III

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Primo giorno di lezione della professoressa Cabello.
Camila ha sempre amato la sua disciplina, scrittura creativa, e ama ancor di più spingere i suoi alunni ad aprire i loro cuori, buttarsi con l'immaginazione in posti inesplorati che solo loro posso scoprire e poi condividerli con gli altri, senza alcuna vergogna.
Come prima lezione preferisce andare su un qualcosa di leggero, giusto per vedere a che punto sono, se sono cresciuti artisticamente durante la sua assenza, così li guida verso uno dei primi argomenti trattati con lei: la storia.
«Pensate alla vostra vita, pensate a una giornata qualsiasi. Quanti avvenimenti succedono? Decine. Centinaia» afferma con voce chiara, appoggiandosi alla cattedra «Ciò che rende storia un avvenimento è proprio il vostro intervento, la vostra esperienza di narratori»

Mentre spiega si accorge che solo una persona è nel suo mondo, che fa scorrere la penna su un foglio, senza mai staccarla o alzare lo sguardo. Guarda abbastanza incuriosita Anaëlle Davis, ma anche accigliata, d'altronde Camila è una donna di polso che desidera la massima serietà e attenzione e pretende di essere ascoltata e guardata in faccia quando parla.
«Davis, che stai scrivendo di così importante? Non mi sembra abbia dato il permesso di incominciare» la riprende, spostando l'attenzione di tutti su di lei
Anaëlle si passa la mano sulla rasatura dei capelli e non proferisce parola. Si sente osservata, gli sguardi degli altri bruciano su di lei.
«Lo mettiamo via?»
Più che domanda, quello di Camila è un ordine. La ragazza annuisce, prende il pezzo di carta e lo inserisce in un quaderno. Prima che possa chiudere la copertina, qualcuno lo strappa dalle sue mani ed esci fuori il foglio che stava scrivendo. Questo si schiarisce la gola ed inizia a leggere ad alta voce.

Certi giorni sto bene, altri mi fanno precipitare. Scaveró nel fango in cerca della felicità che credevo di trovare. Il buio mi spaventa di più, ora che so che c'è una luce non ancora estinta; quel barlume di speranza mi spinge a non darmi per vinta.

«Su Anel, c'è speranza anche per le fecce dell'umanità. Peccato che chi di speranza vive, disperato muore» la schernisce un suo compagno di classe, insieme agli altri
«È Anaëlle, cretino!» ringhia
«Nanel, sì» continua a ridere, prendendola in giro per il suo nome francese «So come ti chiami, è inutile che mi corregi, non c'è la Jauregui in classe, non devi fare la sua cocca!»
Anaëlle tira un pugno sul banco e si avvicina a lui pronta per picchiarlo ma Camila si mette in mezzo, mettendo fine a quel ridicolo sipario.
«Ma siete dei bambini o cosa? Siete ragazzi dell'ultimo anno, vi mettete a ridere per cose stupide!» ammonisce tutti «Harris, dammi  immediatamente questo foglio»
Lui la guarda con un sorriso beffardo e alla fine cede, mantenendo la stessa espressione.
«Tu e la signorina Davis vi beccate due ore di detenzione questo pomeriggio, così vediamo se imparare a comportarvi come ragazzi maturi, prossimi al diploma. Sempre se ci arrivate, posso bocciarvi tutti se voglio e non pensate che la mia materia sia una passeggiata, potrò farvela odiare, quindi non fatemi diventare cattiva!»

****

Sono le quattro del pomeriggio, un'ora di detenzione è già passata. Anaëlle trascorre il tempo studiando, ripassando le varie materie: pur se son tornati ora dalla vacanze di Natale, vuole mettersi in carreggiata. No che non sia una brava studentessa, ma durante il primo semestre ha dormito abbastanza e la sua media si è rovinata.
Al contrario suo, James Harris, il ragazzo in detenzione con lei, continua a lanciarle palline di carta e sussurrare parole con un francese orribile.
«Baleine» ridacchia «Perché non ti volti, balenottera»

Stringe sempre di più la matita tra le dita fino a spezzarla in due e, più lui continua ad insultarla in diversi modi, più i denti affondano nel labbro inferiore bloccando le lacrime. Le fa male sentirsi chiamare in questo modo. È sempre stata una dura, una tosta, infatti è una delle fondatrici di una delle gang della scuola e quello che continua a stuzzicarla è, niente di meno che, il capo della gang rivale.
Batte velocemente il tallone a terra e conta da novantanove in giù per mantenere la calma, ma sembra non funzionare.
Apre un quaderno in una pagina a caso e con la matita spezzata, inizia a scrivere quello che le passa per la testa.

Ora la depressione mi sta come un vecchio maglione, sformato e sfilacciato ai bordi.
A volte ho freddo e mi sento sola e provo ad indossarlo di nuovo. Le maniche sono corte, è stretto in vita. La lana prude. Non sono pronta a buttarlo via. Ma la tristezza non è confortante come un tempo.

Brainiac ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora