Ricercatrice per passione

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Alex

Mi chiamo Alex, ho trentasei anni e finalmente da pochi anni sono assistente alla cattedra presso la Metropolitan University di Londra.

Sono nata e cresciuta a New York ma ho studiato qui.

Abito in un tranquillo quartiere residenziale con il mio cane, Poppy e non mi lamento.

Ho sempre amato la letteratura, così quando mi hanno detto che c'era la possibilità di fare domanda per assistente alla cattedra non ci ho pensato nemmeno un secondo.

Ho inoltrato la mia candidatura e sono stata presa. Eccomi qui.

Domani sosterrò la mia prima lezione: da sola.

Mi tremano le gambe, ma so di potercela fare.

Ho sognato così tanto questo momento, tutti i ragazzi che pendono dalle mie labbra... è una sensazione così idilliaca.

Non vorrei parlare della mia famiglia: non ci sarebbe niente di interessante da raccontare.

Vorrei piuttosto parlare di cosa mi è successo questa mattina.

Avevo deciso di fare un salto a Piccadilly Circus per comprare finalmente un paio di scarpe.

Avere la mattinata libera era davvero una cosa nuova per me, così ho pensato bene didedicarlo a me.

Stavo camminando quando improvvisamente una ragazza bionda e dallo sguardo distratto ha iniziato a saltare e mi è finita addosso, urtandomi.

"Ah, questi giovani di oggi.", penso tra me e me.

Osservo tutte le mie cose sparpagliate sul pavimento e fingo di essere arrabbiata, anche se la scena mi ha divertita molto.

La guardo per un attimo e lei resta senza parole.

So da sempre di avere un certo fascino, ma che qualcuno restasse senza parole poi ... non l'avevo mai preso in considerazione.

Le sorrido e me ne vado.

La cosa strana è che mentre riprendo a camminare non riesco a togliermi l'immagine che ho di lei dalla testa.

"Che cosa strana;", penso tra me e me.

Poco dopo faccio ritorno in quella che è la mia casa.

Getto le buste con i miei acquisti sul letto e controllo la posta.

"Bollette, bollette, bollette.", esclamo ad alta voce.

"Si può sapere perché in questa casa arrivano solo bollette?", chiedo alla mia compagnia di stanza, Jenny.

Jenny è una ragazza più piccola di me. E' nata e cresciuta a Brooklyn e qui ha trovato il lavoro della sua vita.

E' fidanzata con Josh, un ragazzo molto rinomato da queste parti perché gioca a basket ed è bravissimo, ma lei non lo ama per quello.

Ogni tanto le ricordo che stano insieme da otto anni, e che sarebbe anche il momento di fare il grande passo.

Lei ride, vorrebbe tanto, ma lui la pensa diversamente.

Josh sostiene che si possa stare insieme anche senza sposarsi, che il matrimonio è un idiozia, che l'amore non ha bisogno di essere impresso sulla carta, eccetera eccetera.

Io credo che ci sia altro sotto, però non voglio dire nulla sino a quando non ne sarò sicura.

Josh si ferma spesso a dormire con Jenny qui, e di notte dormo spesso con le cuffie nelle orecchie, giusto per dare l'impressione di rispettare la loro privacy.

Una mattina Josh era appena entrato in doccia e improvvisamente il telefono squillò.

Mi avvicinai, e sul display apparì un numero con sopra scritto "sweetheart.", mi incuriosì molto, così dopo che il telefono smise di squillare diedi un occhiata fugace ai messaggi.

Se avessi continuato a leggere sicuramente avrei capito meglio, ma tutto sommato appresi abbastanza già in quel modo.

Ricordo che nei giorni successivi dovetti trattenermi dalla voglia di prenderlo a schiaffi e buttarlo fuori di casa mentre amoreggiava con Jenny dicendole che lei era l'unica ragione della sua vita.

"Andiamo... come puoi prendere per il culo una ragazza in questo modo?".

Tuttavia decisi che non erano fatti miei per il momento, e che avrei aspettato l'evolversi delle cose.

"Le bollette arrivano perché devono essere pagate!", esclamò Jenny dall'altra parte della stanza.

"Grazie per avermelo detto, non ci sarei mai arrivata.", ribattei sarcastica.

"Come va con Josh?", le chiesi raggiungendola di là in cucina.

"Potrebbe andare peggio.", ripose sospirando.

"Vedrai che andrà tutto bene.", cercai di incoraggiarla dandole una leggera pacca sulla spalla.

"A volte mi chiedo come facciano a piacerti le donne... siamo così insopportabili a volte.", rise.

"Hai proprio ragione. Diciamo che mi piace complicarmi la vita.", le sorrisi.

Ricordo bene il giorno in cui avevo finalmente ammesso che mi piacevano le donne e non gli uomini.
Era stato forse uno dei giorni più belli della mia vita, perché finalmente avevo capito, finalmente ne avevo avuto la conferma.

Per tutti gli anni dell'adolescenza mi ero continuamente chiesta chi fossi, cosa volessi. E poi capii che non c'era nulla da temere: c'era tempo.

"Devi ritornare a lavoro?", mi chiese Jenny poco dopo.

"Si, domani mattina. Terrò la mia prima lezione da sola."

"Wow. E' grandioso!" rispose.

"Lo è, eccome se lo è.", esclamai versandomi un po' d'acqua nel bicchiere. 

Più forti della tempesta (Vauseman)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora