XXXVI

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«Io ti odio!»
Anaëlle sale di corsa le scale pestando sempre più forte con i piedi, nonostante le urla della madre adottiva.
«Anaëlle Davis, torna subito qui!» strilla a sua volta
«Non ti permetterò di fare del male alle uniche donne che hanno sempre avuto un minimo di considerazione nei miei confronti!»
Sbatte la porta della sua stanza facendo tremare i vetri. Cammina avanti e indietro, buttando a terra ogni cosa si ritrova tra le mani, dai portapenne, fotografie, libri.
Sta per lanciare anche quel famoso libro di poesie e accanto ad esso c'è la foto con Lauren scattata in comunità, l'estate precedente.
Stringe la copertina tra le mani e con rabbia fissa quelle iniziali. Come ha fatto a non pensarci prima!
KCC: Karla Camila Cabello.
Quante volte Lauren ha chiamato la sua professoressa Karla.
Che stupida!
E Lauren che non le ha mai detto nulla, che le ha nascosto la verità, nonostante sapesse quanto fosse importante per lei. E più volte le ha chiesto di aiutarla a cercare la madre biologica e lei non ha mai mosso un dito nonostante l'insistenza.

Sua madre spalanca la porta. Rimane sull'uscio con le mani sui fianchi e si trattiene dall'urlare vedendo tutto quel disastro sul pavimento.
«Ascoltami bene, ragazzina» inizia con quel tono minaccioso «Uscirai da questa casa solo per andare a scuola. Niente amici, niente attività extra, niente di niente!»
Anaëlle è di spalle. Lo sguardo è rivolto alla finestra, dov'era seduta quella notte quando arrivò Lauren a tenerle compagnia.
Trattiene una risata amara. Quelle parole le arrivano come uno schiaffo.
Ogni secondo le arriva uno sempre più forte da quando quella è piombata in casa Jauregui. Tra urla, verità non dette, ricordi, pensieri, punizioni...
Come può mettere in punizione una ragazza che è appena uscita dall'ospedale dopo essere stata incosciente per due giorni per un'overdose, che ha tentato il suicidio, passato tre giorni con le convulsioni per la febbre alta, che ha scoperto da poco che la sua professoressa preferita, quella che credeva fosse la sua amica più stretta, vicina ad una madre, è la sua madre biologica?
Dovrebbe mettersi in ginocchio, scusarsi per non esserci stata in tutti questi anni, sia lei che suo marito di cui non vi è ombra, e aiutarla.
«Sto parlando con te!»
Avanza verso di lei afferrandola bruscamente dal braccio per farla voltare.
«Guardami in faccia quando parlo» sibila a denti stretti «Guardami»
Le tira uno schiaffo.
Anaëlle abbassa la testa, porta la mano sulla guancia dolorante che brucia per l'impatto e lentamente alza lo sguardo, serrando gli occhi.
«Ti guardo» ringhia «Guardo la persona di merda che sei»
«Scusami?» inarca il sopracciglio, facendo finta di non aver capito
«Sei una falsa, egoista, egocentrica, maniaca. Non ti ho mai sopportata da quando ero piccola ma ho sempre fatto finta di nulla. Non ti è mai importato di me, come neanche a quel viscido di tuo marito» la guarda piena d'odio e rabbia «A quanti miei compleanni sei stata? A quante recite? Quando mai sei venuta a scuola per la giornata madre figlia? Quante volte abbiamo fatto una vacanza insieme o trascorso una giornata insieme? Quando mai mi hai raccontato una favola o mi hai messa a letto? Tu non c'eri, non ci sei mai stata, solo tate sempre diverse. Non ci sei mai stata ed ora vieni qui e pretendi di mettermi in riga dandomi ordini e punizioni? Puoi dirmi tutto quello che vuoi, i peggio insulti, le peggio parole, mi farò scivolare tutto perché tu non vali nulla! Non sei mia madre, non sei nessuno»
La signora digrigna i denti. Assorbe ogni parola, lascia parlare la ragazza e alza il capo guardandola con superiorità.
Finito il discorso, dopo averla fatta sfogare, fa un piccolissimo sorriso e la prende per i capelli, facendola urlare, quasi a strapparli.
«Farò finta di non aver sentito nulla» sussurra «Finché sei in questa casa fai quello che dico io. Ti controllerò a vista, ogni mossa, ogni respiro, i miei occhi saranno piantati su di te. Guai a te se ti trovo a casa di quelle due fecce, chiaro?»
«Lauren e Camila sono delle gran signore, non ti permettere più» riesce a dire con fatica a causa del dolore che quella le provoca
«Pulisci questa merda, mocciosa»
La butta a terra, facendola cadere sulle ginocchia. Anaëlle scoppia in lacrime e in silenzio raccoglie tutto quello che ha sparso, ritrovandosi sola, ancora una volta, nel suo dolore.

Brainiac ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora