si, ne sono sicura. Sarà tutto come sempre, tu riceverai il tuo stipendio mensile, e noi il nostro profitto. Cambia solo la tua totale presa in carico dell'attività."

Resto nuovamente in silenzio.

"Accetto!", esclamo poco dopo. 

"Sapevo di poter contare su di te.", dice con flebile voce. 

Ripercorriamo a ritroso il corridoio. 

C'è aria consumata in quel posto, e non vedo l'ora di uscire. 

Poco dopo rientriamo nella stanza, aiuto Samantha a sdraiarsi sul letto, è debole. 

"Allora io vado.", dico rivolgendomi a Jack. 

"Grazie, Piper, per tutto quello che stai facendo per me, per noi.", sorride. 

"A cosa servirebbero gli amici altrimenti?", ribatto. 

Sto per andare via quando Jack mi ferma. 

"Ah, Piper.", mi chiama. 

"Si?", rispondo girandomi. 

"C'è qualcosa  in quella ... come si chiama? Ah, si, Vause". 

Arrossisco.

"Nel modo che ha di guardarti. Le piaci.",  continua. 

"Ma è un insegnante, Jack.", esclamo.

"Da quando ti interesserebbero le gerarchie sociali? Non è poi molto più grande di te.", continua. 

Effettivamente ha ragione. Alex è di poco più grande di me. 

"Adesso devo proprio andare. Ci sentiamo domani.", lo rassicuro. 

"Ciao, Piper", esclamano all'unisono mentre lascio la stanza a passo spedito. 


Più forti della tempesta (Vauseman)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora