LXXVII

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Bisogna svegliarsi, trovare la forza di alzarsi e rimettersi in pista, affrontando il prossimo come un avversario di pugilato e il mondo è il ring su quale devi sferrare pugni e ganci. Devi conoscere bene te stesso e il tuo corpo, devi essere scaltro, acuto, studiare bene le tue mosse. Ma prima di tutto devi conoscere te stesso meditare su te stesso, trovare i tuoi punti deboli e farne punti di forzi e crearne di nuovi.
Ululare come lupi, rinascere come fenici, vedere la realtà in faccia, noi riflessi a noi stessi e nei nostri occhi, dove tutto si cela.
È difficile ma prima o poi si riuscirà a urlare come il suono del vento...

E queste parole della lettera di Taylor risuonano perfettamente nella testa di Anaëlle che non smette di pulsare e far male. Come un martello che batte forte, insistentemente.
Apre con fatica gli occhi, non capisce subito dov'è finché non sente un tubo nella trachea con il quale respirare.
Si muove leggermente provando fastidio e la prima cosa che sfiora sotto le dita è il tessuto di una giacca, le sembra simile al tatto, con qualche sforzo nota essere un'uniforme da militare, poggiata sul suo ventre.
Le viene istintivamente da sorridere ma inizia a tossire. Il tubo la sta soffocando e inizia a dimenarsi sul lettino cercando aiuto.
«Piccola, sei sveglia!» sente ovattato
Una dottoressa viene in suo soccorso e la estuba, surrandole di stare calma e tranquilla, che è tutto apposto.
«Tranquilla, va tutto bene» continua rassicurandola, sedendosi sul pizzo del lettino
Di sfuggita legge il nome sul camice: Dr.ssa Cabello.
«Sai come ti chiami?» le chiede poco dopo, estraendo una penna con la luce
Non risponde subito, ci mette un po' prima di trovare la forza.
«A...» fa una lunga pausa, ha un fastidioso dolore alla gola «Ana...»
«Non ti sforzare, basta così» annuisce «Segui la luce, okay?»
La dottoressa controlla la reattività delle pupille, i suoi riflessi, piccoli gesti neurologici.
«Sembra essere tutto normale, tranne la voce, la tua raucedine potrebbe essere permanente, ma non è detto che sarà così»
Dopo un po' le accarezza il viso e le fa un enorme sorriso. Ora Anaëlle riconosce che è sua zia Sofia, proprio come nel sogno. Uguale a Camila, solo un po' più alta.

«Possiamo...»
Nel fondo della stanza ci sono Camila e Lauren e non perdono tempo a buttarsi addosso alla figlia, abbracciarla forte, coccolarla e riempirla di baci.
«Nove mesi, amore» sussurra Lauren piangendo «Nove mesi in coma»
La ragazza chiude istintivamente gli occhi e stringe le mani di entrambe le madri, accarezzandole con il pollice.
«Mi di-disp...» balbetta con difficoltà
«Shh, non ti sforzare» sorride Camila, baciandole la fronte «Non importa, è tutto passato, a noi interessa che tu sia viva e che starai bene d'ora in poi, imparerai dai tuoi errori e non prenderai più brutte strade»
«Siamo rimaste qui giorno e notte, ci siamo prese lunghe ferie dal giorno dell'overdose e poi un anno sabbatico, non potevamo andare a lavorare sapendo che nostra, cioè tu...»
«So tu... Tutto» interrompe Lauren «Ho sentito»
La sua voce è rauca, va e viene. Quel mix di droga, quella notte di nove mesi fa, le ha rovinato le corde vocali e ci vorrà un po' di tempo per farlare tornare come prima o protrebbe rimanere così per sempre.
«Come hai fatto a sentire se sei stata in coma?»
«Ho sentito e...» fa una smorfia di dolore per lo sforzo «E sognato tutto, fino al diploma»
«Il diploma» annuisce Camila «È quasi Natale, sai? Il tuo ultimo anno è finito da un po'»
Una fitta al cuore per Anaëlle. Geme a quell'affermazione e chiude gli occhi infastidita. Non ha ricevuto il diploma, ha speso gli ultimi nove mesi della sua vita in coma, ha vincolato le sue madri qui e anche Sofia a quanto pare. Tutto ciò la fa sentire una merda. Questo perché? Perché era gelosa di Camila, aveva paura di perdere Lauren quella volta, durante la sua ultima lezione: era l'ora matematica, lo ricorda bene, e si stava annoiando e dalla finestra vide le due baciarsi e quei sorrisi...
È proprio una bambina. Aveva ragione Taylor.
Ma lei dov'è? Le mancavano pochi mesi di vita nella lettera del sogno e
c'è la sua giacca sul lettino, ma lei? E quella lettera sono parole che lei stessa le ha sussurrato, lo sa, l'ha sentita. Non è frutto della sua immaginazione.
«So che dovevate andare a Parigi» accenna, non pensando più alla zia
«Con la scuola, prima della...»
«No, tu» si volta verso Lauren «So-Sorbona»
Annusice meravigliata. Ha davvero sentito tutto, allora.
«Hai rinunciato per me?»
«No, amore» l'accarezza «Ho solo scelto di iniziare il prossimo anno... Non voglio parlarne ora, voglio solo vedere il tuo dolce faccino ed essere felice di poter trascorrere il Natale e il nuovo anno insieme, tutti insieme»

Brainiac ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora