Il manoscritto

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Piper 

Quella domanda mi ha colta alla sprovvista, totalmente spiazzata. 

Non mi sarei mai aspettata che prima o dopo avrebbe potuto chiedermi una cosa del genere. Del resto iniziavo ad essere consapevole di come in realtà lei avesse già iniziato ad insegnarmi l'amore dal primo giorno.

La lezione è finita, restiamo sole, io e lei. 

"Oggi c'è la lezione numero 5,", esclama. 

"Temo che dobbiamo rimandare, devo tornare a lavoro.", le comunico con aria di malinconia.

Contorce le labbra - "vorrà dire che continueremo domani.",ribatte. 

Le sorrido e sto per andare via quando improvvisamente Alex mi afferra per un braccio. 

"Voglio venire con te..."- continua  - "potrei darti una mano." 

Ci rifletto su per qualche istante e poi accetto. 

Averla vicina mi farà stare più calma. 

"Ti dispiace se passo prima dal bagno a sciacquarmi la faccia?", chiede.

"Oh, no. Nessun problema". le rispondo, e ci dirigiamo verso il bagno. 

L'androne dell'università è semi-deserto, fatta eccezione per alcuni studenti intenti a sottolineare trafiletti importanti su libri fotocopiati e qualche professore che discute animatamente al telefono. 

Scendiamo le scale sino al primo piano, lei entra e decido di attenderla sull'uscio della porta. 

La osservo mentre si getta dell'acqua sugli occhi e si asciuga con un fazzoletto, soffermandosi a fissare la sua immagine riflessa nello specchio. 

"Starei qui a guardarla per ore...", penso tra me e me. 

Improvvisamente fa qualcosa che mi fa sobbalzare. Lentamente si sbottona la camicia, dandomi modo di intravedere la scollatura e il reggiseno che indossa.

Sono totalmente confusa e instabile al momento: sento l'aria mancarmi. 

Sorride compiaciuta - sa che la sto guardando. Si bagna anche il petto, e, dopo aver asciugato, richiude i bottoni.

"Possiamo andare.", - dice schiarendosi la voce. 

Resto in silenzio. 

Poco dopo siamo fuori dall'università, il cielo grigio ci tiene compagnia mentre camminiamo per le strade di Londra gremite di turisti curiosi e passanti disinteressati. 

"Sei sicura di voler venire con me?", le chiedo improvvisamente continuando a camminare.

"Certo che sono sicura, altrimenti non te l'avrei proposto.", replica immediatamente. 

"E' stata colpa mia" - aveva detto prima nell'aula. 

"No, non è colpa di nessuno se ci piacciamo.", avrei dovuto constatare. 

E invece ero rimasta in silenzio, come sempre. Espormi non è mai stato il mio forte, e forse  è proprio per questo motivo se arrivata a questo punto del mio percorso sono ancora una persona fragile e insicura. Non ho mai rischiato per difendere le mie idee, ho preferito appoggiare quelle degli altri e fingermi compiaciuta per non perdere ciò che vigliaccamente avevo conquistato. 

Eppure ora sento come se una parte di me voglia riprendersi quel potere indietro ,quella voglia di farsi valere, e forse questa potrebbe essere un ottima opportunità. 

"Cioè, voglio dire - Alex mi piace da impazzire, perché non dovrei dirglielo?" - 

"Perché ti vergogni.",  - dice una parte di me .

"Perché non hai le palle.,"  - sottolinea l'altra. 

Poco dopo arriviamo al ristorante. Apro il lucchetto, muovo la serratura con la chiave e la saracinesca si apre. 

"Dov'è finito il tuo nuovo aiutante?", chiede Alex curiosa.

"Torna stasera. Al momento basto io.", rispondo lanciando le chiavi del locale su un mobiletto lì vicino. 

Mi tolgo il cappotto, lo fa anche lei. 

Mi avvio verso la cucina e iniziò a tamburellare rumorosamente le dita sul tavolo - devo pensare. 

"Allora, da dove iniziamo?", esordisce Alex facendo capolino. 

"Ho bisogno di riflettere un attimo.", sussurro. 

"Bene, se vuoi aiutarmi ho bisogno che tu faccia una cosa per me"., le dico improvvisamente mentre prendo l'uniforme dall'attaccapanni e con fatica cerco di allacciarlo. 

"Aspetta, ti aiuto.", dice avvicinandosi e annodando i lacci dell'uniforme. 

"E' così calma.", penso. 

"Fatto", dice poco dopo  - "allora, cosa dovrei fare?" - chiede sistemandosi gli occhiali. 

"Vorrei che leggessi una cosa che ho scritto.", esordisco con imbarazzo. 

"Piper, ma tu mi avevi detto...", la interrompo. 

"Ho provato a scrivere qualcosa di mio, un po di tempo fa, ma non ho mai voluto condividerlo con nessuno."  - continuo, "vorrei che lo facessi tu, ora."

Mi guarda e le sue labbra si distendono in un sorriso. 

"Certo che leggerò allora, ma io pensavo di doverti aiutare qui, in cucina.", ribatte. 

"Non ce n'è bisogno, per me è molto più importante questo." , le dico. 

Estraggo una pila di fogli dallo zaino e, invitandola a sedersi, glieli porgo. 

Avverto agitazione in me. 

"E se non le piacesse?", penso - "me ne farò una ragione", continuo. 

Mi allontano, dandole tempo di leggere, e inizio a preparare gli ingredienti per cucinare. 

Da un lato della cucina impilo le padelle, dall'altro i bicchieri. Preparo i coperti con estrema velocità, e il pomeriggio trascorre velocemente. 

Alex non ha distolto gli occhi per un attimo dal mio manoscritto, perciò ho preferito non chiederle niente. 

Verso le sei di sera finalmente ho adempiuto a tutti i miei doveri e posso concentrarmi su di lei. 

Mi avvicino e le siedo di fronte. 

"Allora?", domando impaziente. 

Resta in silenzio per alcuni istanti. 


"Piper..." - la interrompo. 

"Si, lo so. Non sono per niente brava con le parole, e... scrivere mi viene da schifo.", cerco di giustificarmi. 

"E' meraviglioso.", dice ad alta voce toccandomi la mano. 

"Davvero lo pensi?"  - chiedo sorpresa. 

"Si. Non ho mai letto nulla di più avvincente e stilisticamente impeccabile prima d'ora!" 

Quelle parole non fanno altro che far salire la mia autostima. 

"Ti ringrazio.", rispondo sorridendole entusiasta. 

Mi porge i fogli e alzandomi li rimetto nello zaino. 

Approfitto dell'occasione per parlarle in tutta franchezza. Ho paura, ma devo farlo. 

"Ora o mai più.", ricordo a me stessa prendendo coraggio. 

Più forti della tempesta (Vauseman)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora