VIII - Parte 3 -

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Questi capitoli sono volutamente romanzati dunque troverete incongruenze con quelle che sono le ufficiali informazioni della bibliografia.

Più passavano i mesi e più Haley notava il cambiamento nel ragazzo che per lei era stato più di un amico, quasi un fratello e attribuì la
colpa al suo scapestrato gruppo di compagni.

Aveva preso a fumare, Bill, e a bere di tanto in tanto, ma se da un lato voleva omologarsi agli altri per sentirsi parte del gruppo, dall'altro la ferrea disciplina impartitagli negli anni e che lo aveva plasmato nel ragazzino che ora allora, tendeva a bloccarlo, ancorandolo in quel confine quasi impossibile da valicare. E William ne soffriva, sebbene continuasse ad ammettere che l'amicizia con Jeff era una benedizione, quasi una nuova rinascita.

Sì, tutto quello agli occhi di Bill perché Haley vedeva altro: l'inizio della fine della loro amicizia.

- Apri-

Haley sollevò la testa dai libri e si voltò da sopra la spalla, interrotta dal rumore di nocche che battevano contro il vetro della finestra della sua camera. Si alzò dalla sedia e raggiunse il ragazzo, guardandolo con un sorrisino stampato in viso.

- Che ti guardi, Hal. Apri!-

Ruotò la maniglia tirandola verso sé spostandosi di lato così da permettere a William di scavalcare ed entrare. Odorava di sigarette.

- Ti aspettavo per studiare. Dove sei stato?- gli domandò guardandolo sfogliare il quaderno sul quale si stava esercitando con la matematica.

- Ero con Mark e Jeff. Stiamo lavorando alla nostra musica e sto imparando a suonare la chitarra dato che il pianoforte non fa poi tanto rock- ridacchiò

Haley richiuse la finestra e si strinse nelle spalle osservando la figura del ragazzo senza vero interesse. Si stiracchiò e sbadigliò portando una mano davanti alla bocca. La stanchezza si stava facendo sentire, specie dopo un'intera giornata piegata sui libri. Andò a sedersi sul letto sfatto dove lui la raggiunse, stendendosi con la schiena sui soliti cuscini.

- Tu e i tuoi amici. Sembrate un trio di sfigati fuori dal mondo. I capelloni della scuola che non parlano e non si interessano a nulla che non sia la musica...- lo schernì lei e Bill le diede una leggera spinta sulla spalla.

- Beh, ha parlato Miss popolarità. Comunque,  sei silenziosa. Che hai?- le chiese e allungò il braccio per prendere la treccia, iniziando a giocherellarci con le dita.

Haley lo guardò e sospirò, poi gli si accomodò accanto, stringendosi contro il suo corpo caldo. Ispirò e storse il naso, come spesso negli ultimi tempi. - Sono stanca e puzzi di sigarette che appesti! -

- Stai eludendo alla mia domanda, Hal- le posò due dita sotto il mento e le sorrise dolcemente poi posò le labbra su quelle di lei regalandole un tenero bacio, che nulla aveva di lascivo o malizioso.

- Non mi va di parlarne, e se i tuoi ti vedessero ora, ti murerebbero nella tua stanza!- rispose e sistemò il viso tra l'incavo del collo e la spalla. Il ragazzo ridacchiò, inclinando la testa verso il volto di Haley per scoraggiare le labbra impertinenti che gli solleticavano la pelle delicata della gola. Soffiò contro quella pelle e William si scostò ridendo.

- A detta sua, le donne sono il male! Tu sei il male! Comunque, scherzi a parte, tra un'ora mi vedrò con i ragazzi nel garage di Jeff per provare un nuovo pezzo - ruotò la testa e la guardò puntellandosi sul gomito per averla di fronte. - Vieni anche tu-

Lei scosse il capo e guardò il ciondolo che il giovane portava al collo, lo stesso che gli aveva regalato anni prima. Ci posò sopra l'indice e ne seguì la forma.

