Capitolo uno.

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«In cielo c'è una stella per ognuno di noi, sufficientemente lontana perché i nostri dolori non possano mai offuscarla.»
Christian Bobin

"Aly, mi puoi portare al bagno? Non riesco più a trattenerla! "si lamenta per l'ennesima volta mio fratello, provocandomi un grosso sbuffo in risposta.

Siamo in piena autostrada, ma quasi posso ancora vedere dallo specchietto retrovisore il benzinaio che da poco abbiamo sorpassato.
È la quarta volta in tre ore che ci costringe a fermare, non ne posso più.
Mi fa salire l'istinto omicida quest'uomo, come mai nessuno prima di lui.

"Ma cosa ti costa aspettare per un'altra mezz'oretta, Liam? Siamo quasi arrivati, e che diamine!" borbotto infastidita, stringendo il volante tra le dita, facendo leggermente sbiancare le mie nocche.

"Vuoi davvero che la faccia in questa bottiglietta? "mi chiede mostrandomi l'oggetto in plastica e non posso fare a meno che roteare gli occhi, sbuffando ancora.
Sa bene che odio il tanfo che emana l'urina e ovviamente ha trovato un modo per usare questa cosa contro di me.
È furbo, il bastardo.

"Guarda quel cartello: sette minuti alla prossima stazione di servizio. Ci fermiamo lí, basta che stai in silenzio ed eviti di lamentarti come un bimbo capriccioso."

Vedo il suo sorriso smagliante dallo specchietto e non posso fare a meno di scuotere la testa, ancora incredula per il suo carattere così bambinesco.

Non appena noto lo spiazzale dell'Autogrill metto la freccia e, con l'automobile, mi c'infilo, fermandomi solo dinanzi alla pompa di benzina.

Vedendo la testolina bionda di America, la mia migliore amica, allontanarsi assieme al mio gemello, mi rilasso contro il sedile per qualche secondo, per poi scendere e avvicinarmi alla pompa, decidendo di fare il pieno.

"Alyiah, guido io adesso. Tu riposati, sei in piedi dalle quattro di questa mattina." Sobbalzo quasi nel risentire la voce di mio fratello il quale non può non provocarmi un sorriso per la premura dell'espressione appena pronunciata.

Nonostante sapessi di dover guidare per l'intera mattinata, questa notte non sono riuscita a chiudere occhio.
Ennesimo viaggio, ulteriore trasferimento e nessuna vicinanza per me e la mia famiglia alla libertà, quella che con tanto ardore desideriamo.

"America, prendi le chiavi." ridacchio dopo qualche secondo, decidendo di stuzzicare mio fratello, e successivamente cercando di lanciare le chiavi alla mia amica.
Sfortunatamente, però, il tiro viene intercettato da Liam che subito stringe il portachiavi blu tra le dita.

"Questa volta non vinci, stronza, guido io."  E corre in auto, al posto del guidatore.

Non ho idea a quale delle due si sia riferito, ma onestamente non m'interessa: sono troppo stanca per pensarci.

Apro lo sportello e quasi mi lancio sui sedili posteriori, concedendomi il lusso di togliermi le scarpe e di stendermi.
Sono davvero sfinita, guido da circa 8 ore.

Domani, dopo mesi e mesi passati nel mio anno sabbatico, dovrò tornare a scuola, una della quale non conosco nemmeno il nome.

Detesto il cambiamento, non riesco a stare tranquilla quando non tutto è sotto il mio controllo ma, per mia sfortuna, è un qualcosa che accade spesso.
Rimuginando tra i miei pensieri, rivolti principalmente al mio ritorno a scuola, scivolo lentamente tra le braccia di Morfeo, troppo stanca anche solo per provare a lottare per restare sveglia.

****

Mi metto seduta di scatto nell'abitacolo, i capelli neri ridotti in un nido d'uccelli e il viso ancora intorpidito dalla dormita appena terminata.
Appena metto a fuoco la modesta casetta sulla mia destra capisco dove ci troviamo e, con una forza di volontà proveniente da una fonte sconosciuta anche a me, balzo fuori dall'auto, per raggiungere mio fratello e la mia migliore amica, affiancati da una vecchietta sulla settantina.

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