Capitolo ventisei.

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"Sei tutta l'arte
di cui ho bisogno
per dipingere
il quadro della situazione."
-Gio Evan

MATTHEW'S POV.

Un palloncino.
La convinzione, è come gonfiare un palloncino.
Usi tutto il tuo fiato, fino a rimanerne senza, mentre il palloncino si gonfia piano piano, così come si gonfiano le convinzioni.
Tu continui a gonfiarlo, fino a sentire i polmoni bruciare, attaccandoti alla consapevole che un palloncino gonfio, sarà sicuramente migliore rispetto ad uno con poca aria, incapace di rimbalzare.

Soffi fino a che non scoppia, lasciando spazio alla delusione per aver speso tempo e fiato per uno stupido palloncino ormai ridotto in pezzi.

Più grande è il palloncino, più è rumoroso lo scoppio.
Più grandi sono le convinzioni, più grande è il vuoto lasciato nel momento in cui smetteranno di celare la verità, ben visibile agli occhi.

Ho gonfiato un palloncino anch'io.
Giorno dopo giorno, con pazienza e precisione, senza accorgemi del fatto che ben presto mi sarebbe scoppiato in faccia, facendo male da morire.

Pensavo di star facendo la cosa giusta ma, per l'ennesima volta, ho mandato tutto in fumo.
Non volevo farle del male ma, nonostante tutte le buone intenzioni, non ho fatto altro che peggiorare la situazione.

I suoi occhi glaciali non abbandonano la mia mente nemmeno per un istante.
Chiudo gli occhi e lei è lí, nel mio cervello, pronta a rinfacciarmi tutto ciò che le ho detto in quegli stupidi momenti di rabbia.

Parlavo, parlavo.
Tiravo fuori parole che non appartenevano affatto alle mie labbra.
Nemmeno lo sgomento nel suo sguardo ha potuto bloccarmi, nemmeno la consapevolezza.

Vederla così distrutta, rannicchiata contro il muro, piangendo tutte le sue lacrime, ha smosso qualcosa in me.
Vederla così, mi ha fatto venire voglia di prenderla tra le braccia e farle da scudo contro tutte le ingiustizie del mondo.

Quella ragazza, così tanto solitaria, porta nel mio mondo in bianco e nero un pizzico di colore, pitturando ogni singolo tassello.
Colora senza nemmeno rispettare i limiti, muovendo il pennello senza una vera logica, creando una caotica opera d'arte.

Illumina le giornate con la sua simpatia, mi confonde con il suo irritante sarcasmo.
Pare capire ogni singola emozione che provo, quasi fosse un'altra goccia della stessa anima tormentata.
Buona con tutti, sento il bisogno di avere il suo corpo gelato rannicchiato contro il mio, in un posto sicuro dove riposare.

Il respiro mi si mozza in gola, mentre intensifico il mio allenamento.
Corro più velocemente, aumento il peso dei bilancieri, colpisco ininterrottamente il sacco da boxe.
Ho bisogno di allontanare la sua immagine dai meandri del mio cervello.

Corro, colpisco, mi blocco, finché non sento il petto corrodersi e le forze mancare.
Poggio le mani sulle ginocchia e respiro a grandi boccate, cercando di riacquistare l'equilibrio che, faticando, avevo perso.

Un calore eccessivo irradia il mio corpo mandido di sudore, rendendomi ancora più ardua riprendere a respirare correttamente.
Torno nello spogliatoglio, passandomi asciugamano su tutto il corpo, cambiando successivamente la maglietta.

Ho bisogno di una doccia fredda per riacquistare le forze, ma non ho intenzione di farla qui.
Mi avvio verso l'uscita, la testa rivolta al solito unico, banale, pensiero.

Proprio prima che io esca dalla struttura, una chioma corvina, accompagnata da abiti eccessivamente oversize, attirano la mia attenzione.
È...lei?
Cosa ci fa qui?

Non posso trattenermi dal raggiungerla a grandi falcate, poggiando una mano sulla spalla della ragazza con l'intento di richiamarla, un sorriso sornione ad adornarmi il volto.

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