Quarantesimo

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"Sei in ritardo. Anche sta mattina" puntualizzó Calum glaciale con un piccolo sorriso sghembo, mentre Ashton arrivava con il fiatone e una mano sul cuore, mentre cercava di recuperare il respiro.

"Sí, scusa... Ecco a te la tua colazione, Cal" mormoró quasi mortificato il piú grande, mentre porgeva il sacchetto bianco al ragazzo piú piccolo che accettó con un flebile 'Grazie'.

Ashton aveva le mani sui propri fianchi, giusto per riuscire a prendere un po' più di fiato:"Dio, non ti immagini che corsa ho fatto..." mormorò tra una grande boccata d'aria e l'altra.

Calum si limitò ad alzare gli occhi al cielo, masticando di gusto la propria brioches.

Ashton lo guardò sorridende, il respiro ora accelerato per la bellezza di Calum, che stava guardando un punto fisso sul muro, dato che si era perso nei suoi pensieri.

Il riccio non lo disturbò, ne approfittò per stamparsi quell'immagine nella testa.

Ma entrambi dovettero risvegliarsi dalla trance quando la campanella della prima ora suonò; Calum sbuffò, non volendo iniziare le lezioni di quell'ultimissimo giorno dell'anno scolastico, volendo già essere a casa propria a poltrire come avrebe fatto nei successivi quattordici giorni, date le tanto agaoniate vacanze natalizie.

Tuttavia, si irrigidì un po', solo per rilassarsi completamente, quando Ashton gli circondò le spalle con un braccio, accompagnandolo come suo solito alla propria classe. Ormai si era abituato e, forse non l'avrebbe mai amesso, ma gli piaceva come lo stringeva a sè il più grande.

Ashton se ne andò rapido, salutando il moro con il solito bacio sulla guancia, prima di sparire dietro l'angolo. Calum bevvè d'un sorso il caffè, sperando che l'alverare appena nato potesse affogare e sciogliersi nel liquido che quasi gli aveva ustionato la lingua, ma ciò non successe e si limitò a fissare ancora per un paio di minuti il punto in cui Ashton era sparito, prima di essere richiamato dalla professoressa.

***

Ashton richiuse l'armadietto di Calum, attento anche a chiudere ben il lucchetto; guardandosi intorno circospetto, non notando nessuno che l'avesse potuto cogliere in flagrante.

Si ritenne soddisfatto per il suo piccolo piano, tutto stava procedendo alla grande. Cioè, non che fosse sta gran cosa, ma il primo punto era stato completato. Almeno quello, dai.

Si rimise le amni in tasca e, con lo sguardo basso, si recò verso il giardino dela scuola, calciando qualche sassolino di tanto in tanto, marinando le lezioni per l'ennesima volta.

***

La sfortuna di non essere in classe con i propri migliori amici era che non hai nessuno di intelligente con cui completare i progetti assegnati dai professori, non puoi passare le ore più noiose a giocare a tria o all'impiccato; tuttavia, in quelle rarissime, quasi inesistenti occasioni in cui apri l'armadietto per ritrovarti una busta bianca, sicuramente deticata a te, dato il tuo nome in bella vista, allora in quel caso puoi ritenerti grato di non avere ficcanaso come i tuoi migliori amici che ti ronzano intorno. Solamente se quel qualcuno sei Calum.

Così il moro, fissando intensamente per vari minuti la busta con il suo nome accompaganato da un cuoricino, dalla calligrafia leggibile e estramente ordinaria, si stava chiedendo chi volesse prenderlo per il culo in quella maniera così palese e poco originale.

Solo dopo essersi fatto coraggio, con il cuore a mille per lo scherzo che avrebbe potuto trovare all'interno, prese la busta e se la rigirò tra le mani, cercando di capire cosa ci fosse dentro. Chiuse l'armadietto e, volendo capire al più presto chi gli avesse tirato un brutto tiro, aprì (tuttavia, con cura) la lettera, trovandovi due fogli.

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