Condividere

1.2K 87 13
                                    

«Ci siamo persi..», disse Rose dietro di me, guardando la cartina che stavo tenendo in mano. Avevamo camminato praticamente tutto il giorno ad erano le cinque del pomeriggio, avevamo visto posti magnifici nei dintorni ma ormai si stava facendo buio e non riuscivamo a trovare il sentiero che ci conducesse alla casa.

«Non ci siamo persi! Abbiamo solo perso un attimo il sentiero.. basta solo ritrovarlo.. se solo riuscissi a..», girai più volte il senso della mappa, era da parecchio tempo che non ne leggevo una, e mi era un po' difficile in quel momento con tutta la pressione addosso.

«Perfetto.. non prendono nemmeno i cellulari», disse guardando lo schermo del suo.

«Rose, tutto questo pessimismo non aiuta, okay?! Megan dimmi che sai come tornare indietro, sto morendo di fame..», disse speranzoso Fred, io volli rassicurarlo, davvero, ma ormai dovevo ammetterlo. Ci eravamo persi. Gli sorrisi nervosa guardando nuovamente la cartina. Sentii un sospiro di gruppo quando finalmente trovai la via.

«Ecco si ho trovato! Di qua!», dissi quasi saltando dalla felicità. Andai avanti facendo strada e dopo poco mi raggiunse Trevor mentre gli altri rimase dietro camminando lenti per la stanchezza. Rimanemmo in silenzio per un po', inizialmente pensai che fosse per scavarsi Rose di dosso, le era stata tutto il giorno appiccicata, tra un po' lo seguiva anche a piacere tra i cespugli.

«Come te le sei fatte quelle cicatrici?», mi chiese. Sapevo che non vedeva l'ora di chiedermelo da quando le aveva viste.

«Non sono affari tuoi..», dissi fredda aumentando il passo.

«Le hai su tutto il corpo..», insistette.

«Già, che occhio..», dissi camminando sempre più veloce.

«Puoi dirmelo. Non ti giudicherò..», Dio quantità fastidioso, preferivo quando non parlava.

«Senti non sono affari tuoi, okay?! Riguardano il mio passato che voglio dimenticare quindi se permetti non ti dirò nulla!», gli urlai contro fermando a guardarlo, il mio sguardo gli trapassò il cervello mentre gli altri si erano fermati a guardarci dietro di noi.

«Tutto bene ragazzi..?», tentò Waite.

«Si! Una meraviglia!», dissi riprendendo a camminare.
Per il resto del viaggio rimanemmo in silenzio e lodato Gesù cristo quando vidi in lontananza la casa. Esultai ed iniziammo a camminare veloce per raggiungerla.
Quando entrammo tutti si buttarono sul divano a parte Trevor che si mise fuori a fumare.

«Oddio! Divano! Quanto mi sei mancato, non ti lascerò mai più te lo prometto!», ironizzò Fred abbracciandolo. Io sorrisi e poi guardai Trevor, ero stata dura prima con lui, voleva solo sapere come stavo, un po' troppo insistentemente okay, ma comunque in un certo senso si stava preoccupando per me.
Uscii fuori lasciando lo zaino all'interno e lo raggiunsi. Era andato fino vicino al lago e si era seduto a riva con una sigaretta fra le dita che guardava l'orizzonte.

«Ehi..», dissi avvicinandomi, mi sedetti di fianco a lui mentre lui guardò chi fosse per poi rigirarsi perso nel vuoto, «mi dispiace per prima okay..? Non avrei dovuto alzare la voce..».

«No.. scusami tu.. ho esagerato. Solo che mi ha sconvolto vedere tutte quelle cicatrici in un solo corpo..», disse chiudendo gli occhi come se facessero male a lui. Mi guardò, «qualsiasi cosa ti sia successa, sono sicuro che ora sei una persona fantastica e non credere a chi ti dice il contrario», io suoi occhi erano fissi nei miei ed il suo sguardo era rassicurante, quelle parole mi stavano facendo venire le lacrime agli occhi.

«Scusami.. sto piangendo come una bambina..», cercai di nascondere il mio dolore. Lui mi sorrise. Non so perché mi trovassi così bene con lui. Tornò a guardare dritto di fronte a sé, restammo in silenzio mentre lui continuò a fumare la sua sigaretta.

«Mio padre da piccolo mi picchiava», disse, mi girai di scatto a guardarlo, cosa che lui non fece, «tornava a casa ubriaco e se la prendeva con me senza motivo. Mi dava delle cinghiate e una volta mi ha anche tirato un bicchiere e frantumandosi contro il muro, dei pezzi mi si conficcarono nella schiena. Me li tolse mia madre perché all'ospedale non potevo andarci. Non puoi capire che dolore ho provato», disse, le lacrime continuavano a scendere dal viso, ed un groppo in gola mi impedì di parlare. Aveva condiviso il suo passato con me, una ragazza che nemmeno conosceva, ma forse era proprio per questo che era riuscito a parlarmi.
Lo abbracciai, l'istinto mi disse di fare questo, anche se sapevo che poteva ferirlo ancora di più, a me gli abbracci facevano piangere.. ma erano anche di conforto. Mi mise un braccio intorno alle spalle, sembrava che fosse lui a consolare me.

«Mio zio abusava di me..», dissi con un filo di voce quando le lacrime si affievolirono, lui si fermò dall'accarezzarmi il braccio, «mi spegneva le sigarette addosso, mi picchiava e mi ha.. mi ha violentato. Sono rimasta incinta. A dieci anni. E lui mi ha picchiato talmente forte da farmi abortire», non sapevo dove avevo preso tutto quel coraggio, forse il fatto che non lo stavo guardando mi aiutava, non ero riuscita a raccontarlo a nessuno, né ad Ashlee, ne a Ryan.. ma con lui.. con lui riuscivo ad aprirmi, forse perché aveva avuto un esperienza simile alla mia, aveva provato le mie stesse emozioni, la mia stessa paura.
Lo sentii muoversi e lo guardai, aveva gli occhi lucidi che si asciugò subito, si vedeva che non sapevo cos dire come quando lui mi aveva raccontato la sua storia.

«Bella merda..», gli uscii, io lo guardai aggrottando le sopracciglia, mi misi a ridere per il suo commento. Non me lo aveva mai detto nessuno, di solito restavano senza parole o dicevano che gli dispiaceva anche se non era colpa loro. Mi guardò impaurito dalla mia reazione ma poi scoppio a ridere anche lui, «scusami.. non volevo usare così poco tatto..», disse smettendo di ridere ma comunque il sorriso non svanì.

«Non ti preoccupare. Anzi sono contenta che non hai avuto le solite reazioni del "oddio mi dispiace", "poverina". Insopportabili», mi scompigliò i capelli.

«Beh almeno te vivi in una bella famiglia ora..», disse indicando la casa dietro di noi, «hai avuto fortuna. Io invece vivo ancora in quella casa..», mi si strinse il cuore sapendo che lui non si era liberato di suo padre..

Ci guardammo negli occhi e ci fu un momento in cui tutto il mio corpo mi diceva di fare un unica cosa: baciarlo. Ma allora cosa mi stava trattenendo? Era il momento migliore, eravamo tutti e due distrutti, avevamo condiviso le nostre storie che ci avevano unito, eppure qualcosa mi frenava.. ma prima che potessi fare altro, vidi la sua testa avvicinarsi alla mia e le sue labbra bagnate si poggiarono sulle mie, schioccando in un morbido baciato al chiaro di luna.

Fidati di me, mi disse (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora