XXI

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Sentì la stretta salda della mano di Bill sulla sua, mentre la conduceva fuori da locale con un'urgenza tale quasi da trascinarla quando le gambe si facevano molli e non collaboravano come avrebbero dovuto.

Maledetto alcol, si trovò a dire tra sé e sé appena un capogiro la invase e finì addosso alla schiena di Axl, appena fuori dal locale. La fredda aria notturna le generò una serie di lievi brividi attutiti dal calore stesso della coltre alcolica che la avvolgeva, cullandola in una specie di dimensione onirica.

- Stai bene?- le chiese lui, accarezzandole la guancia con l'indice e il medio mentre il pollice sfiorava il mento.

Haley guardò quel viso così dannatamente bello e per un attimo posò gli occhi sulle labbra prima di azzerare le distante e premere la sua bocca contro quella di lui. L'avvolse nel suo abbraccio di ferro e rispose al bacio insinuando la lingua tra le sue labbra, che si schiusero senza troppe cerimonie.

Lo voleva. Voleva quei baci, quelle carezze e quel binomio perfetto di dolcezza e aggressività che lo contraddistingueva, che rappresenta il suo io.

Il bacio si trasformò presto in un assalto che lo spiazzò, tanto da staccarsi da lei e sorriderle a qualche centimetro di distanza. Poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle e l'alito, di sigaretta e alcol, era benzina sul fuoco che ardeva instancabile il suo corpo.

- Cosa mi stai facendo? - gli chiese sfiorandogli le labbra, consapevole solo dell'effetto che lui stava avendo su di lei e sulla sua mente in subbuglio.

- Cosa stai facendo tu a me?- le rispose con un'altra domanda che aumentò il bisogno che Haley sentiva di lui. Axl la baciò ancora, ma quella volta con più dolcezza, mandandole ancor di più in sovraccarico il cervello. Sembrava una ragazzina dagli ormoni impazziti, ma non se ne curò. L'alcol stava  liberando la passione, segregando in un angolo il raziocinio.

- Portami via da qui, Axl- gli disse staccandosi ancora e fissando quelle iridi verdi quasi del tutto nascoste dalla pupilla.

Divano.

Bottiglie di birra che alimentavano ancor di più lo stato di euforica sbronza da Jack Daniel's, erano riverse vuote sul divano, accanto a corpi che danzano l'uno sull'altro, l'uno contro l'altro, in un anticipo di paradiso.

Bocche.

Erano bocche quelle che baciavano, denti quelli che mordevano e le lingue assaggiavano, lasciando lente scie umide lungo la pelle sensibile del collo e il solco tra seni nascosti da ancora troppi strati di tessuto.

Mani.

Dita femminili che sfioravano porzioni di pelle nascosta da orli, cinture e bottoni, in una timida e lenta danza erotica; sospiri e gemiti smussati da baci, mentre i palmi di quelle stesse mani impacciate accarezzavano lente carne e pelle maschile.

Un letto.

Il suo corpo che veniva spinto con delicatezza sopra il materasso dalla figura maschile che, nella penombra della stanza, aveva difficoltà a identificare. Il peso che le gravava addosso, inchiodandola a quel letto, i contorni tonici di quel corpo maschile e quell'odore inconfondibile.

Mani.

Dita rudi, abituate ad ottenere tutto e subito percorrevano il profilo del suo corpo morbido, tracciando solchi incandescenti lungo la carne viva. Afferravano, stringevano e affondavano senza rispetto su seni, glutei, cosce quasi senza cura lasciando e dietro un piacere crescente.
Erano mani forti, dita esperte che finirono per intrecciarsi a quelle femminili di lei, sollevandole sopra la testa, assicurando che quelle falangi dalle unghie tinte di un tenue rosa si ancorassero alla testiera in ferro battuto.

Don't Damn meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora