Capitolo trentatré.

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"Preferisco cadere
che stare in piedi
con chi
non si è buttato mai."
-Gio Evan

"Chi è?" borbotto senza nemmeno salutare alla persona che, così presto, ha interrotto il mio sonno per una telefonata.

"Alyiah, ti ho svegliata?" riconosco immediatamente la voce profonda, e dopo aver dato una controlla al nome sul display per essere sicura di non avere brutti scherzi dalla mia mente, sbuffo in risposta alla sua domanda.

"Dominic sono solo le 8 di sabato mattina, ovvio che mi hai svegliata! Spero per te che tu abbia una buona proposta da farmi" sbadiglio alla fine della frase, gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il soffitto.

"Guadagni qualcosa in più delle gare, come cifra base, e al banco scommesse sono molto più generosi. Il rischio che tu possa farti male, però, è più alto." mi spiega con il suo solito modo vago, facendomi stizzire più del dovuto.

Non ho la testa per capire i suoi indovinelli, alle otto del mattino!

"Dominic, che devo fare." sbuffo, sentendo una risata divertita dall'altro capo del telefono.

"Con calma angioletto, con calma. Sono dei combattimenti clandestini. Puoi essere tu la sfidante, cosa che ti sconsiglio, o portare qualcuno che possa combattere per te. Ovviamente guadagni di più andando sul ring, ma il gruzzolo è sempre alto."

Nel sentire ciò che mi propone, un piccolo sorrisetto soddisfatto si fa largo sul mio volto ancora mezzo addormentato.

"Ci sto, mandami tutto per SMS." mi premo il cuscino sul viso, bisognosa di interrompere il contatto coi raggi di che trapelano dalla finestra e m'infastidiscono nonostante io abbia gli occhi chiusi.

"Chi porti?" chiede lui, convinto che abbia ascoltato il suo consiglio decidendo di limitarmi a fare scommesse.

"Non porto nessuno, Dom. Combatto io."

Non aggiungo altro.

Chiudo la chiamata e torno a dormire.

***

L'odore dolciastro della marijuana è ciò che mi da il benvenuto quando entro nell'edificio.

Si tratta di una struttura in disuso, in condizioni abbastanza pietose ma che si tiene ancora bene in piedi.

La muffa però, accompagna ogni mio passo e non posso fare a meno di ricordare le macchie sul soffitto che guardavo ogni sera prima di addormentarmi.

All'orfanotrofio.

La folla è strepitante, in piedi attorno ad una struttura improvvisata a ring, mentre cerco attentamente il viso duro del ragazzo che riesce a farmi guadagnare da vivere.

Non appena lo individuo appaio al suo fianco, picchiettandogli la spalla.

"Ecco qui la mia bella!" esclama stringendomi a se, una mano tra i capelli per scompigliarli in un gesto affettuoso.

Quest'uomo è forse ciò che più ho di vicino ad un amico, oltre Liam ed America.

Lo conosco da quasi due anni, periodo in cui sono riuscita a tirarmi fuori da quello schifo di orfanotrofio.

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