XXXIX

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Si trova davanti ad una enorme struttura. Non molto lontana dal centro della città, ma è comunque una zona a lei sconosciuta e non sembra di certo essere un bel quartiere.
Davanti al cancello c'è una targhetta di vetro con su scritto "Casa della Santissima Addolorata". Perfettamente azzeccato come nome.
Ad accoglierla è la madre superiora,  una suora di mezza età, molto rigida a primo impatto. La guarda in modo strano, quasi nauseata, ma ad Anaëlle questo non interessa. Ha sempre detestato le suore.

Dopo un lungo e stretto corridoio, si ritrova nel salotto, una specia di sala comune, molto ampia e spaziosa con tanto di televisione e pianoforte. Dei ragazzi sono seduti sul divano, incollati allo schermo, altri sulle poltrone, c'è chi legge, chi è perso nel mondo virtuale. Nessuno sembra accorgersi di lei finché non viene annunciata dalla madre superiora.
«Lei è Anaëlle Davis»
«Anaëlle Jauregui Cabello» la corregge subito, ricevendo una occhiataccia
«Queste sono le chiavi della stanza e della casa» le porge un mazzo «La tua camera è al terzo piano, la seconda a destra. Si cena alle sette e mezza, ci si presenta tutti a tavola e si mangia tutto, senza discussioni. Per qualsisi cosa puoi rivolgerti alle mie sorelle»
Nella testa di Anaëlle tutto viene captato come un grande bla bla bla. Non le interessa minimamente ciò che le dice. Vuole solo chiudere gli occhi e svegliarsi quando tutto sarà finito e poter essere felice come merita, non di stare nella casa dell'eterno dolore, santissimo dolore o come diamine si chiamava la targhetta fuori.

Prende il borsone, lo trascina per le scale ma arrivata al secondo piano si ferma, troppo stanca per portare quel peso per un'altra rampa.
Si appoggia allo scorrimano per prendere fiato e tenendo gli occhi bassi, incrocia un paio di scarpe nere. Sale su con lo sguardo e rimane imbambolata nel ritrovarsi davanti, con un sorriso beffardo, James Harris, il capo della gang rivale.
«Balena!» esclama sorpreso
Lei boccheggia, cerca di rispondere ma è ancora scioccata. Non si aspettava di trovarlo lì.
«Sei così grassa che non riesci neanche a portare un borsone» la schernisce
James le prende i manici dalle mani e se lo carica sulla spalla, come se fosse una piuma.
«Qual è la tua stanza?»
«Terzo piano, seconda a destra» sibila
«La terza a destra è la mia» annuisce «Saremo vicini di stanza»
L'accompagna fino alla sua camerata, le poggia il bagaglio all'entrata e rimane sulla soglia della porta, osservando ogni movimento.
Anaëlle si siede sul pizzo del letto, controlla subito il cellulare, spera in un messaggio di Lauren o Camila, una chiamata, ma niente. Nessuna notifica. Sospira e chiude gli occhi, trattenendosi dal piangere.
James capisce che è il momento di lasciarla sola, chiude la porta e la lascia tra i suoi pensieri.

Si guarda intorno, osserva la stanza. C'è una scrivania di legno con delle mensole vicine, un balconcino, un grande armadio e una bacheca di legno con delle puntine attaccate. Non è grande ma sembra accogliente.
Si mette subito all'opera, sistema ogni cosa al meglio e il tempo scorre così velocemente che, senza accorgersene, si fanno le sette e mezza di sera.
Una suora le bussa e con voce squillante le dice che è ora di cena ma lei non accenna a rispondere. Lo stomaco le si è chiuso.
Pochi minuti dopo è James a bussarle, il quale insiste e alla fine la convince, ritrovandosi con gli altri undici ragazzi e quattro suore al refettorio.
Pastina in brodo, questo passano oggi dalla cucina. Non solo si cena all'orario di una casa di riposo, pure il pasto degli anziani.
Prima di mangiare si fa la preghiera. Tutti si prendono per mano, a lei capita quella di James. Ha un senso di fastidio nel prenderla ma poi si abitua, sentendola morbida e calda. Finito il Padre Nostro, ovviamente non recitato da lei, c'è un gran vociare e un fastidioso rumore di posate e quel ruminare odioso.
«Che fai nella vita Anel» chiede una ragazza
«Anaëlle» la corregge «Frequento l'ultimo anno di liceo»
«E come mai sei qui?» continua
«Non vedo perché dovrebbe interessarti» la zittisce, ignorando le lamentele della suore
«Dai balena, non fare la preziosa. Dicci qualcosa»
«Come se tu non sapessi abbastanza» risponde acida
«Non è modo di comportarsi» la riprende James
Lei rimane a bocca aperta. Da quale pulpito viene la predica.
Guarda tutti i presenti e va via, scusandosi, tornando nella sua camera.

Chiude la porta a chiave, si avvolge nella coperta data da Lauren, stringendosi ad essa, annusandone il profumo. Sorride perché profuma di lei.
Passa lunghi minuti navigando tra i suoi pensieri, pensando a tutto quello che succederà ora e come cambierà la sua vita. Come si dovrà comportare in classe con le sue insegnanti, cosa diranno a scuola di lei, come sarà la convivenza con James.
E pensando a quest'ultimo, è proprio lui a riportarla alla realtà. Batte sul vetro della finestra insistentemente, Anaëlle lo guarda disbieco e si affretta ad aprire. Lui sventola in aria due bottiglie di birra e le mostra un sorriso diverso da solito.
«Vengo in pace»

Brainiac ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora