Hannah's P.O.V
Trafiggevamo il vento avvinghiati sulla moto, percorrendo quell'orizzonte che non avevo idea di cosa avrebbe potuto riservarmi questa volta. Noah amava tenermi sulle spine, ed io dal canto mio, stavo iniziando ad abituarmi alle sue improvvisate...sapeva sorprendermi e mi fidavo di lui. Era una di quelle persone che trasmettono tutta la bontà che celano nel cuore sol guardandole negli occhi, era diverso dal resto, da qualsiasi ragazzo della sua età.
Non conoscevo tutto di lui, ma giorno dopo giorno stavo imparando a scoprirlo dai suoi modi, dal sorriso spontaneo che gli si dipinge in viso quando riesce a farmi sorridere, da come guarda il mondo, da come riesce ad essere luce pura nonostante tutto ciò che anche lui tace dentro di sé.
La morte di un padre tanto amato e tutto il dolore che un lutto è capace di insidiarti nell'anima, nella carne e nelle ossa.
«Davvero non vuoi dirmi dove stiamo andando?» chiesi alzando il più possibile la voce per far sì che mi sentisse e potevo immaginare il suo sorriso furbesco mentre negava scuotendo la testa, allora sbuffai.
Gli tirai un pizzicotto sul braccio, divertita e rassegnata all'idea di non poter scoprire nulla e i miei occhi scivolarono sulla città. Vetrine luminose, imprenditori in giacca e cravatta con valigette e computer costosi, negozi, fabbriche, ristoranti, grattacieli, fluivano tutti svelti sotto i miei occhi attenti.
Oltre un centro commerciale scorsi la cima della ruota panoramica, coperta dagli edifici che da qui nascondevano tale meraviglia. Lo aggirammo. Da bambina mi perdevo a guardarla, poggiata alla soglia della mia finestra, sognante e malinconica. Ricordo di aver creduto così fermamente di poter essere più vicina alla mamma da lassù un tempo, da bambini, in fondo, si credono tante cose. La guardavo e speravo di salirci, di arrivare sul punto più alto e poterla intravedere fra le nuvole.
Così vicina e lontana allo stesso tempo, ma non avevo mai avuto la fortuna di salirci.
Il cuore in petto sembrava tremare sempre più, mano a mano che i palazzi ci rimanevano monotoni alle spalle e la ruota sembrava essere sempre più vicina, l'avremmo costeggiata, forse, ed io avrei potuto ammirarla almeno per questa volta. Era maestosa.
La guardavo sognante in quel preciso istante, con gli oggi di una bambina, le mani strette al petto di Noah, che pungevano tremendamente troppo dall'emozione di esserle così vicini e fu allora che parve rallentare.
«Eccoci qua» esordì accostando sui parcheggi riservati alle moto e rimasi allibita, completamente incapace di dir qualcosa. Scesi dalla sella tremando e quando si tolse il casco e trovò me lì impietrita, lo notai accigliarsi.
«Tutto okay?» chiese liberandomi dal casco mentre i miei sensi sembravano essere su un altro pianeta e lo guardai battendo più volte le ciglia, ero meravigliata.
«È da quando ero bambina che sogno di venire qui» ammisi con un fil di voce sollevando il viso per poterlo guardare, era a un soffio da me con il casco che gli pendeva dalla mano e gli occhi fissi nei miei.
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto» ammise quasi fiero di sé stesso e repressi un sorriso emozionato scrollando la testa.
«Non smetti mai di sorprendermi»
Dopo brevi istanti nei quali i nostri occhi sembravano essersi dimenticati come si guardasse il mondo attorno a noi, ci incamminammo verso la biglietteria. La mano di Noah si strinse attorno alla mia, il cuore mi palpitava impazzito nel petto, non potevo credere di star davvero per salire sul mio sogno.
Pagati i biglietti andammo a metterci in fila, c'era calma, pace, il rumore dell'oceano ci inondava completamente ed essendo un giorno qualunque in mezzo alla settimana, non c'erano troppi turisti, solo pochi ragazzini tranquilli.
STAI LEGGENDO
My Hero
RomanceHannah è costretta a vivere nella prigionia che per lei rappresentava la sua stessa casa, succube di un padre che tutto le augura fuorché la felicità. Un suo compagno di classe, dopo anni passati all'oscuro della sua esistenza finisce per notarla, u...