Il mattino seguente Anaëlle si trova in un ufficio della questura con Lauren e Camila al suo fianco.
Lo sguardo è fisso a terra. Si muove più volte nella scomoda poltrona di plastica, provocando un fastidioso rumore. Camila le picchietta sul ginocchio per farle capire di stare ferma e composta, ma lei muove bruscamente la gamba, l'accavalla sull'altra e incrocia le braccia sotto il petto.
Non vorrebbe essere lì. Succederà qualcosa di brutto, lo sa. Non dovrebbe essere lì ma a casa o a scuola, come crede la madre adottiva.
«Quindi cosa è successo?»
La poliziotta ora si rivolge alla ragazza. Si era persa nei suoi pensieri, non ha sentito nulla di quello che ha detto alle altre due donne. Tutto le sembrava ovattato, a malapena sentiva la loro voce.
«Anaëlle» sussurra Lauren, riportandola la realtà
Questa alza lentamente la testa e si guarda intorno, come se fosse caduta dalle nuvole.
«Vuoi che rimaniamo sole?» prova a metterla a suo agio l'agente
«No, va bene... Bene così» si schiarisce la voce e sospira «I miei genitori adottivi sono sempre stati assenti, sono sempre rimasta sola a casa, dai primi anni dell'adolescenza. Mia madre è tornata, non preoccupandosi che potevo morire, della mia overdose, che magari avrei bisogno di aiuto, e non ha fatto altro che urlarmi contro, trattarmi male, picchiarmi e minacciarmi»
La donna prende nota, trascrive tutto al computer battendo velocemente sulla tastiera. Guarda accigliata lo schermo mente annuisce alle parole della ragazze. Non è l'unico verbale di denuncia su questa donna.
«Noto qui che è stata fatta già una denuncia la settimana scorsa...»
«Abbiamo denunciato i genitori adottivi, sì» interviene Camila «Volevamo che nostra figlia vivesse una vita più tranquilla e serena, con la presenza di persone adulte che fossero in grado di amarla e farla sentire in famiglia»
«Qua dice che avete parlato anche con gli assistenti sociali» continua, scorrendo con il mouse
«Il punto è questo» sospira l'altra «Eravamo d'accordo che sarebbe rimasta con noi, l'avremmo aiutata, si sarebbe diplomata e poi le avremmo detto che siamo noi le madri biologiche. Ci avevano assicurato che non si sarebbero stati problemi, avrebbero tenuto all'oscuro di tutto i genitori adottivi così da non mandarla in una casa famiglia dopo tutto quello che è successo ed invece...» alza le mani al cielo, trattenendosi «Quella donna, non si sa come, è venuta a conoscenza di tutto, dopo essersene fregata di sua "figlia" per tutta una vita, viene a casa mia, minaccia me e la mia fidanzata, insultandoci, con un mandato della polizia! E il marito dov'è in tutto questo?»****
Anaëlle è sdraiata sulle cosce di Camila, gioca con la sua mano, ma è comunque silenziosa da quando è tornata dalla questura e a pranzo non ha toccato cibo.
La madre le accarezza i capelli, ogni tanto le poggia le dita sul viso e la figlia chiude gli occhi lasciandosi cullare da quel tocco.
«A che pensi?»
«Tante... Tante cose» accenna, tirandosi su, mettendosi seduta sul divano «Non so più chi sono»
«Sei mia figlia, la mia bambina»
Anaëlle abbassa gli occhi e annuisce, girandosi dall'altra parte
«Non mi sento figlia di nessuno» sussurra «Perché non mi hai mai detto la verità? Sei mia professoressa da cinque anni... Mi avete mentito, quelli lì non mi hanno mai voluto»
«Ehi» le afferra le mani che non smettono di tremare «L'ho saputo da poco, credimi» la guarda dritta negli occhi «Ero stupida e immatura, troppo orgogliosa per rispondere alle chiamate di Lauren. Non ci sono stata alla tua nascita, non ho voluto vederti, anzi, non volevo vedere Lauren» si corregge «Prendevo il telefono tra le mani, componevo il numero del centro in cui era ricoverata, ma non avevo il coraggio di chiamare, se pur stavo male perché mi ero persa la nascita di mia figlia. Sei stata dieci giorni con Lauren, poi ti hanno portata via ed io ho vissuto tutto questo tempo con il rimpianto e rimorsi ed è una cosa che non potrò mai perdonarmi»Asciuga una lacrima e fa un respiro profondo. È difficile dirle tutto ciò, è troppo delicato, soprattutto in queste situazioni.
Vuole continuare il discorso ma il campanello la precede. Ha un attimo di esitazione, entrambe hanno paura sia lei, la pazza. Camila si avvicina alla porta ma viene preceduta da Lauren, la quale esce dal suo studio, che si precipita con passo sicuro.
«Lauren Jauregui?»
Annuisce e vede entrare in casa un uomo ed una donna, dietro di loro si nasconde la pazza.
«Scusi che sta succedendo» intima con tono duro
«Siamo gli assistenti sociali, abbiamo un mandato della polizia con la denuncia alla signora Davis»
Anaëlle deglutisce rumorosamente. Rimane al fianco di Camila e insicura si avvicina ai signori. La madre adottiva le rivolge sguardi omicidi e lei inizia a farsi piccola piccola. Le gambe le tremano, ha troppa paura.
«Anaëlle Davis verrà portata in una casa famiglia, rimarrà lì fino alla fine del liceo. Sappiamo che partirà per il college, fino a quel momento sarà sotto la nostra sorveglianza» afferma l'uomo «Nessuna delle due famiglie avrà la custodia»
«Ma...» boccheggia Lauren
«No!»
Viene interrotta da un urlo di Anaëlle.
Paonazza in viso, stringe i pugni e serra la mandibola.
«È tutta colpa tua» piagnucola, puntando il dito contro la pazza «Non mi hai mai calcolata per tutti questi anni, cosa ci fai ora qui! Io voglio stare con loro, loro sono la mia famiglia!»
«Ragazzina non possiamo perdere tempo» la zittisce la donna «Prepara le tue cose e andiamo via di qui»
Anaëlle rimane immobile. Ringhia a quelle parole e fissa con rabbia e odio tutti a tre. Il petto si alza e si abbassa velocemente. Lauren le mette una mano sulla spalla, ma lei si scosta infastidita, correndo per le scale.Sbatte la porta e rimane al centro della sua stanza. Si copre la bocca per soffocare i singhiozzi, ritrovandosi piegata sulle gambe a piangere.
«Anaëlle» sussurra Lauren «Piccola»
Sia lei che Camila si abbassano alla sua altezza e la stringono forte.
«Lasciatemi stare»
«Piccola, ascoltami» ignora la sua richiesta «Lo so, lo so, vuoi rimanere qui ma davanti alla legge non possiamo fare nulla. Abbiamo fatto di tutto per averti con noi ma non è stato possibile»
«Non voglio...» singhiozza «Così, su du-du-due piedi»
Cade sulle ginocchia e finisce a piangere, stringendosi sul petto di Camila.
«Continueremo a muovere mari e monti per farti andare via da lì ma ora...»
La voce manca. Da uno sguardo a Camila, nella speranza che possa venirle in aiuto ma neanche lei ce la fa.Una volta sistemate le cose, raggiungono i signori sotto. Impazientemente sbuffano, guardano più volte l'orologio, appena vedono la ragazza scendere la donna l'afferra dal braccio e la porta fuori, senza neanche darle il tempo di salutare.
«Sali in macchina»
Si stacca dalla presa, posa il borsone a terra e corre verso Lauren, la quale è rimasta con Camila sull'uscio della porta. Occhi verdi la prende al volo, la figlia stringe le braccia al suo collo e sussurra qualcosa in francese, facendosi poi riempire di baci.
Scende dalle sue braccia e si ritrova tra quelle di Camila, la quale ti trattiene dal piangere.
«Non rimarrai per molto, faremo di tutto» sussurra
Gli assistenti sociali rovinano quel dolce momento: l'uomo, innervositosi, parte portando con sé la signora Davis, mentre la donna aspetta battendo il piede a terra.
Sale in macchina e si vede la portiera sbattuta in faccia. Mentre la tizia fa il giro per andare al lato guida, Anaëlle appoggia la mano sul finestrino, lo stesso fa Lauren combaciando con quella piccola della figlia. Solo il vetro le separa.
Riesce a mimare un "ti voglio bene", prima che la macchina sfreccia via e si allontana sempre più, iniziando a sentire un vuoto al centro del cuore.
STAI LEGGENDO
Brainiac ||CAMREN||
FanfictionSarebbe stata l'ultima goccia, un'altra bottiglia rotta. Lacrime e dolore. Occhi che bruciano al tramonto. È l'amore di una madre.