- Non voglio un no come risposta, Hal. Vedi di renderti presentabile e andiamo -

- Come sei autoritario, Bill- sbuffò e si sollevò dal letto puntando verso l'armadio.

Si presentarono davanti alla porta del garage di Jeff alle cinque e mezza di sera, quando ormai il sole era quasi del tutto tramontato e il freddo si insinuava sotto le loro giacche invernali. Furono accolti da subito dal suono di una chitarra e da colpi secchi e cadenzati di una batteria: i ragazzi stavano già provando.

La casa del ragazzo per il quale aveva perso letteralmente la testa era una unità abitativa differente da quella in cui sia lei che Bill vivevano, come diverso anche anche il quartiere. Aveva una  bella casa, abbastanza grande e curata. Due auto erano parcheggiate lungo la proprietà, proprio a qualche metro da dove si trovavano e sopra alla testa le fronde di due grandi alberi proteggevano dalla luce.

- Siamo in ritardo?- chiese lei stringendosi nelle spalle e guardandosi attorno con fare curioso.

- Di qualche minuto - rispose prima che Jeffrey aprisse porta accanto alla saracinesca e puntasse lo sguardo prima su di lui e poi su di lei.

- Sei in ritardo- gli disse ma Bill sfrecciò dentro a testa bassa, senza replicare, raggiungendo l'altro ragazzo che nel frattempo accarezzava la cassa della sua chitarra.

- E tu che ci fai qua?- domandò a Haley dopo aver riportato lo sguardo su di lei. Sapeva di essere viola in viso, e sapeva che quello era stato un errore, ma non le diede tempo di replicare che la invitò a entrare.

Haley sedette in silenzio in terra e osservò i tre ragazzi: Mark pizzicava le corde della chitarra elettrica, Jeff, seduto dietro alla batteria, teneva un ritmo serrato e Bill, come posseduto da qualche entità rock dipendente, si lasciò andare in acuti e urli, camminando nervoso su di un ipotetico palco che solo lui vedeva.

Quello non era il suo Bill. Quello era un pazzo scatenato di cui non conosceva l'esistenza, almeno fino ad allora.

- Da quanto vi conoscete?- le chiese Jeff aspirando il fumo dalla sigaretta, steso in terra, accanto al kit della sua batteria.

Haley, seduta con le ginocchia raccolte al petto, spostò lo sguardo dal ragazzo con il quale conversava a quello che conosceva come le sue tasche e che fumava in disparte dagli altri, perso in qualche suo pensiero privato. - Da più o meno cinque anni, o sei -

- È completamente fuori di testa e ha una voce pazzesca - disse lui osservando a sua volta Bill prima di tornare a guardarla. - La prima volta
che l'ho visto è stato in uno dei corridoi della
scuola, più che vederlo l'ho sentito... l'ho sentito urlare- ridacchiò e prese una nuova boccata di fumo - era chino in terra che raccoglieva una montagna di libri. Qualcuno lo aveva spinto. Poi mi è passato accanto, sfrecciando come un razzo e con il suo solito sguardo basso. E lì ho pensato " questo tizio è completamente fuori di testa"- lo indicò con l'indice e accennò un sorrisino - Pensa a una voce così su di una personalità del genere... rock and roll, baby!-

Haley sorrise e annuì, fissando Bill. Avrebbe dovuto lasciare Lafayette se avesse voluto liberarsi dal peso che lo teneva ancorato a terra. Fu chiamata nuovamente dal ragazzo steso al suo fianco.

- Quale è il tuo vero nome?-

Lo guardò perplessa.- Vero nome?- gli chiese

- Sì. Come ti chiami? Non credo che il tuo nome sia veramente Moby Dyck, come ormai tutti ti chiamano - si sollevò sui gomiti e la guardò curioso.

- Haley, mi chiamo Haley- sussurrò imbarazzata e sbirciò verso Bill che in quel momento la stava osservando. Che anche lui la chiamasse così davanti ai suoi nuovi amici? Impossibile, Bill non lo avrebbe mai fatto... mai.

- Beh, Haley. Io sono Jeffrey-

Don't Damn meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora