«Ciao Meggy», tentò lei. Io la guardai. Chiusi la chiamata con Ashlee.
«Nessuno mi chiama più così..», dissi fredda. La osservai, sembrava nervosa, si morsicava il labbro e giocherellava con le mani. Che cosa ci faceva qui? Come aveva fatto a scoprire dove abitavo? Perché voleva vedermi? Aveva bisogno di soldi? «che cosa vuoi Tina».
«Oh, per favore chiamami mamma. Sono pur sempre tua madre».
«Si, la stessa "mamma" che lasciava la figlia con fratello del suo ragazzo il quale la stuprava», lei abbasso lo sguardo, notai una lacrima scendere dal suo viso.
«Mi dispiace..», disse iniziando a piangere. Io non sapevo che fare, come comportarmi. Non la conoscevo, non la sentivo come mia madre, non era nulla per me. I miei sentimenti d'affetto per la mia prima famiglia si erano annullati lo stesso giorno che mi avevano portato via da loro. Ora provavo solo odio e disgusto.
«Che vuoi Tina?», chiesi di nuovo fredda, lei alzò lo sguardo.
«Quanto sei cambiata.. sei cresciuta tantissimo.. se diventata una donna», disse cercando di accarezzarmi il volto, io mi scansai, lei strinse il pugno e lo riporto vicino a sé, «io.. volevo solo vedere come stavi, in che luogo hai vissuto per questi anni, se la tua nuova famiglia ti tratta bene..».
«Sì, sto molto bene qui. I miei genitori stanno per tornare», non dissi altro, non le volevo fare troppe informazioni, non mi fidavo di lei.
«Io starò qui per un paio di giorni.. potremmo prenderci un caffè domani. Vorrei sapere di più della tua vita ed anche io ho una cosa da dirti.. ti va?», la fissai, i suoi occhi erano pieni di speranza, c'era qualcosa di diverso in lei, sembrava più pulita, più curata, i suoi occhi non erano spenti come me li ricordavo, forse non si drogava più, si era data una ripulita. Forse voleva davvero conoscere sua figlia.
«D'accordo. C'è un bar di fronte alla mia scuola. Ti scrivo l'indirizzo», andai a prendere un foglio ed una penna, ci scrissi sopra l'indirizzo e glielo consegnai.
«A domani allora», mi disse appena prese il biglietto, non le risposi e chiusi la porta.
Avevo fatto bene a fidarmi di lei? Non lo potevo sapere ma al massimo avrei soltanto sprecato un pomeriggio in chiacchiere inutili.
Andai in camera mia e mi buttai sul letto, mi tornarono in mente tanti piccoli ricordi, sfuocati, in lontananza. Oltre a quelli brutti c'erano anche quelli belli, noi che giocavamo tutti insieme in giardino, ci rincorrevamo, giocavamo a nascondino, mi raccontava le favole della buona notte.. riusciva sempre a farmi ridere quando non era stesa sul divano con una siringa infilata nel braccio.
Mi ricordai anche tutte le volte che mi dovetti prendere cura di lei e di Nick. Venivano con ancora le siringhe nelle braccia ed io gliele toglievo e le poggiavo delicatamente sul tavolino in soggiorno, pulivo il loro vomito e gli cambiavo le lenzuola. Già. Bella infanzia.
Chiusi gli occhi e cercai di dormire anche se l'ansia, per quello che sarebbe potuto succedere il giorno dopo, era tanta.-
Camminai verso scuola, non avevo richiamato Ashlee, si sarà preoccupata ma non sapevo nemmeno io cosa fosse successo, era ancora tutto confuso. Volevo dirglielo di persona.
Però quel giorno non la vidi a scuola, si era ammalata ed era rimasta a casa.
Ero agitata, non riuscivo a concentrarmi pensavo solo a Tina e a cosa mi avrebbe detto. Cosa c'era di così importante da venire a cercarmi? Voleva veramente soltanto conoscermi?
Suonò la campanella che mi scantò dai miei pensieri. Uscii dall'aula per andare in mensa ma qualcuno mi afferrò per un braccio trascinandomi in un'aula vuota.«Ehi ma che vuoi..? Ryan?», dissi guardando il mio rapitore.
«Sei strana oggi. Che hai?», mi chiese, io non l'avevo neanche visto durante il giorno.
«Mi stavo spiando per caso?».
«No, niente del genere. Ho solo notato che non hai parlato con nessuno, stavi in disparte e non hai partecipato alla lezione. Tutto bene?», wow, non aveva notato proprio nulla.. lo guardai meravigliata. Il mio problema era solo uno. Tina. Ma con qualcuno dovevo parlarne, non avrei resistito a tenermi tutto dentro fino a quando non sarebbe tornata Ashlee. Sarebbe successo quel pomeriggio ed io avevo bisogno di un parere esterno, anche se non gli avrei raccontato tutto..
«La mia madre biologica si è presentata ieri sera a casa mia», dissi guardandolo, lui sul momento corrugò la fronte riflettendo su quello che avevo detto, non tutti sapevano che io fossi stata adottata, evidentemente lui era uno di quelli.
«E che cosa ti preoccupa?», chiese mentre si sedette su un banco, tiro fuori dalla tasca un panino ed iniziò a mangiare.
«Beh, da quando sono stata adottata non l'ho mai contatta, non sapevo più nulla di lei come lei di me. Ora dice che vuole conoscermi ma io non so se voglio farlo. Non vivevo nella migliore casa del mondo.. ed ora che è tornata tutti quei ricordi sono riaffiorati..», mi venne in mente la faccia di Ivan, quel suo sguardo penetrante, che mi aveva sempre messo paura ma anche affascinata.. cercai di togliere quel pensiero e di guardare Ryan, concentrarmi solo sul suo viso.
«Non so.. non la conosco non so che dirti..», okay, non era molto d'aiuto, «io vedrei cosa vuole. Non ci perdi nulla a passare un pomeriggio con lei. Potresti scoprire cose che ti piacciono o rimanere sulla tua idea che hai di lei», si, era un buon consiglio. Esattamente quello che pensavo io. Finì il panino e buttò la carta, «provaci, magari la vita ti sorriderà», mi sorrise facendomi l'occhiolino.
«Grazie del consiglio..», risposi ricambiando il sorriso.
«Io ora devo andare. Stacy si starà chiedendo che fine ho fatto.. ma tienimi aggiornato!», uscì dall'aula lasciandomi solo con i miei pensieri. Mi era servito parlare con lui, ero carica pronta ad affrontarla e a sentire cosa avesse da dirmi. Mi aveva dato il coraggio necessario per andare in quel bar e parlare con lei.
Ma quando mi ritrovai li di fronte le gambe iniziarono a tremarmi. La vidi seduta in un tavolo dalla finestra ampia vicino alla porta d'entrata, sorseggiava un caffè fumante nell'attesa. Io ero come paralizzata ma mi ricordai le parole di poco prima di Ryan, "provaci, magari la vita ti sorriderà", e così feci. Entrai in quel bar e mi sedetti con lei al tavolo.
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Fidati di me, mi disse (completa)
Romance"Ero ancora bambina quando il fratello di mio padre mi stuprò. [..] "Fidati di me", mi diceva. [...]" Questa storia racconta la vita di Meghan Teller-Boone, troppo vissuta per alcuni, troppo breve per altri. Ora lei ha diciotto anni. Sono passati...