Le sensazioni che mi fai provare

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Alex

Esco dall'università verso ora di pranzo. Vengo immediatamente fermata dalla Segretaria che mi comunica di salire nell'ufficio del Rettore. 

Prendo l'ascensore e dopo qualche minuto mi ritrovo a bussare davanti quella porta. 

"E' permesso?" , dico aggiustandomi gli occhiali. 

"Prego, dottoressa Vause, prego."

Il rettore mi accoglie con aria festosa. 

"E' riuscita a far ritirare la denuncia alla ragazza, ne sono felice."

"Veramente...", cerco di dire.

"Ha fatto un ottimo lavoro, ne siamo tutti usciti puliti da questa storia.", - continua, "l'unica cosa che le chiedo è di controllarsi la prossima volta. Lei è una docente straordinaria, i ragazzi sono follemente contenti delle sue lezioni, ma la prego.." 

"Non si preoccupi. Non accadrà più.", lo rassicuro. 

"Bene, allora credo che non ci sia altro da aggiungere. Può andare.", dice salutandomi con la mano. 

Gli sorrido ed esco dal suo ufficio. 

Scendo le scale e mi avvio verso l'uscita, accendo il cellulare e leggo il messaggio di Piper. 

"Suburb Way, 345.", recita. 

Sorrido maliziosamente e cammino verso la metro. 

Non sopporto questo clima strano, è così inusuale da queste parti. 

Raggiungo la metro, scendo le scale e attendo il convoglio che mi porterà da lei. 

Noto una donna seduta su una panchina e mi siedo anch'io. 

Ho i piedi a pezzi, portare scarpe con il tacco non è proprio il mio forte, e ogni volta devo combattere con la parte mascolina che vorrebbe sguazzare in bizzarre scarpe comode invece di queste. 

La donna si accende una sigaretta, le ricorderei volentieri che in metro non si fuma, ma non ho voglia di discutere. 

Distolgo lo sguardo da lei e mi concentro sul tabellone degli orari. 

Il convoglio arriva poco dopo, affollato come sempre. 

Resto in piedi, in compagnia dell'odore nauseabondo di ascelle sudate e aria consumata.

"Vorrei tanto sapere chi ha inventato la metro", penso tra me e me. 

Scendo  quattro fermate dopo. 

Che strano, non ci sono mai stata da quelle parti.  E' tutto così diverso dal centro città, certo, sono strade di periferia, ma lo stato di abbandono e di degrado è davvero tangibile.

Mi oriento grazie a google maps e ben presto trovo il quartiere dove vive Piper. Ci sono bambini che giocano per strada con la palla, mamme che stendono i panni e cani che abbaiano senza sosta. 

Mi sento estranea a tutto quello, e nello stesso tempo obbligata a doverne far parte, perchè non posso evitarlo. 

Mentre in città capita che non presti mai caso ai dettagli, nelle periferie ci devi far caso per forza perchè sono l'unica cosa che le contraddistingue. 

Faccio uno squillo a Piper e lei si affaccia dal balcone. 

"La mia Giulietta.", penso. 

Mi apre il portone e salgo le scale a due a due. Arrivo davanti al suo portone, suono il campanello. 

Mi viene ad aprire sorridendomi. Mi ritrovo una dea davanti. 

Ha un vestito corto a fiori, e ha una fragranza di fiore di pesco. 

La spingo più in là e mi richiudo la porta alle spalle. 

"Benvenuta nella mia umile dimora.", dice sarcastica. 

"Mmm, bella.", esclamo disinteressata. 

Mi guarda chiaramente impaziente, così come lo sono anch'io. 

"Vuoi qualcosa da b...", cerca di chiedere, ma la interrompo. 

La prendo alla sprovvista e la spingo verso un muro vicino. Inizio a baciarla con passione alla rinfusa, ora sulla bocca, ora sul collo. 

Lascio pieno potere alle mie mani, che si avventurano, perdendosi negli angoli più nascosti della sua pelle. 

Le sfilo il vestito con un gesto deciso e, con immenso stupore, contemplo la bellezza di quella lingerie in pizzo. 

"Dove hai detto che è la tua camera?", le chiedo tra un bacio e l'altro. 

"Veramente non l'ho detto.", ribatte lei. 

"Bene, allora andremo a intuito.", le comunico ridendo. 

Mi tolgo la camicia e il reggiseno, riprendo a baciarla e ci dirigiamo verso la prima stanza camminando a zig zag. 

"Qui no.", dico aprendo il ripostiglio. 

"Nemmeno qui.", continuo. 

Lei ride di gusto. 

Finalmente dopo non molto arriviamo in quella che dovrebbe avere l'aria di una stanza per dormire. 

La getto sul letto e mi metto a cavalcioni sopra di lei. 

Inizio a muovermi su e giù, facendo combaciare la stoffa delle mie mutande con le sue. 

Geme, e gemo anch'io. 

Poi è il suo turno, si mette sopra di me e fa la stessa cosa che ho fatto io qualche istante prima. 

Preferisco dominare, ma a lei glielo concedo.

Si muove in modo inesperto su di me, ma imparerà. 

Mi metto a sedere e le prendo il viso tra le mani, la faccio sdraiare e inizio a lasciarle baci dappertutto. 

Gioco con i suoi capezzoli, le bacio il petto, sino a giungere alla sua intimità. 

Le sfilo le mutandine e inizio a giocare con la lingua sul suo clitoride. 

Mi stringe i capelli, ma non sento dolore. La guardo negli occhi, e lei guarda i miei. 

"Più veloce, più veloce.", dice. 

Faccio come  desidera e procedo più velocemente.

Inarca la schiena, sta raggiungendo l'apice. 

Smetto subito e la penetro con un dito, poi con due. 

Un gemito secco, ho paura di averle fatto male. 

Piper mi guarda con aria rassicurante - "continua.", mi dice.

Così continuo e in breve tempo raggiunge l'apice. Stringe forte le lenzuola e non mi sono mai sentita più eccitata di adesso. 

Ho il controllo su di lei, su quello che prova. Lei sta bene perchè sono io che la faccio stare bene. 

Percepisco una scossa di adrenalina farsi spazio per tutto il corpo. 

Lei chiude gli occhi sfinita. 

"Tu mi fai stare bene.", sussurra.

"Anche tu, le dico." 

Mi sdraio accanto a lei, consapevole che non era mica finita lì, avremmo fatto l'amore tante altre volte ancora. 

Non mi sarei mai stancata del suo sapore, così come lei non si sarebbe stancata del mio. 


Più forti della tempesta (Vauseman)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora